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Belluno: palpeggiò un cliente, condannato a 2 anni

Un agente di commercio accusato di aver allungato le mani sui genitali di un cinquantenne

Marco Filippi
2 minuti di lettura
L’entrata principale del palazzo di giustizia di Belluno dove ieri s’è svolto il processo 
BELLUNO. Due anni di reclusione per violenza sessuale e calunnia. Oltre ad un risarcimento da 12.000 euro alla parte civile. È la condanna inflitta in rito abbreviato dal giudice Aldo Giancotti ad un cinquantenne di fuori provincia, agente di commercio di una ditta di apparecchi per magnetoterapia, che, secondo l'accusa, palpeggiò i genitali di un cliente durante una rappresentazione del suo prodotto.
I fatti risalgono all'ottobre del 2008 quando il rappresentante di una nota ditta di apparecchi per magnetoterapia incontra, ad una fiera, il cinquantenne bellunese. Questi si dimostra interessato all'acquisto dell'apparecchio e fissa all'agente di commercio un appuntamento. Il giorno stabilito i due si incontrano a casa del bellunese. Il rappresentante gli mostra l'apparecchio, gli spiega le funzioni e fa anche alcune prove. È durante la dimostrazione che una mano "galeotta" del rappresentante, secondo l'accusa, sarebbe scivolata sui genitali del cliente.
Alcuni mesi dopo il fatto, il rappresentante riceve una lettera con richiesta di risarcimento di 12.000 euro da parte del legale del bellunese, con l'avviso che, in caso di rifiuto, sarebbe scattata la denuncia. Una prassi che serve per verificare se vi sia una possibilità di ottenere un risarcimento senza dover necessariamente avviare una causa. Il rappresentante (tutelato dall'avvocato Alberto Bova di Ferrara) si rifiuta di pagare il risarcimento perché, a suo dire, è innocente.
Il bellunese (assistito dall'avvocato Massimo Moretti) sporge denuncia per violenza sessuale, l'agente di commercio, poco dopo, risponde con una querela per calunnia. Una "sfida incrociata" a colpi di carte bollate.
Che inizia a risolversi positivamente per il cinquantenne bellunese. L'accusa di calunnia dell'agente di commercio viene, infatti, archiviata su richiesta del pm Simone Marcon mentre il procedimento per violenza sessuale va avanti. Ieri mattina il processo in rito abbreviato. All'accusa di violenza sessuale nei confronti dell'imputato s'è aggiunta anche quella di calunnia (per aver, secondo l'accusa, denunciato falsamente il bellunese di calunnia, alcuni mesi prima, pur sapendolo innocente).
L'imputato, sposato e con due figli, si è sempre dichiarato innocente. Ed il suo difensore, l'avvocato Bova, l'ha detto a chiare lettere nel corso della lunga arringa, sottolineando diversi aspetti. Primo: nessuno delle centinaia di clienti dell'imputato lo aveva mai denunciato prima per simili episodi. Secondo: dalle intercettazioni telefoniche o dall'analisi del suo computer non sono emersi elementi (ad esempio contatti con altri uomini o visite on-line su siti omosessuali) a favore della pubblica accusa.
Il pm e la parte civile hanno invece sostenuto diverse tesi, soprattutto quella della credibilità del racconto della parte offesa.
Al termine del processo, l'avvocato Bova ha preannunciato l'impugnazione della sentenza in Appello: «Le sentenze non si commentano ma si appellano. Questa esperienza, però, mi servirà da lezione e la prossima volta che si presenterà nel mio studio un cittadino onesto al quale è stato chiesto un risarcimento per non essere denunciato, pur sapendolo innocente, gli consiglierò di pagare».
Diversa la posizione del legale di parte civile, l'avvocato Moretti: «La sentenza è senza dubbio equilibrata e gli elementi emersi nel corso dell'indagine, che è stata completa e a 360 gradi, erano assolutamente adeguati ad una conclusione di questo tipo».
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