BELLUNO. Convivere “serenamente” con i terremoti è possibile. È quanto è emerso dalla giornata di studi promossa dal Lion’s Club “San Martino”, svoltasi ieri al Centro Giovanni XXIII dove nel pomeriggio i geologi Giorgio Giacchetti e Laura Peruzza hanno offerto al pubblico un quadro particolareggiato ma chiaro della criticità sismica del Bellunese.
Il riferimento storico è ai due notevoli terremoti avvenuti nel 1873 e nel 1936. La drammaticità di quest’ultimo, più vicino a noi e più documentato, «è riportata nei documenti del Genio civile dell’epoca fascista», ha spiegato Giacchetti, «un evento sismico», ha aggiunto Peruzza, «che ha causato 20 morti e che ha interessato il Cansiglio, l’Alpago e le zone pedemontane di Sacile e Pordenone». Ma il terremoto qui praticamente non smette mai, «soltanto che entro i 3 gradi della scala Richter non è facilmente percepibile dall’uomo». Giacchetti ha quindi «mappato» il Bellunese individuando quattro aree nelle quali si suddivide una sismicità che è comunque conclamata storicamente e scientificamente su tutto il territorio, attraversato in lungo e in largo da faglie visibili sul terreno e sulle rocce anche a un occhio attento se non esperto. Faglie che rappresentano i luoghi della frizione tra la placca tettonica adriatica e le Alpi. Il rischio sismico maggiore si concentra nelle zone dell’Alpago e in quella di Claut (sul confine con il Friuli), che coinvolge il Longaronese e il Cadore.
In Alpago, e in maniera minore in Cadore, le scosse registrate dai sismografi dell’Istituto di ricerca ocenografico di Trieste (Ogs) sono numerose, e a queste si sono aggiunte nella zona della conca alpagota quelle che accompagnavano i “boati” sul Fadalto e la Val Lapisina che sono un fenomeno diverso dal terremoto che afferisce alla faglia profonda (nel Bellunese la media si aggira tra gli 8 e 12 km di profondità), come ha spiegato Peruzza.
Fenomeni acustici da imputare piuttosto, secondo la geologa, all’acqua che scorre nelle cavità carsiche e fa vibrare il terreno (come accade anche sul Monte Baldo) e caduta abbondantemente sotto forma di pioggia nel periodo immediatamente precedente al verificarsi dei fenomeni. A riprova di ciò la relativa profondità alla quale vengono individuate le scosse, definite microsismi, abbinate ai boati, pari a un km. Le altre due zone a minor rischio, ma sotto osservazione, sono Feltre e Sedico e le alte Dolomiti. Ma per quanto approssimative, le proiezioni consentono, almeno statisticamente, di valutare il pericolo. Al mattino, davanti agli studenti, professionisti e maestranze edili e di altri settori tecnici i tecnici hanno indicato nella mappatura del già fabbricato e i relativi interventi di messa in sicurezza uno dei primi passi da compiere. Inoltre esistono strumenti efficaci, come ha spiegato in conclusione della giornata il responsabile dei Vigili del fuoco, Fabio Jerman, che riguardano l’intervento nel caso di un sisma e la prevenzione individuale e collettiva. (e.f.)Articoli rimanenti
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