La ricerca di una scolaresca sui tragici fatti del 1917
A settant’anni dallo scoppio della bomba che dilaniò due ragazzi, una quarta di Farra d’Alpago ricostruì gli avvenimenti anche attraverso delle interviste
di Ezio Franceschini
FARRA D’ALPAGO. In seguito all’articolo apparso sul Corriere delle Alpi domenica 22 febbraio, riguardante la morte di due ragazzi avvenuta il 10 novembre 1917 sulla soglia del Santuario della Madonna del Runal, a causa dello scoppio di una bomba, è affiorata un’ulteriore ricerca su tale fatto svolta nel dicembre del 1987 dalle classi quarte elementare di Farra d’Alpago con la loro insegnante Leandra Viel.
E proprio Leandra Viel, maestra in pensione, ha fornito al Corriere gli esiti di quella ricerca pubblicata in un opuscolo ben conservato e intitolato “Storia e leggenda del Runal e un tragico fatto di 70 anni fa”. Già, perché allora erano passati 70 anni da quando due ragazzi di 15 e 8 anni, Giuseppe Vich ed Emilio Zoppè, rimasero uccisi dallo scoppio di una bomba sulla porta del santuario del Runal, in seguito all’offensiva austriaca che, dopo Caporetto, interessò i boschi di Farra fino al passo Fadalto.
La ricerca degli studenti, molto accurata, raccoglie foto, disegni, articoli, documenti e testimonianze precise in forma di intervista riguardo a cosa sia realmente accaduto quel tragico giorno, verso la fine della prima guerra mondiale. Sembra che i ragazzi in giro per i boschi quel pomeriggio fossero tre o quattro e che uno di loro fosse Luigi Vich, fratello di Giuseppe.
Lucio e Valentino intervistano la signora Antonia Vich, secondo la quale i due ragazzi sono stati dilaniati dalla bomba che avevano trovato nei paraggi e con la quale stavano armeggiando, versione confermata anche da Agnese Peterle (su racconto della nonna), intervistata da Paolo e Francesco.
Una versione leggermente diversa e più articolata è quella dell’allora novantenne Elisa Comin, che ha riferito a Cristina: «… giunti alla chiesetta i tre volevano entrare, ma la porta era chiusa e quindi decisero di passare attraverso la finestra. Una volta dentro decisero di aprire la porta dall’interno, ma come questa si aprì saltarono in aria e morirono sul colpo entrambi, solo Luigi rimase ferito».
Elisa Comin continua il suo racconto: «Una signora di nome Anna Zoppè (detta Mula) che si trovava da quelle parti, sentito il colpo andò a vedere e trovò Luigi ferito e lo accompagnò all’infermeria militare. I due bambini morti furono portati a casa e la madre di Giuseppe dovette andare a cercare le tavole e i chiodi per fare la bara in quanto era periodo di guerra e non avevano l’aiuto di nessuno».
L'allora parroco don Diego, intervistato da Luca, afferma che la bomba nemica era stata lasciata là apposta dai soldati nemici, posata sopra l’architrave centrale della porta socchiusa, in modo che chi entrasse in chiesa se la facesse cadere sui piedi.
Soldati austriaci quindi… o italiani? Secondo il maestro Padovan, cui Roberto ha posto delle domande, «in quei giorni passavano nella zona anche le nostre truppe che erano state sconfitte a Caporetto. I soldati italiani andavano verso il Piave inseguiti dagli austriaci. Vicino al santuario vi fu un combattimento e furono lasciate delle bombe inesplose, tra cui quella che uccise Emilio e Giuseppe».
Trappola bellica? La ricerca infine si conclude con la testimonianza di Rosina Rapicavoli, anni 64, definita dagli studenti di Farra il testimone più attendibile in quanto “aveva conoscenza precisa di questo fatto”. La signora Rosina racconta di quattro raqazzi (i fratelli Giuseppe e Luigi Vich e Rosina ed Emilio Zoppè) che si incamminano verso la Madonna del Runal alla ricerca di qualche calda mantellina militare dimenticata o persa dagli austriaci in quei luoghi di conflitto.
Nonostante l'avvertimento dei genitori a non inoltrarsi nel bosco i ragazzi si spingono fino alla chiesa e, guardando dalla finestra, vedono ovunque all’interno i resti sparsi di un accampamento. Credendo che la porta sia chiusa entrano dalla finestra, si danno d’attorno, poi scoprono che la porta d’ingresso è solo socchiusa. A quel punto la aprono e la bomba, posta in cima all’uscio, cade a terra e scoppia, uccidendo sul colpo Luigi e Giuseppe e risparmiando fortunatamente gli altri due ragazzi. Conoscere, ricostruire, comprendere e ricordare, sono queste le motivazioni alla base di questa ricerca scolastica che oggi, a trent'anni dalla sua realizzazione e a un secolo dall’accaduto, rappresenta ancora un contributo storico importante per le generazioni a venire e un monito per il futuro.
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