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Turismo, il Centro Cadore punta sui rifugi

In assenza di un proprio comprensorio sciistico, la scelta alternativa è strategica e sta già pagando

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PIEVE DI CADORE. Le festività hanno rinvigorito il turismo cadorino facendo registrare presenze in rialzo rispetto all’anno passato anche se i dati sono ancora frammentari. Le soddisfazioni principali arrivano dai rifugi che, tra Natale e Capodanno, hanno fatto registrare il tutto esaurito. L’assenza di neve, particolare ancora più evidente quando la quota di altitudine non supera i mille metri come nella maggior parte dei comuni di centro Cadore, ha influito solo parzialmente; anzi, probabilmente ha favorito il soggiorno proprio in quei posti dove le attività alternative allo sci hanno incontrato condizioni meteo particolarmente favorevoli.

«Pur non avendo ancora a disposizione i numeri ufficiali delle presenze sul territorio di Pieve, il bilancio va considerato in positivo», spiega l’assessore al Turismo Diego Tabacchi, «la testimonianza viene da quanto visto e constatato personalmente, con tantissima gente incontrata nei giorni scorsi sui nostri sentieri, dove la mancanza di neve ha favorito gli spostamenti di gruppo, o anche nei rifugi, sempre pieni, come ad esempio l’Antelao ad esempio. E l’eremo dei Romiti, in territorio di Domegge, a Capodanno aveva quasi cinquanta persone a dormire». L’analisi del periodo di Tabacchi spazia abbracciando temi turistici particolarmente interessanti: «Pieve vanta una posizione strategica, perché meta di sciatori che hanno la possibilità di raggiungere Cortina e San Vito o Auronzo ed il Comelico impiegando lo stesso tempo ma a costi di soggiorno più vantaggiosi. Va detto però che il turismo di Pieve, e del centro Cadore più in generale, in assenza di un proprio comprensorio sciistico, punta su un altro tipo di offerta invernale, più sostenibile ed a maggior contatto con la natura tra ciaspe ed escursioni, attività che peraltro non richiedono alcun impegno di natura economica». La meta più ambita dei turisti che soggiornano in centro Cadore rimane storicamente il rifugio: «Nei nostri rifugi, a differenza di altre località dell’arco alpino italiano, si mangia benissimo, oltre ad avere a disposizione tutti i comfort necessari per stare bene», aggiunge Tabacchi, «in altre località il rifugio offre invece il minimo indispensabile all’avventore, probabilmente in linea con la tipologia di ricettività; ma i numeri premiano la nostra offerta, sempre in grado di soddisfare tutti al punto da essere richiestissimi». Rifugi che rappresentano la grande sfida del turismo invernale cadorino per il futuro: «Sei, sette anni fa erano aperti solo d’estate, poi qualcosa è cambiato con il primo lancio del marchio Cadore regno delle ciaspe che oggi spopola grazie all’ottimo lavoro di Luca De Carlo. L’Unione Montana ha sposato la causa dell’apertura dei rifugi d’inverno e ricordo che il primo anno furono in nove a raccogliere la sfida, il secondo addirittura trenta. Ad oggi sono pochi quelli che d’inverno rimangono chiusi; ma, da questo punto di vista, servirebbe l’aiuto delle istituzioni, Regione in primis, per incentivare la soluzione permanente. Un rifugio per essere aperto tutto l’anno deve avere una coibentazione speciale ma soprattutto una vasca per la raccolta dell’acqua costantemente fruibile. Investimenti importanti che i gestori, già particolarmente esposti, da soli non possono sostenere».

Gianluca De Rosa

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