Persi mille abitanti nel giro di un anno, il trend negativo non si arresta
Calo della natalità, infrastrutture carenti, taglio dei servizi sempre più persone scelgono di abbandonare il Bellunese
di Alessia Forzin
BELLUNO. La freccia tende verso il basso da anni. La montagna ha perso altri mille abitanti nel 2015. Gli ultimi dati pubblicati dall'Istat raccontano di una terra che continua a spopolarsi. In provincia di Belluno vivevano 209.720 persone nel 2012. Tre anni dopo, il 1° gennaio 2015, il dato era sceso a 207.894. E a novembre a 206.830. I comuni sopra i mille metri hanno perso quasi il 2 per cento di residenti, il fondovalle sfiora l'1%.
Dati che dipendono da numerosi fattori: il calo della natalità, la fuga dei giovani attratte da contesti in cui realizzarsi professionalmente, la difficoltà di vivere in una terra in cui spostarsi richiede tempi decisamente più lunghi (e difficoltosi) rispetto alla pianura.
«Il dato è preoccupante, perché la nostra provincia perdeva in media 860 persone l'anno. Ora siamo arrivati a superare le mille», commenta il sociologo Diego Cason. «Se poi consideriamo il numero degli stranieri presenti nel nostro territorio, possiamo tranquillamente dire che la popolazione è scesa sotto le 200 mila unità».
Ma come si può invertire un trend che appare inarrestabile? Secondo Cason praticando politiche differenziali, le uniche in grado di frenare il taglio dei servizi, e dando al Bellunese una rappresentanza «in grado di esprimere gli interessi del territorio». Sarebbero anche da favorire gli insediamenti produttivi e abitativi in montagna: «La provincia di Bolzano a settembre dell'anno scorso ha approvato una legge per favorire l'insediamento di giovani coppie in Val d'Ultimo. La Provincia garantisce a queste famiglie 90 mila euro a fondo perduto se vanno a vivere lì». Dalla residenza si cerca lavoro ed ecco che la montagna torna a popolarsi.
Migliorare le infrastrutture. Il lavoro è una delle cause che porta le persone a spostarsi verso la pianura. Ma anche le imprese faticano a rimanere in un territorio in cui i collegamenti sono difficili e costosi: «Lo spopolamento della montagna rappresenta un problema nel problema, e come tale va affrontato con politiche pubbliche adeguate e orientate ad accrescere la competitività e l’attrattività del territorio», spiega il presidente di Confindustria Luca Barbini. «Penso, prima di tutto, all’assoluta necessità di un potenziamento infrastrutturale che migliori i collegamenti attraverso strade, ferrovia e banda larga. Servono poi progetti di ampio respiro e risorse per attuarli. Sarebbe un errore imperdonabile disperdere i 150 milioni di euro dei fondi delle aree di confine per interventi non strategici».
Il turismo motore del rilancio. «La montagna si spopola perché manca attrattività. E la formula per renderla attrattiva è investire sul turismo», dice il presidente di Confcommercio Paolo Doglioni. «Perché nelle vicine province autonome crescono, anche come popolazione (i dati dicono +2,3% Trento, +2,7% Bolzano, ndr)? Perché il turismo viene aiutato di più. A caduta poi crescono il mondo del commercio, dell'artigianato, l'edilizia». Per quanto riguarda i piccoli negozi, mondo che Doglioni rappresenta, la soluzione è una tassazione particolare, agevolata, che tenga conto delle difficoltà di fare impresa in montagna, «come diceva Carlo Terribile».
La montagna si unisca. «Anche le nostre continue divisioni sono un problema», aggiunge il presidente di Confartigianato Giacomo Deon. «Già abbiamo infrastrutture carenti, siamo privi di banda larga in mezza provincia, in più ci dividiamo. Lo diciamo da anni quali sono i problemi, non li risolviamo perché non riusciamo a fare massa critica». Pensiero condiviso da Doglioni. Mentre Barbini ritiene «pericoloso e riduttivo» illudersi che il trasferimento di competenze da Venezia sia la panacea di tutti i mali, senza risorse aggiuntive con cui gestirle.
I commenti dei lettori