Nel Bellunese non arrivano più le cicogne
Nel 2015 sono nati solo 1.403 bambini, quasi il doppio i residenti morti. In provincia persi oltre 7 mila abitanti in otto anni
di Alessia Forzin
BELLUNO. Le cicogne volano lontano dal Bellunese. Sono sempre meno i bambini che nascono nella provincia più a nord del Veneto. Sono stati 1.403 nel 2015, quattordici in meno rispetto all’anno precedente. Al contempo, i decessi sono in crescita. L’anno scorso sono morte 2.626 persone nel Bellunese. Il saldo è negativo in maniera preoccupante: -1.223. E si riflette sul numero complessivo degli abitanti della provincia, che per la prima volta scende sotto le 207 mila unità.
Una crisi strutturale, quella della montagna bellunese, che si spopola a un ritmo costante. Vent’anni fa in provincia vivevano 212.047 persone. Nel 2008, invece, il record dell’ultimo ventennio, con 214.026 abitanti. Da allora è iniziato il calo, che non si è più fermato. Al 31 dicembre 2015 (dati Istat) il numero dei residenti in provincia di Bellino è sceso a 206.856. Mai così in basso.
Lo spopolamento, come abbiamo visto con i servizi dedicati al tema nelle ultime settimane, ha radici profonde e cause molteplici. La crisi della natalità è una di queste. Crisi che investe non solo il Bellunese, ma tutta Italia. Lo si può leggere nella pubblicazione periodica “Statistiche flash”, curata dalla sezione Sistema statistico della Regione del Veneto. Pur con il contributo positivo (seppur ridotto), della componente migratoria, pesa in negativo il fatto che i decessi superino in modo consistente le nascite, determinando un calo della popolazione di circa 130 mila nel bel Paese.
In Veneto la crisi della natalità è ancora più accentuata. Nel 2015 sono venuti al mondo 38.961 bambini, quasi il 20 per cento in meno rispetto al 2008. Il calo delle nascite interessa in misura maggiore le province di Belluno e Treviso. Nella provincia dolomitica si è arrivati lo scorso anno a poco più di 1400 bimbi nati. Pochi, se si pensa che nel 2008, l’anno che ha preceduto la crisi, erano 1.811. Lo stesso anno erano morte 2.558 persone, con un saldo negativo di 747 persone, mentre nel 2015 siamo a 1.223.
Nel 2014 i dati sono simili. 1.417 nati, 2.486 morti, con un saldo negativo di 1.069 unità. In quell’anno, l’ultimo per il quale è disponibile il report dell’ufficio statistica della Regione, non è nato nemmeno un bambino a Cibiana, Soverzene e Zoppè. E ne sono nati solo 3 a Borca, due a Colle Santa Lucia, Gosaldo, Selva e Vallada agordina, quattro a Ospitale, Perarolo, San Tomaso e Voltago, cinque a Rivamonte e Rocca Pietore.
Il saldo negativo, in provincia, si è attestato attorno alle 700 unità fino al 2011, poi è peggiorato. Il 2000, infine, è stato l’anno con più fiocchi rosa e azzurri: sono stati 1.871.
La diminuzione del numero di nati dipende da diversi fattori, uno dei quali è strutturale. Se da un lato si è conclusa la vita riproduttiva delle donne nate nella fase del baby-boom di metà degli anni ’60, la generazione successiva di donne è meno numerosa rispetto alla precedente. E considerando i dati attuali, fra trent’anni si rischia di avere ancora meno potenziali mamme.
Un altro fattore che penalizza il desiderio di maternità è il mercato del lavoro, secondo la Regione. Il tasso di occupazione delle donne con figli è sistematicamente più basso di quello delle donne senza figli.
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