Provincia, una guerra di poteri dietro lo scontro per il presidente
Il mondo politico bellunese non crede alla questione territoriale. Camillo De Pellegrin: «Sono scuse» Saviane (Lega Nord): «È il Bim contro il centrosinistra». Il nodo del Pd, Visalli chiede un’assemblea
di Alessia Forzin
2 minuti di lettura

BELLUNO. «Le dichiarazioni di Massaro hanno infastidito qualcuno? Per me sono solo scuse, basta guardare all’elenco dei sottoscrittori delle due liste». Continua a tenere banco il dibattito sulla spaccatura dei sindaci, chiamati ad eleggere il nuovo presidente della Provincia il 10 settembre. La candidatura di Roberto Padrin, che sembrava essere quella istituzionale, è stata affiancata all’ultimo momento da quella di Mario Manfreda, proposto da Cadore e Agordino (più parte del Feltrino). Questi sindaci hanno detto che la loro proposta è uscita a seguito delle dichiarazioni rilasciate da Massaro, che non intende replicare a Renzo Bortolot.
Nel dibattito entra a pie’ pari Camillo De Pellegrin, che non usa mezzi termini: «La storia della divisione tra parte alta e parte bassa non è credibile, basta guardare chi ha firmato le liste dei candidati presidenti e si vedranno nomi di sindaci di montagna a sostegno del candidato di “pianura”, e viceversa», spiega. «La storia che è colpa delle dichiarazioni di Massaro se è nata la lista del sindaco di montagna è quasi ridicola». Quello che chiede De Pellegrin è che emerga un dato: il programma dei due candidati. «Gradirei conoscere che linea hanno Padrin e Manfreda sui grandi temi, per esempio sulla gestione dell’energia e dell’acqua in provincia». Perché è la Provincia che rilascia le concessioni per le microcentraline, e non si può trascurare.
Non crede alla questione territoriale neanche il segretario provinciale della Lega Nord Paolo Saviane: «Qui abbiamo da una parte la galassia Bim (e del resto Giovanni Piccoli ha detto di sostenere la candidatura di Mario Manfreda) e dall’altra il centrosinistra». Che cerca da sempre di “portare via” qualche società al centrodestra. Ma oggi il quadro si è complicato. Perché Mario Manfreda, che del Consorzio Bim di Piccoli è stato vicepresidente (e presidente quando Piccoli è stato eletto senatore), è stato un tesserato del Pd, e quest’anno ha rinnovato la tessera. A raccogliere le firme per lui sono stati amministratori di centrodestra.
Elemento che lascia «perplesso» Saviane. «A noi non interessano queste cose, rimaniamo fuori da queste logiche di spartizione di posti», continua il segretario provinciale del Carroccio. Che poche settimane fa aveva lanciato una provocazione (non presentare alcuna candidatura e commissariare l’ente), ma: «Avremmo appoggiato una proposta istituzionale e condivisa da tutto il territorio, a patto che avesse queste caratteristiche e che si vada al rinnovo anche del consiglio. Perché abbiamo la forza per mettere un nostro rappresentante», prosegue Saviane. Alla fine la provincia si è divisa, frantumata, ogni patto è saltato e la Lega è rimasta estranea alla partita per la presidenza. Che Saviane vede in modo chiaro: «È il Bim contro il centrosinistra».
Chi fa ricadere le colpe della situazione su Massaro, ma anche su Perenzin, è invece Dario Bond. Il commissario provinciale di Forza Italia avrebbe visto bene la candidatura di Serenella Bogana: «Quando prevale l’arroganza e quando si vogliono mettere per forza le proprie pedine in un determinato ruolo, succede questo», spiega Bond. «Bisognava fare un ragionamento territoriale, guardare a quanto è stato fatto, con spirito di sacrificio, da chi si era proposto (si riferisce alla Bogana, ndr). Bisognava anche affrontare i grandi temi, dal referendum per l’autonomia alla partita dei Mondiali di sci, e individuare su questa base la persona più adatta. Non è stato fatto. È stato applicato il vecchio meccanismo delle cene e degli incontri segreti».
Ma c’è un’altra domanda che qualcuno si sta facendo in queste ore. Cosa farà il Pd, di fronte a un candidato di centrosinistra (Padrin era uno dei sindaci del sì al referendum del 4 dicembre, per fare un esempio) e uno tesserato con il partito, anche se uomo vicino al Bim? «Ho chiesto venga convocata un’assemblea provinciale proprio per parlarne», dice Irma Visalli. Che è in assemblea nazionale Pd e nella segreteria regionale e assicura tutto il suo impegno per giungere ad una revisione «ormai non più rimandabile della legge Delrio. Questi tre anni hanno dimostrato che il governo dei sindaci non funziona».
Mentre quello che è successo nell’ultima settimana le fa dire: «Il partito ha sbagliato a delegare ai sindaci il coordinamento della situazione, l’individuare un nome condiviso. E dobbiamo avere il coraggio di ammettere che si è commesso un errore».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Nel dibattito entra a pie’ pari Camillo De Pellegrin, che non usa mezzi termini: «La storia della divisione tra parte alta e parte bassa non è credibile, basta guardare chi ha firmato le liste dei candidati presidenti e si vedranno nomi di sindaci di montagna a sostegno del candidato di “pianura”, e viceversa», spiega. «La storia che è colpa delle dichiarazioni di Massaro se è nata la lista del sindaco di montagna è quasi ridicola». Quello che chiede De Pellegrin è che emerga un dato: il programma dei due candidati. «Gradirei conoscere che linea hanno Padrin e Manfreda sui grandi temi, per esempio sulla gestione dell’energia e dell’acqua in provincia». Perché è la Provincia che rilascia le concessioni per le microcentraline, e non si può trascurare.
Non crede alla questione territoriale neanche il segretario provinciale della Lega Nord Paolo Saviane: «Qui abbiamo da una parte la galassia Bim (e del resto Giovanni Piccoli ha detto di sostenere la candidatura di Mario Manfreda) e dall’altra il centrosinistra». Che cerca da sempre di “portare via” qualche società al centrodestra. Ma oggi il quadro si è complicato. Perché Mario Manfreda, che del Consorzio Bim di Piccoli è stato vicepresidente (e presidente quando Piccoli è stato eletto senatore), è stato un tesserato del Pd, e quest’anno ha rinnovato la tessera. A raccogliere le firme per lui sono stati amministratori di centrodestra.
Elemento che lascia «perplesso» Saviane. «A noi non interessano queste cose, rimaniamo fuori da queste logiche di spartizione di posti», continua il segretario provinciale del Carroccio. Che poche settimane fa aveva lanciato una provocazione (non presentare alcuna candidatura e commissariare l’ente), ma: «Avremmo appoggiato una proposta istituzionale e condivisa da tutto il territorio, a patto che avesse queste caratteristiche e che si vada al rinnovo anche del consiglio. Perché abbiamo la forza per mettere un nostro rappresentante», prosegue Saviane. Alla fine la provincia si è divisa, frantumata, ogni patto è saltato e la Lega è rimasta estranea alla partita per la presidenza. Che Saviane vede in modo chiaro: «È il Bim contro il centrosinistra».
Chi fa ricadere le colpe della situazione su Massaro, ma anche su Perenzin, è invece Dario Bond. Il commissario provinciale di Forza Italia avrebbe visto bene la candidatura di Serenella Bogana: «Quando prevale l’arroganza e quando si vogliono mettere per forza le proprie pedine in un determinato ruolo, succede questo», spiega Bond. «Bisognava fare un ragionamento territoriale, guardare a quanto è stato fatto, con spirito di sacrificio, da chi si era proposto (si riferisce alla Bogana, ndr). Bisognava anche affrontare i grandi temi, dal referendum per l’autonomia alla partita dei Mondiali di sci, e individuare su questa base la persona più adatta. Non è stato fatto. È stato applicato il vecchio meccanismo delle cene e degli incontri segreti».
Ma c’è un’altra domanda che qualcuno si sta facendo in queste ore. Cosa farà il Pd, di fronte a un candidato di centrosinistra (Padrin era uno dei sindaci del sì al referendum del 4 dicembre, per fare un esempio) e uno tesserato con il partito, anche se uomo vicino al Bim? «Ho chiesto venga convocata un’assemblea provinciale proprio per parlarne», dice Irma Visalli. Che è in assemblea nazionale Pd e nella segreteria regionale e assicura tutto il suo impegno per giungere ad una revisione «ormai non più rimandabile della legge Delrio. Questi tre anni hanno dimostrato che il governo dei sindaci non funziona».
Mentre quello che è successo nell’ultima settimana le fa dire: «Il partito ha sbagliato a delegare ai sindaci il coordinamento della situazione, l’individuare un nome condiviso. E dobbiamo avere il coraggio di ammettere che si è commesso un errore».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I commenti dei lettori