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I nuovi fondi di confine spaccano i comuni

De Pellegrin (Val di Zoldo) pronto a riunire i sindaci delle aree interne. Padrin: «Servono interventi strutturali per non creare nuove disparità»

di Irene Aliprandi
2 minuti di lettura
BELLUNO. Serie A, serie B, serie C... In quante categorie militano i comuni bellunesi?. In serie A quelli che confinano con Trento e Bolzano, in B quelli vicini al Friuli e in C tutti gli altri, senza considerare che chi sta a valle è più fortunato (C1) di chi si trova in montagna (C2). È una provincia di Belluno patchwork quella che uscirà dal caso Sappada. Alla faccia del referendum per l’autonomia provinciale. L’ipotesi di ripristinare il vecchio Fondo Letta, con contributi straordinari ai comuni confinanti con il Friuli, infatti, ha già sollevato l’irritazione dei sindaci delle aree interne, oltre ai dubbi di chi vorrebbe una provincia unita e strutturalmente in grado di camminare con le proprie gambe.

«Ci vuole un intervento strutturale», dice il presidente della Provincia, Roberto Padrin, «il senso del referendum di fine ottobre è anche quello: chiediamo finanziamenti strutturali su determinate funzioni, solo così possiamo ricalibrare l’equilibrio del nostro territorio. Altrimenti, con i fondi di confine, avremo per sempre comuni svantaggiati». Padrin precisa che: «Ben vengano strumenti e misure per i comuni di confine, ma senza creare ulteriori disparità». Padrin ha già lanciato il suo appello contro l’addio di Sappada: «L’altra sera mi ha avvicinato una ragazza sappadina, chiedendomi di fermare l’iter. Si può ancora parlare di volontà popolare dopo nove anni? La raccolta di firme forse andrebbe considerata. Io più di così non posso fare, la partita ora si gioca su tavoli diversi, ma continuo a dire che si sta creando un precedente pericolosissimo. Da parte mia c’è preoccupazione e anche dispiacere».

«Voglio mettere insieme tutti i sindaci dei comuni non confinanti», sbotta Camillo De Pellegrin, primo cittadino di Val di Zoldo, «perché il tema dei fondi di confine non è più sopportabile. È indegno che si continui a voler risolvere i problemi bellunesi così. Da un lato si conferma che ci sono differenze notevoli, dall’altro si creano ulteriori disparità. O questa provincia viene gestita mettendo tutti sullo stesso piano, oppure non ha speranze». Val di Zoldo è comune di seconda fascia per i Fondi ex Odi: «Siamo sempre secondi, ci sediamo al tavolo in disparte e se non fosse per le risorse straordinarie ricevute in seguito alla fusione, io starei qui a mangiarmi le unghie», puntualizza De Pellegrin. «Non si capisce per quale logica Livinallongo sia più penalizzato di Zoldo. Qual è lo svantaggio di essere confinanti con l’Alto Adige? A me sembra che Livinallongo ne tragga dei benefici, specie con il turismo invernale. Ma lo stesso si può dire per Longarone con il Friuli. Perché la nostra classe dirigente, in Regione e in Parlamento, non riesce a fare squadra? Diamoci un contegno e cerchiamo di gettare le basi strutturali per far sì che questa provincia resti unita e in grado di progettare il proprio futuro, che vada oltre i fondi per fare un marciapiede in più o una sala polifunzionale».

Un pensiero molto simile arriva da Alessandra Buzzo, sindaco di Santo Stefano di Cadore, con un post su Facebook: «Fondi di confine e misure di compensazione? Diciamolo chiaramente, se esistono, se si propongono è perché esiste una palese diseguaglianza ed un’incapacità o meglio non volontà di risolvere una volta per tutte la questione bellunese, la questione montagna. Il proporli e la loro esistenza è una palese ammissione di sconfitta, di incapacità politica».

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