Roma rinvia ancora Sappada. «Ma l’iter è completo»
Per la Commissione il parere è acquisito, si torna alla Camera il 22. Il Consiglio regionale può esprimersi di nuovo ma non sarà vincolante
di Nicola Corda
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ROMA. Il cerino ritorna al Consiglio regionale del Veneto. Per Sappada e il suo trasferimento alla regione Friuli Venezia Giulia, il rinvio dell’esame della legge è di otto giorni, giusto il tempo necessario di un’eventuale nuova decisione dell’assemblea veneta.
Sempre se ci sarà. Si voterà mercoledì 22 novembre, qualsiasi cosa accada. Ieri, la proposta doveva essere esaminata dall’aula di Montecitorio dopo il rinvio deciso mercoledì scorso, in seguito all’inaspettato “rilievo” sollecitato dal presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti. Mercoledì scorso Ciambetti ha fermato la macchina legislativa, facendo temere uno slittamento sine die.
Ma non sarà così, perché secondo gli uffici legislativi della Camera e la pronuncia della Commissione Affari Costituzionali guidata da Andrea Mazziotti di Celso, il procedimento rispetta formalmente l’articolo 132 della Costituzione che disciplina la materia.
«La Commissione ha verificato e confermato che il percorso è stato corretto e completo», ha dichiarato Mazziotti in aula al termine della Commissione.
Dopo la lettera di Ciambetti alla presidenza di Montecitorio, nella quale si faceva notare la mancanza di un “parere ufficiale” del Consiglio regionale (in luogo di una semplice mozione), sarà la stessa Laura Boldrini a replicargli, invitando l’assemblea veneta “ove lo ritenesse opportuno e senza che ciò ovviamente incida minimamente sulla regolarità e completezza del procedimento seguito, esprimersi una seconda volta sulla proposta di legge”.
In sostanza, se su Sappada il Veneto ha cambiato idea e vuole deliberare nuovamente, può farlo ma entro il 21 perché comunque “sarà assicurata la possibilità per la Camera di riprendere e concludere l’esame del provvedimento prima dell’avvio della sessione di bilancio, senza vanificare il lavoro svolto, e l’impiego di risorse ed energie dei due rami del Parlamento”.
Nessuno lo dichiara apertamente ma la lettera di Roberto Ciambetti, arrivata a Montecitorio una settimana fa, appare “sospetta”, con il procedimento ormai all’ultimo miglio, i pareri acquisiti e il via libera del Senato. «Che qualcuno si accorga solo ora», dopo quattro anni dal primo approdo a Palazzo Madama, che la Camera sta esaminando la proposta fa sorridere anche il presidente della commissione Di Celso che, forte del parere degli uffici, ha confermato che il procedimento è formalmente corretto. Anche chi aveva chiesto un passaggio aggravato con una legge costituzionale, ha dovuto fare marcia indietro e prendere atto di tre sentenze della Consulta (l’ultima la numero 246 del 2010) che ha definitivamente giudicato sufficiente il passaggio ordinario. Nulla, se non un voto contrario dell’aula, può ora modificare gli esiti positivi del distacco di Sappada. Neppure un nuovo voto contrario del Consiglio regionale del Veneto, necessario ma non vincolante.
«La Camera può votare comunque a favore», ha spiegato il capogruppo del Pd, il friulano Ettore Rosato che indica come ormai chiaro l’orientamento delle forze politiche. Se gli equilibri della Commissione fossero confermati in aula, il trasloco in Friuli Venezia Giulia del Comune di Sappada non avrebbe ostacoli, visto che oltre al Pd (con l’eccezione di alcuni deputati veneti) anche il Movimento 5 Stelle dovrebbe votarlo. Rosato poi allontana il pericolo che tutto ciò possa aprire la diga del trasloco di tanti altri comuni del bellunese e non solo, che hanno già svolto il referendum per il trasloco nelle regioni confinanti del Trentino e del Friuli. «È sbagliato pensare che ci occupiamo di Sappada solo perché è più ricco di altri e non solo dal punto di vista turistico – assicura il capogruppo del Pd – semplicemente il procedimento secondo la Costituzione (referendum, pareri delle regioni e voto del Senato) è arrivato ormai alla sua conclusione».
Sempre se ci sarà. Si voterà mercoledì 22 novembre, qualsiasi cosa accada. Ieri, la proposta doveva essere esaminata dall’aula di Montecitorio dopo il rinvio deciso mercoledì scorso, in seguito all’inaspettato “rilievo” sollecitato dal presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti. Mercoledì scorso Ciambetti ha fermato la macchina legislativa, facendo temere uno slittamento sine die.
Ma non sarà così, perché secondo gli uffici legislativi della Camera e la pronuncia della Commissione Affari Costituzionali guidata da Andrea Mazziotti di Celso, il procedimento rispetta formalmente l’articolo 132 della Costituzione che disciplina la materia.
«La Commissione ha verificato e confermato che il percorso è stato corretto e completo», ha dichiarato Mazziotti in aula al termine della Commissione.
Dopo la lettera di Ciambetti alla presidenza di Montecitorio, nella quale si faceva notare la mancanza di un “parere ufficiale” del Consiglio regionale (in luogo di una semplice mozione), sarà la stessa Laura Boldrini a replicargli, invitando l’assemblea veneta “ove lo ritenesse opportuno e senza che ciò ovviamente incida minimamente sulla regolarità e completezza del procedimento seguito, esprimersi una seconda volta sulla proposta di legge”.
In sostanza, se su Sappada il Veneto ha cambiato idea e vuole deliberare nuovamente, può farlo ma entro il 21 perché comunque “sarà assicurata la possibilità per la Camera di riprendere e concludere l’esame del provvedimento prima dell’avvio della sessione di bilancio, senza vanificare il lavoro svolto, e l’impiego di risorse ed energie dei due rami del Parlamento”.
Nessuno lo dichiara apertamente ma la lettera di Roberto Ciambetti, arrivata a Montecitorio una settimana fa, appare “sospetta”, con il procedimento ormai all’ultimo miglio, i pareri acquisiti e il via libera del Senato. «Che qualcuno si accorga solo ora», dopo quattro anni dal primo approdo a Palazzo Madama, che la Camera sta esaminando la proposta fa sorridere anche il presidente della commissione Di Celso che, forte del parere degli uffici, ha confermato che il procedimento è formalmente corretto. Anche chi aveva chiesto un passaggio aggravato con una legge costituzionale, ha dovuto fare marcia indietro e prendere atto di tre sentenze della Consulta (l’ultima la numero 246 del 2010) che ha definitivamente giudicato sufficiente il passaggio ordinario. Nulla, se non un voto contrario dell’aula, può ora modificare gli esiti positivi del distacco di Sappada. Neppure un nuovo voto contrario del Consiglio regionale del Veneto, necessario ma non vincolante.
«La Camera può votare comunque a favore», ha spiegato il capogruppo del Pd, il friulano Ettore Rosato che indica come ormai chiaro l’orientamento delle forze politiche. Se gli equilibri della Commissione fossero confermati in aula, il trasloco in Friuli Venezia Giulia del Comune di Sappada non avrebbe ostacoli, visto che oltre al Pd (con l’eccezione di alcuni deputati veneti) anche il Movimento 5 Stelle dovrebbe votarlo. Rosato poi allontana il pericolo che tutto ciò possa aprire la diga del trasloco di tanti altri comuni del bellunese e non solo, che hanno già svolto il referendum per il trasloco nelle regioni confinanti del Trentino e del Friuli. «È sbagliato pensare che ci occupiamo di Sappada solo perché è più ricco di altri e non solo dal punto di vista turistico – assicura il capogruppo del Pd – semplicemente il procedimento secondo la Costituzione (referendum, pareri delle regioni e voto del Senato) è arrivato ormai alla sua conclusione».
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