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Padrin spera in un ricorso: «Faremo tutto il possibile»

Il presidente della Provincia di Belluno invita la Regione ad attivarsi e si aspetta che la promessa di un nuovo Fondo Letta sia mantenuta

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SAPPADA. «Non vorrei che dopo nove anni di attesa per il voto del Parlamento, Sappada ne aspettasse altrettanti per passare effettivamente in Friuli Venezia Giulia. Come è accaduto a un comune piemontese, quello di Noasca, che aspetta di approdare in Valle d’Aosta». Così Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno.

Ma perché Sappada dovrebbe aspettare tanto?

«La procedura non è affatto semplice, soprattutto perché il cambio di confine è con una Regione a statuto speciale».

Anche perché intendete opporvi, magari ricorrendo alla Corte Costituzionale?

«Faremo ancora tutte le iniziative possibili per trattenere Sappada, un Comune troppo importante, e non solo turisticamente, per la comunità provinciale. Metteremo in atto tutti i ricorsi possibili. Già pochi minuti dopo la notizia che la Camera aveva votato il distacco dal Veneto, mi sono rivolto ad un costituzionalista, il quale, però, mi ha risposto che la prima opposizione la deve fare la Regione Veneto. E che la Provincia può partecipare “ad adiuvandum”. Mi auguro, pertanto, che il presidente Roberto Ciambetti, dopo la meritoria opposizione intrapresa, continui a portarla avanti con i ricorsi che sono necessari».

Ce l’avete proprio su con Sappada.

«Non è affatto vero. Con Sappada siamo andati sempre d’accordo. Li abbiamo ascoltati, abbiamo dialogato con i loro amministratori, ci siamo impegnati in quelle opere per cui siamo stati interpellati, avevamo assicurato anche il nostro appoggio per ulteriori investimenti, a partire da quelli per gli impianti da sci».

Lei lo sa che in Comelico c’è chi sostiene che Sappada dovrebbe restituire al Veneto quanto ha ricevuto?

«Comprendo questo atteggiamento, che è di rabbia. Non penso, però, che si possa arrivare a tanto».

I referendari sappadini hanno anche votato, ai recenti referendum per l’autonomia della Provincia e la Regione, per il “sì”?

«Sarebbero stati in contraddizione con loro stessi se avessero votato “no”. Comunque ho apprezzato la loro disponibilità».

Ieri il Parlamento è stato improvvido?

«Improvvido? Molto, molto di più. Ha dato luogo ad un precedente che d’ora in avanti rischierà di disgregare non solo la provincia di Belluno, ma anche il Veneto, e forse pure altre parti d’Italia. Il Parlamento, almeno nella parte di chi con estrema leggerezza e pure con provocazione ha votato “sì”, ha agito da irresponsabile».

Il bicchiere è solo mezzo vuoto?

«Io sono un ottimista e lo vedo anche mezzo pieno. Finalmente si è cominciato a parlare, in un’aula parlamentare, dei problemi delle terre alte, dell’isolamento, dello spopolamento, della mancanza di lavoro, insomma della fuga della nostra gente dai propri paesi. Adesso la problematica è finalmente arrivata sul palcoscenico del Parlamento e del Governo e non potrà più essere ignorata. Ma ci vogliono azioni molto forti, politiche radicali di sviluppo».

Tra le misure forti è da considerare anche il Fondo per i Comuni di confine col Friuli?

«Senz’altro sì. Speriamo che non si tratti solo di una promessa, di uno zuccherino offerto per bere l’amaro, il troppo amaro di questa sconfitta. Vedremo nella Legge di stabilità se i vari Rosato, Brunetta, Fedriga, i nostri parlamentari provinciali, riusciranno a mantenere la promessa del rifinanziamento del Fondo Letta. Ovviamente è un palliativo».

Un palliativo perché ritenete che ben diversa sia la soluzione?

«La soluzione passa inevitabilmente per l’autonomia della Provincia di Belluno».

Ed anche per l’autonomia della Regione Veneto?

«Beh, è ovvio».

L’ autonomia potrà essere dimostrata anche da una prima iniziativa, quella del ricorso?

«È ovvio. Altrimenti siamo in presenza di sole provocazioni». (f.d.m.)

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