«Lo spopolamento del Bellunese può essere fermato»
L’analisi del professore di Demografia Dalla Zuanna. A Trento le migrazioni risollevano il tasso di incremento
di Valentina Voi
BELLUNO. Non si tratta di «destino cinico e baro». Per combattere lo spopolamento della montagna molto può fare la politica, magari dotando il Bellunese di maggiore autonomia. Parola di demografo (con esperienza in Senato). Gianpiero Dalla Zuanna, professore del dipartimento di Scienze Statistiche dell’ateneo di Padova e senatore del Partito Democratico nell’ultima legislatura, ha messo a confronto la popolazione delle province di Trento e Belluno in un dibattito pubblico ospitato alcuni giorni fa a Palazzo dei Trecento, a Treviso. Una rassegna, quella di “Treviso: finestra sulle Dolomiti” che dimostra come l’amore per la montagna e le preoccupazioni per il suo futuro valichino i confini provinciali.
Che la curva della popolazione residente in provincia di Belluno dagli anni ’50 sia in drammatica discesa non è una novità. Che questo significhi che l’intera montagna si stia spopolando, però, è una conclusione errata. Quella che sta perdendo abitanti è la montagna bellunese. Basta prendere come elemento di confronto la provincia di Trento, simile per molti aspetti a quella di Belluno, per rendersene conto. A fare la differenza non è tanto il numero assoluto di abitanti quanto i tassi di crescita della popolazione. L’incremento totale nel Bellunese è negativo (-5,2 per mille), quello trentino è, seppur di poco, positivo (+0,7 per mille). Merito non tanto dell’incremento naturale della popolazione, in entrambi i casi negativo anche se con valori diversi, ma del tasso migratorio che per il Trentino si assesta al +1,3 per mille contro lo 0,3 per mille del Bellunese. Se a questo si somma un tasso di natalità più alto e un tasso di mortalità più basso diventa evidente come nel Bellunese il campanello d’allarme stia suonando ormai da tempo.
Questo, come è facile immaginare, si traduce in una società sempre più anziana. Nel Bellunese gli ultraottantenni sono il 7,7% della popolazione, contro il 6,6% del Trentino. Per contro gli under 20 sono solo il 16,4% contro il 19,8% trentino. Nella fascia 20-39 il distacco è di 2,4 punti percentuali. Il primato torna bellunese a partire dai 40enni: il 31,2% della popolazione è nella fascia 40-59 (contro il 30,5% del Trentino) e nella fascia 60-79 la forbice si allarga ulteriormente (Belluno: 24,9%; Trento: 21%).
I numeri parlano chiaro. Ma la strada imboccata è già senza ritorno? «Non è vero che modernità fa rima con spopolamento della montagna» spiega Dalla Zuanna, «questi dati lo evidenziano. A Trento non è successo e questo significa che anche a Belluno possono essere create queste condizioni. Certo, a Trento per raggiungere questi risultati si sono investite risorse e questo aspetto è emerso anche nel dibattito che si è sviluppato a Treviso. Ma la discussione si è poi spostata sulla mentalità delle due province: a Belluno l’impressione è che una volta usciti, una decina di anni fa, dalla “sbornia” dell’occhiale si sia fatto fatica a sviluppare un pensiero e di conseguenza a prendere decisioni su come aiutare la permanenza delle persone». L’autonomia, sottolinea Dalla Zuanna, è uno strumento necessario. «Ma non possiamo illuderci che basti il denaro: bisogna eliminare i campanilismi». La ricetta, secondo il professore, è un mix di insediamenti produttivi («non c’è bisogno di un milione di posti di lavoro, basterebbero piccole attività per mantenere in loco i giovani»), politiche nazionali di sostegno alle famiglie e attenzione alle esigenze specifiche della montagna, dal riscaldamento alle farmacie, con meccanismi compensativi. «Non è vero che la provincia di Belluno è dannata» aggiunge Dalla Zuanna, «quello che è successo a Trento lo dimostra: 40 anni fa erano nella stessa situazione».
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