Duecentomila euro di intervento e l’ipotesi che le famiglie rientrino nelle case, tempo un mese e mezzo, forse un mese solo.
Per Veneto Strade e il vertice della protezione civile regionale con l’assessore Gianpaolo Bottacin in testa, è andato “tutto come da programma” a Schiucaz, ieri.
Oggi però si rimetterà mano all’esplosivo, nel senso che si tornerà a fare buchi per poi sistemarlo ed eventualmente farlo brillare la prossima settimana. Ma servirà solamente per il lato posteriore della frana, quello dove non ci sono le abitazioni. Sul davanti entreranno in azione escavatori e ragni per togliere il materiale frantumato dall’esplosione.
«C’è ancora qualche piccola rifinitura da fare su un costone e lo faremo penso domani mattina (oggi, ndr), senza la stampa, lavorando come sempre abbiamo fatto fino ad ora» spiega Michele Artusato, al vertice della sezione di Belluno. Il “domani mattina” diventerà poi il giorno in cui si ricomincerà a fare i fori per sistemare l’esplosivo sul lato posteriore.
«Finora siamo stati dentro il budget di 200 mila euro, tutte le parti comprese», continua Artusato. «È una operazione importante. Quanto alle maestranze, abbiamo scelto la miglior squadra esistente sia di tecnici che di maestranze per quel che riguarda le perforazioni. Quanto ai tecnici esplosivi, sapete chi è Danilo Coppe, il numero uno in Italia. E quindi abbiamo cercato di fare il meglio per garantire la tutela degli immobili e delle attività che sono legate ad essi». Artusato ci scherza su, a chi chiede quale sarà la prossima frana di cui Veneto strade si occuperà: «Ce ne sono tante purtroppo: sarà quella che si muove per prima».
Un mese, forse un mese e mezzo è il periodo ipotizzato da Silvano Vernizzi, direttore generale e amministratore delegato di Veneto Strade, perchè le famiglie sfollate rientrino nelle loro abitazioni.
«Una poderosa macchina messa in piedi e, se tutto va bene anche nelle fasi successive, contiamo in un mese, un mese e mezzo di mettere in sicurezza l’abitato in modo che le famiglie possano rientrare» spiega Vernizzi, «direi che è il minimo. Se va bene tutto, anche in un mese ma ci prendiamo un po’ di lasco anche perché non è giusto raccontare delle cose alle persone e poi farne delle altre».
Avete fatto una ipotesi migliore e una peggiore dell’esplosione?
«No, abbiamo fatto solo l’ipotesi migliore, nel senso che quella peggiore è dei massi sulle case (cosa non avvenuta, ndr). Ma questo è un punto al quale bisognava arrivare perché prima o poi, questione di giorni, la frana sarebbe venuta giù».
Ci sono anche altri siti pericolosi come questo sui quali state lavorando?
«Qui vicino, quella di Borsoi-Desedan, più grossa come dimensioni forse meno pericolosa per l’abitato: anche su quella stiamo lavorando. Ne esce una riflessione sulla fragilità di questa provincia: ovviamente con Vaia a fine ottobre dell’anno scorso, il Bellunese ha avuto dei danni micidiali. Tra alluvioni, vento e il crollo degli alberi è una provincia dissestata e, oggi come oggi, questi fenomeni franosi sono estremamente facili ed è facile che si ripetano anche in futuro. Stiamo cercando tutti di intervenire con opere di difese dei paesi dalle valanghe, perché cadendo gli alberi è più facile che si verifichino anche le valanghe, con la sistemazione delle strade e quel che è necessario per risolvere le criticità di questo territorio. Comunque la situazione in questo territorio è davvero molto pesante». —