BORGO VALBELLUNA
Sciopero di due ore al termine di ogni turno oggi e il 20 settembre manifestazione davanti al consolato cinese a Milano.
I lavoratori e i sindacati dello stabilimento della Wanbao Acc passano all’attacco. E lo fanno all’indomani dell’incontro del Consiglio di sorveglianza socio-istituzionale dove dalla proprietà non sono arrivate risposte. «Riteniamo una cosa grave e ingiustificabile la totale mancanza di risposte in merito al futuro dello stabilimento da parte dei vertici di Acc Wanbao», dicono Stefano Bona, Mauro Zuglian e Michele Ferraro, segretari di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil. Ferraro rincara addirittura la dose, parlando di atteggiamento «irresponsabile e scandaloso da parte di Wanbao, che ha dimostrato di sottovalutare il tavolo istituzionale del territorio». La speranza ora è tutta riposta nel ministro Federico D’Incà «da sempre impegnato su questa vicenda».
Il contrattacco
La decisione è stata presa ieri al termine delle assemblee indette per affrontare questa crisi definita da tutti come «la più grave nella storia dell’Acc», e che rischia di arrivare al licenziamento collettivo dei 270 dipendenti. «Ricordiamoci», ha precisato Nadia De Bastiani, rsu, «che, nella storia di questo stabilimento, soltanto con i cinesi siamo arrivati l’anno scorso ai licenziamenti collettivi, prima, infatti, si era sempre usata la volontarietà. Per questo motivo siamo preoccupati».
Intanto, i lavoratori hanno appreso «in modo tiepido quanto sta avvenendo, forse sono rassegnati», dicono i sindacati che per questo sollecitano i piani alti a fissare al più presto un vertice al Ministero dello Sviluppo economico per discutere e soprattutto scoprire le carte cinesi sul futuro della fabbrica. «A questo vertice non sarà gradita la presenza dell’ad Lu Haijiang, perché è ormai evidente che il suo è soltanto un ruolo da comprimario. Chiediamo che a Roma sieda uno dei capi di Wanbao e che ci spieghi chiaramente i progetti per Mel», sottolinea Bona.
Nel frattempo, per evitare di compromettere l’attuale situazione già critica, i sindacati chiedono alla proprietà di «recedere da tutte le iniziative messe in atto nei confronti di clienti e fornitori, vale a dire l’aumento dei prezzi e il ritardo dei pagamenti, operazioni finalizzate a un graduale disimpegno delle attività produttive con la conseguente inevitabile chiusura dello stabilimento».
la partita diplomatica
«Questa partita», sottolinea Mauro Zuglian, «va giocata su due fronti. Il primo, quello industriale, servirà a salvare i posti di lavoro e l’attività della fabbrica e dovrà basarsi nel tenere qui Wanbao o nel trovare un’altra società che possa rilanciare lo stabilimento. Il secondo fronte è quello diplomatico, come sottolineato dallo stesso assessore Donazzan. Ed è per questo», sottolinea Zuglian, «che andremo a Milano: non è possibile che i governi italiano e cinese facciano accordi economici e parlino di Via della seta e poi si arrivi alla chiusura dell’ex Acc. Vogliamo quella chiarezza che non abbiamo mai ottenuto in questi anni dalla società, che non ha fatto altro che contraddirsi». «C’è anche una responsabilità sociale verso questo territorio, visto che la fabbrica è nata con i fondi del Vajont», ha detto Ferraro. «D’altra parte, se chiudesse l’Acc e la crisi della Safilo si aggravasse, si arriverebbe a una situazione per il territorio», aggiunge Bona, che ricorda come degli ultimi 90 licenziati soltanto una ventina abbiano trovato un impiego. «Non possiamo mollare, se la situazione dovesse precipitare, siamo pronti ad altre iniziative».
La situazione
I sindacati passano poi a ricordare quello che era l’accordo siglato al Ministero nel 2016 e quanto è stato realizzato. Si parlava di investimenti, di centro di ricerca, di nuovi prodotti, di rilancio, «invece abbiamo saputo che i nuovi prodotti, se ci saranno, saranno realizzati in Cina e Mel diventerà centro di stoccaggio per la vendita in Europa», ha precisato Massimo Busetti della rsu. «Abbiamo visto investimenti per 70 milioni di dollari, ma non sappiamo se da Wanbao o dal governo cinese. E ora siamo di fronte a una strategia che porterà alla chiusura della fabbrica», dicono i sindacati, che però non ci pensano nemmeno a rassegnarsi. «Abbiamo dalla nostra le istituzioni, il mercato del compressore sta andando bene», conclude Maurizio Zatta della rsu, «allora teniamo alta l’attenzione e riduciamo le perdite». —