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«Fonderci contro l’isolamento? Qui le comunità sono più unite»

Dopo il Dpcm di Natale Think Tank rilancia le aggregazioni ma i sindaci non ci stanno: «La solitudine cresce in città»

Irene Aliprandi
2 minuti di lettura

Irene Aliprandi / belluno

«Cosa c’entra il divieto di spostarsi a Natale con la fusione dei Comuni?». È un misto tra ilarità e indignazione la reazione dei sindaci dei paesi sotto i mille abitanti al comunicato della Fondazione Think Tank Nord Est che, prendendo spunto dall’ultimo Dpcm, rispolvera aggregazioni e fusioni affermando che gli abitanti dei piccoli comuni “soffriranno più degli altri”.

Il primo ad essere citato è il solito Zoppè di Cadore, che con i suoi 197 abitanti è il terzo municipio più piccolo del Veneto. Il sindaco Paolo Simonetti, però, non ci sta: «Zoppè è nettamente contrario alle fusioni e quando ci è stato proposto di unirci a Val di Zoldo la popolazione ha rifiutato compatta. Per noi sarebbe una tragedia e finiremmo per sparire, perché una gestione autonoma è l’unica garanzia di sopravvivenza. Meglio puntare sul sostegno e sui servizi che ci offre l’Unione montana e che funzionano benissimo. In paese abbiamo avuto un paio di ragazzi contagiati a settembre dopo l’apertura delle scuole, ma ora siamo Covid free. Per Natale dispiace soprattutto per il ristorante che aveva qualche prenotazione da fuori ma cercheremo di aiutarli e comunque io questa depressione natalizia non la vedo».

Lapidario il sindaco di Perarolo, Pier Luigi Svaluto Ferro: «In quella Fondazione non hanno capito niente. Il periodo natalizio è il migliore da vivere in un piccolo paese, perché c’è senso di appartenenza e la comunità si unisce più che mai. Ogni anno facciamo un pranzo cui partecipano tutti dai 18 ai 90 anni e se quest’anno dobbiamo rinunciarvi, sapremo essere comunque presenti con un piccolo pacco dono portato in ogni casa. In passato ho vissuto in una grande città e lì sì mi sentivo solo. Da mesi in paese alloggiano persone che risiedono in Lombardia, sono scappati dalla città proprio per la pandemia e stanno benissimo e se hanno bisogno c’è una comunità che li aiuta».

«Le fusioni possono avere una logica», aggiunge il sindaco di Vallada Agordina, Fabio Luchetta, «quando partono dal basso. Il ragionamento economico non ha senso, anche perché dura poco e ha benefici discutibili. Basta vedere quelli che lo hanno fatto e ora vorrebbero tornare indietro. Io vedo una realtà opposta a quella segnalata dalla Fondazione: è nei piccoli comuni che la comunità è più pronta a intervenire e a sostenere chi ha bisogno. Sfruttare un dramma come il Covid per rilanciare le fusioni non è bello. Inoltre di recente ho partecipato a una riunione di Anci e pare che i piccoli comuni, da male assoluto, siano tornati ad essere considerati la “spina dorsale del paese”».

Nino Deon, sindaco di Rivamonte Agordino sottolinea: «Se il problema è il Natale mi sembra davvero banale. Le fusioni si fanno per altre cose e comunque, chi è bravo, i soldi li trova partecipando ai bandi e imparando a gestirli al meglio. La realtà è che chi ha il Covid o è in isolamento a Rivamonte può chiedere aiuto chiamando il sindaco al cellulare. Sicuri che sia così anche a Milano?».

Chiude Dario Scopel, sindaco di Seren del Grappa membro del direttivo nazionale dell’Associazione dei Piccoli Comuni: «È un modo assurdo di tirar fuori il tema delle fusioni che, al di là dei soldi, non ha risolto alcun problema, anzi. La verità è che nei piccoli comuni la capacità di azione è maggiore e siamo più vicini ai cittadini». —

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