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Seimila pescatori tornano in attività

Domenica apre la stagione. Fauna ittica ancora in difficoltà ma il lavoro dei bacini sta superando il disastro di Vaia

Irene Aliprandi
2 minuti di lettura

Irene Aliprandi / belluno

Domenica riapre la stagione della pesca, che si chiuderà l’ultima domenica di settembre, e per circa seimila appassionati bellunesi l’attesa è grande. Nel 2020 i pescatori hanno dovuto fermarsi per due mesi e si calcola che le perdite economiche sfiorino i 100 mila euro. Un danno che va sommato alle perdite di fauna ittica causate da Vaia, che in zone come l’Agordino, l’alto Cadore e la Valle del Boite si sono avvicinate al 90%. Dopo quel disastro è stato avviato un gran lavoro di ripopolamento con l’impegno di tutti i 12 bacini di pesca che, ormai da tradizione, hanno ottenuto in concessione la gestione dei 1.900 chilometri di torrenti, fiumi e laghi bellunesi.

«La pesca è un’attività sicura in questi tempi di Covid, sostenibile sotto il profilo ambientale e accessibile a tutti», ricorda il consigliere provinciale delegato Franco De Bon, che ieri ha presentato le novità della stagione e il ritorno alle stampe dopo cinque anni di “Pescare”, libricini con tutte le informazioni utili ai pescatori. De Bon, nel citare anche la ricerca scientifica sulla genetica della trota marmorata, spiega anche: «La Provincia ha proposto alla Regione di concedere la pesca della specie autoctona per eccellenza da parte di personale esperto».

«Le acque bellunesi sono molto ambite per naturalità e presenza di specie ittiche», osserva Loris Pasa, responsabile dell’ufficio pesca di Palazzo Piloni. «Gestire questa risorsa è un orgoglio ma anche un onere e l’attività volontaria dei pescatori rappresenta la miglior tutela per il territorio». Pasa spiega anche negli ultimi anni la pratica sempre più diffusa è quella del catch & release, perché ai pescatori interessa di più esercitare un’abilità che portarsi a casa il pesce.

«Sta per iniziare una stagione che attendiamo con uno stato d’animo diverso dal solito», evidenzia Filippo Sitran, presidente della Federazione dei bacini bellunesi. «La situazione dei laghi è buona e quella dei corsi d’acqua è migliorata dopo Vaia, ma alcuni bacini soffrono ancora e c’è stato un calo di associati. In questi due anni abbiamo fatto grandi sforzi per ripristinare la fauna ittica e siamo ancora in attesa degli aiuti promessi dalla Regione Veneto». Vaia non ha solo ucciso la fauna ittica nei giorni dell’alluvione: i pesci infatti continuano a soffrire a causa dei tantissimi lavori in alveo. Interventi fondamentali ma a volte realizzati senza tenere conto dello stravolgimento provocato all’ecosistema. Per non parlare dei danni causati dallo sfruttamento idroelettrico.

I pescatori si occupano anche di prelevare gli esemplari presenti nelle zone dei lavori e di spostarli “al sicuro”. Dal punto di vista economico la pesca rappresenta un business, ma l’attività in sé ha costi popolari: 34 euro la licenza annuale, cui si somma la quota associativa ai bacini (dai 60 ai 90 euro), mentre un permesso giornaliero si aggira sui 10 euro. Si calcola che, pre Covid, si arrivasse a 100 mila permessi-presenze giornaliere di turisti appassionati di pesca sportiva.

Nel frattempo proseguono i lavori nei centri ittiogenici di Bolzano Bellunese, dove servirà un altro anno per la nuova opera di adduzione, e a Tomo per la nuova opera di presa e la ristrutturazione dell’immobile. —

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