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Comelico e Auronzo, vincoli cancellati. Il Tar: «Comprimono lo sviluppo»

Per i giudici il provvedimento «così stringente e penetrante» rischia di favorire lo spopolamento, invece di contrastarlo

Alessia Forzin
3 minuti di lettura
La manifestazione popolare contro i vincoli che si è svolta in Comelico nel 2019 

COMELICO. Avevano ragione i sindaci di Auronzo e del Comelico: i vincoli apposti dal ministero della Cultura avrebbero azzerato ogni possibilità di sviluppo dei territori. Ora lo dice anche il Tar del Veneto, che con la sentenza 1280/2022, depositata luned’ 8 agosto dopo l’udienza del 28 aprile, ha annullato il decreto del Mibac, deducendo «l’illegittimità del provvedimento per difetto di istruttoria e motivazione».

Non c’era ragione per fare un provvedimento «così stringente e penetrante», scrive il Tar, considerando che già oltre il 96% del territorio è vincolato per legge. Il ministero ha usato dati «erronei, incompleti e non aggiornati» per giustificare il provvedimento, che rischia di favorire lo spopolamento invece di contrastarlo, non lasciando margini autorizzativi agli enti locali per creare nuove strutture turistiche.

LA STORIA

I ricorsi (tre, riuniti in un unico procedimento) erano stati proposti dal Comune di Auronzo (assistito dall’avvocato Bruno Barel, socio fondatore dello Studio BM&A di Treviso), da altri Comuni della zona e dalla Regione Veneto, con l’intervento a sostegno della Provincia di Belluno.

I ricorrenti chiedevano l’annullamento del decreto 1676 del 5 dicembre 2019, con il quale il ministero della Cultura aveva imposto pesanti vincoli paesaggistici su Auronzo, Comelico Superiore, Danta, San Pietro, San Nicolò Comelico e Santo Stefano, attraverso la “Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area alpina”. Un’area di oltre 420 kmq. Si erano opposte al ricorso Italia Nostra, Mountain Wilderness Italia e Lipu.

I ricorrenti contestavano il decreto perché introduceva, in aggiunta a tutti quelli già esistenti, un ulteriore vincolo molto dettagliato, che finiva con esautorare di ogni potere le comunità locali nel governo del territorio. Il decreto precludeva ogni possibilità di sviluppo, fra cui quello del collegamento sciistico con la Pusteria.

«IL MINISTERO HA USATO DATI ERRATI»

Il Tar inizia premettendo che lo Stato poteva apporre il vincolo, come affermato dalla Corte Costituzionale nel 2021, per conservare il paesaggio, ma, si sono chiesti i giudici: quel potere è stato esercitato in modo corretto, ragionevole e proporzionato, all’esito di una congrua istruttoria e sulla base di una chiara e coerente motivazione? La risposta, dipanata nella sentenza, è no.

«Il decreto poggia su dati istruttori errati e non aggiornati, e su una motivazione perplessa e contraddittoria», scrivono i giudici. L’area compresa fra Auronzo e il Comelico è «già sottoposta a molteplici vincoli ex lege, che hanno sinora consentito la “straordinaria conservazione di detto territorio e delle sue bellezze”». Infatti è già vincolato il 96% del territorio. Il ministero diceva che era scoperto il 25%, ma non aveva considerato gli usi civici, il patrimonio regoliero, era errato il calcolo dell’estensione dei vincoli su boschi e foreste.

NORME STRINGENTI E PENETRANTI

Inoltre è stata introdotta una «disciplina d’uso estremamente penetrante e dettagliata, che non è formata da meri indirizzi e criteri, bensì da vere e proprie norme tecniche operative di dettaglio che regolamentano ogni minuto intervento sul territorio, finanche l’installazione di recinzioni, insegne e cartelloni pubblicitari».

«Non è dato comprendere quale sia la necessità, logicità, ragionevolezza e proporzionalità di un intervento ministeriale così stringente e penetrante, adottato per giunta in via d’urgenza». Secondo il Mibac bisognava evitare il rischio di sfruttamento intensivo del territorio determinato dalla crescita turistica e i «fenomeni di alterazione in atto della componente rurale». Che però, scrivono i giudici, non sono dimostrati.

SPOPOLAMENTO

I vincoli non servono nemmeno a contrastare lo spopolamento. Anzi, rischiano di aggravarlo secondo il Tar. «L’apposizione di una disciplina vincolistica accompagnata da una disciplina d’uso che non lascia in concreto alcun margine autorizzativo (o quasi) per la creazione di nuove strutture turistiche, sciistiche o, più in generale, ricettive (come i parcheggi o gli spazi attrezzati per il camping), finisce di fatto per comprimere irrimediabilmente le possibilità di sviluppo economico e sociale delle aree interessate, favorendo ulteriormente il fenomeno dello spopolamento delle aree montane che il decreto vorrebbe contrastare». E rischia di favorire «un lento ma inesorabile declino economico-sociale delle aree alpine considerate».

La tutela paesaggistica deve essere «coordinata e armonizzata con tutti gli interessi in gioco», trovando un «punto di equilibrio che assicuri il “best interest” delle aree alpine e delle comunità locali che hanno finora contribuito, in modo decisivo, alla “straordinaria conservazione” dei paesaggi che si intendono preservare».

«PROVVEDIMENTO ILLEGITTIMO»

Per tutte queste ragioni il Tar accoglie il ricorso dei Comuni, della Regione e della Provincia, deducendo l’illegittimità del provvedimento. Spese compensate fra le parti.

«Nella prassi della giustizia amministrativa sono piuttosto rare le pronunce nelle quali vengono annullati decreti ministeriali di vincolo», fa sapere lo studio legale BM&A. «In questo caso, però, non erano a confronto interessi privati contro l’interesse generale, ma piuttosto il rispetto delle autonomie locali nella protezione del territorio».

Il ministero potrà impugnare la decisione del Tar al Consiglio di Stato.

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