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Terremoti, sensori anche nelle Poste bellunesi: rete di monitoraggio sempre più estesa

Oltre alle nove stazioni di rilevamento già presenti in altura saranno installati 35 accelerometri nei centri abitati

Francesco Dal Mas
2 minuti di lettura

La provincia di Belluno a prova di terremoto. Si fa per dire, ovviamente, perché è impossibile prevederli, sia come data che come capacità distruttiva. Intanto, però, il Bellunese è attrezzato di 34 fra stazioni di rilevamento e sensori.

L’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, Ogs, e la Tim hanno infatti siglato un accordo per installare in veneto 120 nuovi accelerometri presso le centrali di telecomunicazioni, di cui una dozzina in provincia. Altri sensori troveranno sede presso alcuni uffici postali.

«L’obiettivo è potenziare la rete di monitoraggio sismico ad alta densità del Veneto, realizzata nell’ambito dell’iniziativa congiunta della Regione del Veneto e dell’Ogs con la collaborazione dell’Università degli Studi di Padova», conferma l’assessore regionale alla protezione civile Gianpaolo Bottacin.

Le stazioni

Da anni le stazioni di rilevamento di tutti i sommovimenti tellurici, anche i più impercettibili, sono operative sul monte Grappa (a 1518 metri), a Col Varnada (1265), a Forcella Aurine (1430), ad Agordo (631), ad Alpe Faloria, sopra Cortina (2235), a Casso (1060), ad Alpago (598), in Cansiglio (870 metri sopra Caneva). Questa, dunque, è la rete che cattura anche le scosse più impercettibili all’uomo. Poi ci sono gli accelerometri. Ben 300 quelli che verranno piazzati in Veneto. I primi sono stati già collocati presso le sedi della Protezione civile. In provincia hanno trovato sistemazione a Belluno, Feltre, Pedavena, Longarone, Zoppè di Cadore, Ponte nelle Alpi, Soverzene, Puos d’Alpago, Auronzo, Agordo, Voltago Agordino, Lentiai, Quero, Alano. Ne restano da installare un’altra dozzzina, presso appunto gli impianti della Tim e gli uffici postali. Operazione, questa, che avverrà presumibilmente entro l’anno.

La funzione

«Nei giorni scorsi abbiamo avviato l’installazione degli accelerometri presso le centrali Tim. Si tratta di sensori in grado di misurare lo scuotimento del suolo per il monitoraggio sismico, oltre magnitudo 2,5», spiega Pier Luigi Bragato, sismologo dell’Ogs che coordina le attività di installazione, precisando che «in caso di terremoto questi dispositivi ci forniranno misure utili a valutarne rapidamente l’impatto e a orientare gli interventi di Protezione civile».

Mentre la rete sismica è stata implementata in zone oltremodo silenziose, per intercettare puntualmente anche le scosse di nessun apparente impatto, gli accelerometri – puntualizza Bragato – sono stati destinati ai centri abitati ai fini della Protezione civile, quindi dei soccorsi necessari.

Territori a rischio

Da mesi il centro ricerche sismiche di Udine, che fa capo all’Ogs, non rileva nel territorio bellunese nessun movimento tellurico di particolare rilievo. Si sa, in ogni caso, che l’area più a rischio è quella dell’Alpago e del Cansiglio, che si amplia alla Valbelluna, specie lungo la sinistra Piave, per proseguire verso il Grappa l’altopiano di Asiago. Sia di qua che al di là delle Prealpi. I sensori entreranno a far parte di una più ampia rete ad alta densità costituita da oltre 300 punti di misura su tutto il territorio regionale. Circa 170 strumenti sono già stati installati nelle sedi delle organizzazioni di volontari di protezione civile del Veneto ed in edifici pubblici messi a disposizione dai comuni.

Monitoraggio comune per comune

La rete, nel suo complesso, consentirà un monitoraggio Comune per Comune, della sismicità possibile sul territorio bellunese.

«Attualmente è già attivo il sistema per l’acquisizione dati che ha effettuato le prime registrazioni in occasione del terremoto della Bosnia ed Erzegovina del 22 aprile 2022 (magnitudo 5.7, epicentro a 540 chilometri a Venezia), percepito in diverse località della nostra regione», prosegue Bragato. «In parallelo stiamo potenziando i sistemi di rilevamento della deformazione crostale con la realizzazione di due nuove stazioni Gnss e l’aggiornamento di tre già esistenti e conducendo anche una serie di studi sul ruolo dei fluidi sotterranei nell’evoluzione del ciclo sismico, evidenziando un importante contributo delle precipitazioni», aggiunge il ricercatore Bragato.

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