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Comunità energetiche: tre progetti pilota del Bim sulle fonti rinnovabili

Pubblica, mista o nelle zone industriali: la decisione entro tre settimane. Il Consorzio punta a implementare gli esperimenti in Valbelluna, Agordino e Cadore

Francesco Dal Mas
Aggiornato alle 3 minuti di lettura

È finalmente “pronto” – così almeno ha assicurato il ministro Gilberto Pichetto - il decreto attuativo che fornirà un quadro normativo completo e definitivo sulle Comunità energetiche rinnovabili. È uno degli atti più attesi anche in provincia di Belluno, dove per i primi di dicembre il Consorzio Bim, presieduto da Marco Staunovo Polacco, sarà in grado di presentare tre “progetti pilota”, uno probabilmente per il basso bellunese, gli altri due per l’Agordino e il Comelico-Cadore-Zoldano.

Decreto attuativo pronto, ma in provincia si stanno mobilitando direttamente anche i Comuni, da Ponte nelle Alpi – che ha allo studio la prima Comunità solare delle Dolomiti – a San Gregorio nelle Alpi, dove il 24 novembre si terrà una riunione per la costituzione di una Comunità. I Comuni, si sa, hanno a disposizione incentivi fino a 2,2 miliardi di fondi Pnrr e la viceministra all’ambiente, Vannia Gava, ha confermato in questi giorni che il Decreto attuativo tanto atteso «consentirà di realizzare le comunità energetiche fino a 1 Mw».

Che cos’è la Cer

La Comunità energetica da fonte rinnovabile è un’associazione tra soggetti (possono essere Comuni, singoli cittadini, piccole e medie imprese, amministrazioni locali, enti di ricerca e religiosi) che producono, consumano e scambiano energia da fonte appunto rinnovabile. Con conseguenti vantaggi ambientali (la riduzione delle emissioni gas serra) ed economici (perché ottengono agevolazioni statali e incentivi per l’elettricità condivisa). In provincia non si è costituita ancora nessuna cer.

Ritardi nazionali

A livello nazionale, su 100 comunità energetiche mappate fino a giugno 2022 appena 16 sono riuscite a completare l’iter di attivazione presso il Gse (Gestore dei servizi energetici) e di queste solo tre hanno ricevuto i primi incentivi statali. Nei giorni scorsi c’è stata anche una protesta nazionale a Roma, da parte di Legambiente.

Il Consorzio Bim

Il Consorzio Bim ha sottoscritto un accordo di collaborazione con Rse spa, società controllata dal Gestore dei Servizi Energetici, Gse. Da questa intesa è nato un primo convegno, svoltosi l’estate scorsa a Longarone sulle comunità energetiche. «A seguito di questa iniziativa», informa il presidente Marco Staunovo Polacco, «c’è stato un interesse crescente, in particolare da parte delle associazioni di categoria. Le stesse organizzazioni sindacali hanno dimostrato molto interesse a partecipare ai tavoli di lavoro». Il Consorzio ha come referenti, non va dimenticato, i 60 soci che sono i Comuni della provincia di Belluno; ne mancano due che fanno parte di un’altra realtà consortile.

Allo studio i primo modelli

«Alcuni di questi Comuni stanno operando in autonomia, almeno a livello di studio», precisa Staunovo. «Noi, come Consorzio, insieme con le Società operative, stiamo definendo alcuni modelli e dei progetti pilota. Ovviamente senza scopo di lucro». I modelli sui quali il Consorzio lavora sono tre: la Cer totalmente pubblica, la Cer mista tra pubblico e privato (attività commerciali di prossimità, piuttosto che famiglie) e il modello di Cer più spinta che fa riferimento alle zone industriali, con le aziende che producono e scambiano energia. «Si tratta dell’eventuale collaborazione tra aziende già dotate di impianti per la produzione autonoma di energia rinnovabile, o che intendono installarli, e il pubblico disponibile a condividere quest’energia, magari il Comune di riferimento», sottolinea Marco Staunovo Polacco. Non sono da escludere altre forme di collaborazione tra, per esempio, aziende e famiglie di un determinato territorio. In provincia, però, in questi mesi si procede con uno studio orientato alla dimensione pubblica.

Problemi di gestione

La problematica delle comunità energetiche rinnovabili non si esaurisce ovviamente nella programmazione, ma comprende anche la gestione, che per aspetti è tema ancora più complesso. «Dovessero nascere una, dieci, sessanta comunità energetiche, il Consorzio attraverso le sue Società partecipate, si metterà a disposizione», assicura il presidente, «per la gestione delle Cer. C’è bisogno, infatti, che gli impianti funzionino; che le previsioni fatte con lo studio di fattibilità siano rispettate. Anche perché, come si sa, la comunità energetica non è finalizzata a massimizzare la produzione di energia elettrica, ma a farlo in relazione ai consumi del territorio». Nel passato, quando un Comune o un privato costruiva una propria cabina elettrica, lo faceva per produrre più kw possibili, in questo caso, invece, c’è un bilanciamento da fare che va monitorato negli anni. In questa prospettiva, il Consorzio può avere un ruolo di collettore. Il Consorzio, tra l’altro, può già contare su una società informatica che già gestisce una rete diffusa di servizi.

Le prime proposte

Fino ad oggi lo studio più approfondito in ambito Bim ha messo a punto un modello che prevede la comunità energetica relativa al municipio, all’illuminazione pubblica, ai negozi di vicinato e alle famiglie che fanno parte di quella comunità ristretta. Staunovo Polacco precisa che al riguardo sono già arrivate, almeno tre proposte. La comunità energetica più dimensionata potrebbe essere prevalentemente pubblica, specificatamente quella che riguarda le sedi del Bim e delle sue società, con le aziende che ha nei dintorni. In approfondimento anche due progetti pilota per altrettante comunità energetiche in zone artigianali.

Ancora tre settimane

«In tre settimane circa completeremo questa analisi», interviene il presidente Staunovo Polacco, «faremo una scelta politica dei tre progetti pilota da portare avanti come Consorzio». Probabilmente saranno implementati uno per ciascuna vallata: la Valbelluna, l’Agordino e il Cadore. «È ovvio», conclude il presidente, «che la valutazione si baserà anche sull’effettiva convenienza».

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