Costi alle stelle, piscine a rischio chiusura a Belluno. Padrin: il governo freni i rincari o è la fine
L’ente Provincia “scende in vasca” e chiama a raccolta i sindaci: «Non solo sport, hanno una funzione sociale e sanitaria»
Gianluca De Rosa
Il caro bollette torna a investire il comparto dell’impiantistica sportiva, in primis le piscine considerate strutture energivore per eccellenza. Nonostante un clima di ritrovata fiducia, i costi quadruplicati di luce e gas non permettono voli pindarici. A raccogliere il grido d’allarme di gestori e amministrazioni comunali è stata la Provincia di Belluno che ha deciso di “scendere in vasca” nell’obiettivo di salvare il salvabile.
«Metteremo in campo un’azione di moral suasion nei confronti del Governo», ha annunciato il presidente Roberto Padrin, «stiamo pensando ad un ordine del giorno da condividere con i sindaci sui cui territori insiste una piscina pubblica. Si tratta di impianti con una funzione non solo sportiva, ma anche sociale e sanitaria, visto che ospitano in molti casi attività di rieducazione motoria a supporto degli interventi di tipo riabilitativo fatti negli ospedali. È inoltre l’unica attività completamente inclusiva a cui possono accedere tutti, dai bambini fino agli ultranovantenni e alle persone con disabilità o con ridotta mobilità».
«I costi degli ultimi mesi sono lievitati», prosegue Padrin, «rendendo estremamente complicata la normale gestione. Se questi impianti chiudono, diventa difficilissimo riattivarli. È un rischio che non possiamo permetterci. Si tratta di impianti il cui funzionamento si basa su un meccanismo complesso. Raccogliamo l’allarme dei gestori delle strutture bellunesi, un allarme condiviso con moltissimi impianti sportivi di tutta Italia. La preoccupazione è per le bollette di oggi, ma il timore è riferito soprattutto al 2023. Se non ci saranno interventi per frenare i rincari, sarà impossibile che le nostre piscine possano restare aperte».
I numeri
La mappatura avanzata dall’ente provinciale ha interessato le sei piscine pubbliche, di proprietà di Comuni o di Unioni Montane, insistenti sul territorio di competenza: Belluno, Pedavena, Santa Giustina, Agordo, Longarone e Pieve. La “settima sorella” è un’unicità del Bellunese. Si tratta della piscina di Pelos, frazione di Vigo; impianto privato, ma utilizzato alla stregua del pubblico. La piscina di Belluno è, inevitabilmente, l’impianto più grande ma registra gli stessi identici problemi delle strutture più piccole. Al 31 ottobre 2022, la somma delle bollette elettriche ammontava a 58.389 euro, il totale dei dodici mesi 2021 era stato di 48.533. A fronte di un consumo di 53mila chilowatt nel solo mese di ottobre di quest’anno, la spesa è stata di 11.507 euro. Un consumo identico costava circa 8mila euro fino a un anno fa. La spesa del gas, che ha la stessa fornitura per piscina e Spes Arena, risulta raddoppiata in un anno: al 30 settembre la somma dei costi arrivava a 160.238 euro mentre nei dodici mesi dell’anno 2021 arrivava a 84.847 euro.
Le altre piscine
Detto di Belluno, anche Pedavena e Santa Giustina hanno lamentato negli ultimi mesi aumenti spropositati. In alcuni casi i costi sono quadruplicati come ad esempio a Santa Giustina dove la gestione è affidata a Ondablu (che interviene per il 42,5% sul pagamento delle bollette intestate al Comune). La bolletta del gas di un semestre 2021 era stata di 19.100 euro, quella del 2022 ammonta a 55.500 euro. Per l’elettricità si passa dai 22.400 euro di un semestre 2021 a 84.700 euro di un semestre 2022. Si salva l’impianto di Pedavena, sempre gestito da Ondablu per conto del Comune, grazie a tariffe bloccate fino al marzo 2023: il gas è passato dai 13.054 euro del secondo semestre 2021 ai 13.830 euro del secondo semestre 2022, l’energia elettrica è addirittura calata, passando da 13.340 euro a 9.680 euro in virtù di un minore consumo legato alle temperature più calde.
Ad Agordo le spese sono triplicate con la bolletta elettrica passata da 0,26 a 0,74 euro al chilowatt/ora mentre quella del gas è lievitata in un anno da 0,56 euro a 1,50 euro al metro cubo. Anche la piscina di Pieve, in gestione all’associazione Mondosport, ha visto lievitare la bolletta elettrica del 66% in un anno. Le fatture giugno-settembre 2021 erano state di 3.368 euro, quelle dello stesso periodo di quest’anno ammontavano a 5.588 euro. Aumento dell’87% per il riscaldamento passato da 1.310 a 2.446 euro in appena dodici mesi (dato giugno-settembre 2022 su stesso periodo 2021).
I “casi” Longarone e Tambre
Più complicato il discorso che interessa l’impianto di Longarone, di proprietà del Comune e in gestione all’associazione Lessinia Nuoto. L’energia che serve alla piscina arriva da tre fonti diverse: elettricità, gas e riscaldamento a cippato, materia che fino a pochi mesi fa costava pochissimo e che invece di recente ha subito un’impennata del 25-30%. In più, l’impianto possiede un cogeneratore a gas che aiuta nell’abbassare i consumi elettrici ma funzionava a regime quando il gas costava meno.
Oggi non è più così. Resta fuori dal conto la piscina di Tambre, inattiva da qualche tempo: «L’interesse per la struttura c’è, ma al momento, l’attuale scenario delle bollette rende impossibile la riapertura», spiega la sindaca di TambreSara Bona, «i tempi di chiusura inevitabilmente si allungano e richiederanno poi costi sempre maggiori per il riavvio».
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