«Solo in valle del Biois mi sento in famiglia», il giramondo è tornato e investe sugli asini
Pascal Fervail, ex direttore del consorzio turistico, mancava da vent’anni. «Qui i valori non sono cambiati, puoi star da solo ma non c’è solitudine»
Gianni Santomaso
Chi, magari da piccolo, abbia fatto esperienza della rottura di un termometro a mercurio, avrà consapevolezza dell’impresa improba di riacciuffare le parti del metallo sparse sul pavimento. Radunarle, cioè riportarle a uno, e quindi ridare al mercurio la possibilità di svolgere in pieno la sua funzione, è molto difficile. Quando, dopo più di due decenni di assenza, Pascal Fervail è tornato a Falcade dove era arrivato all’inizio degli anni Novanta, la sensazione che ha avuto nell’osservare la società locale è questa. Quella di pezzi di mercurio usciti dal termometro. «Rispetto a quella che avevo lasciato – spiega infatti - la società di Falcade e dintorni mi è parsa e mi pare così. Ho visto e vedo persone distanti fra loro per la paura di fare esperienze, per la paura di essere se stesse, di parlare di se stessi. Ma la paura non respinge, non evita il pericolo che è quello della disgregazione sociale: ciò a cui oggi il sistema economico tende».
Eppure Pascal Fervail, nato in Belgio 65 anni fa, dice che, oggi come ieri, «qui mi sento a casa, qui vivo, qui mi sento vivo», perché nella valle c’è ancora «la semplicità, la forza, la lealtà delle persone» che aveva incontrato quando dal 1993 al 1997 era stato direttore del Consorzio turistico Val Bióis. E dunque è per questo che, nonostante il burrone visto tra le generazioni succedutesi in Valle del Bióis, non ha scelto di tornare indietro, ma di scendere nel burrone e di risalire. Il ponte, per quanto è nelle sue possibilità, proverà a costruirlo lentamente, allo stesso modo in cui si muovono gli asini che sono diventati il suo nuovo modo di vivere la valle e di farla conoscere. «Per me – dice – questo è solo l’inizio». Un nuovo inizio, perché di esperienze nella vita Pascal ne ha cominciate tante. «In Belgio – racconta – lavoravo per una multinazionale di prodotti per lavastoviglie e praticavo sport a manetta, quelli giapponesi in particolare. Poi, in maniera quasi improvvisa, ho seguito l’esempio di un amico che andava a fare la stagione estiva a Otranto con il Club Méditerranée».
Partito con l’equivalente di 40 mila lire in tasca e zero parole italiane, Pascal resta quattro mesi in Puglia, poi si aggancia a due torinesi per fare il giro d’Italia. Arriva in Piemonte, poi va a Milano sempre nell’ambito dell’animazione turistica. Intanto fa massaggi Shiatsu e l’interprete. «A un certo punto – ricorda – un’agenzia mi ha coinvolto in un’attività per la promozione dei prodotti Paraflu e Selenia in quaranta stazioni sciistiche. Così ho conosciuto Falcade e il Passo San Pellegrino e in particolare Roberto Slaviero che era il presidente del Consorzio turistico Val Bióis e che mi aveva parlato dei problemi organizzativi che si trovava ad affrontare. Poche settimane dopo sono diventato direttore del Consorzio. In quegli anni abbiamo fatto un sacco di iniziative: Agordino Ice su tutti, la prima gara di mountain bike, quelle di parapendio e di tiro con l’arco, i tornei di pallavolo. Dunio Piccolin, l’artista, disegnava le locandine degli eventi. Abbiamo anche anticipato, in collaborazione con l’alberghiero, l’alternanza scuola-lavoro». Poi, però, Pascal sente che questa fase si è esaurita e che voleva «capire il senso della vita». Lascia dunque Falcade e, sulla scorta della grande passione per il mondo e la cultura giapponesi, trascorre tre anni in un dojo, un luogo in cui si svolge la pratica delle arti marziali, tra Pesaro e Urbino. «È come una sorta di monastero imperniato sui principi zen – dice – eravamo in ventisette a studiare la vita quotidiana, a lavorare molto su noi stessi per elasticizzare la mente, per diventare più flessibili con noi e quindi poi anche con gli altri».
Una volta uscito dal dojo Pascal approda a Pescara dove si sposa, ha due figli e si dedica alla pratica di istruttore e formatore nel campo delle arti marziali e della meditazione. Il perché di questa sua predilezione per la difesa personale gli è apparsa chiara solo di recente durante una passeggiata per via Cavallera, da Canale verso Falcade. «Ho capito – dice - che mi stavo preparando a difendermi dal futuro, dalla rabbia, dalle difficoltà. Qualche tempo fa mentre stavo facendo un combattimento, ho però realizzato che ormai stavo solo facendo agonismo con me stesso. Così ho smesso». Pascal, però, in tasca aveva anche un’altra carta da giocare per la successiva fase di vita. L’altra grande passione che coltiva da sempre è quella nei confronti delle razze equine. È infatti guida ambientale equestre. «Nostalgia del Belgio non ne ho mai avuta – sostiene – ma di Falcade sì. Non ci ero mai più tornato. Mio figlio mi ha sempre detto che non l’avevo fatto perché sarei stato combattuto tra loro (i figli) e Falcade. Ora sono grandi e così dopo il Covid, che aveva fermato le attività impiantate a Pescara, ho deciso di risalire. «“Tu non manchi da vent’anni”, mi ha detto mio figlio il giorno in cui mi ha accompagnato qui vedendo che venivo riconosciuto subito da tante persone per la strada. Era davvero come ci fossimo visti solo qualche giorno prima». È la molla che fa propendere Pascal per lasciare Pescara e tornare in Valle del Bióis. «Ho trascorso diversi mesi guardandomi attorno – spiega – perché volevo capire se e come fosse cambiata la realtà sociale nella zona. Ho visto le differenze, ma ho anche avuto conferma del fatto che, nonostante tutto, qui si possa essere soli, ma non ci sia solitudine, mentre in città non si è soli, ma si sperimenta la solitudine. Ho anche verificato nuovamente come, a differenza di altre zone dove la gente si mostra aperta, ma in realtà è chiusa, qui è il contrario».
Poi è venuto il momento di decidere. A Le Casàte (lungo la strada tra Canale e Vallada), dove oggi abita in affitto, c’erano i sei asini di Mayra De Marco. Pascal la raggiunge nel suo bar e le chiede cosa vorrebbe fare con quegli animali. «All’inizio era un po’ titubante – ricorda Pascal – ma poi mi ha confessato che le sarebbe piaciuto utilizzarli per proporre delle escursioni. “È pane per i miei denti”, le ho risposto». Così Mayra e Pascal hanno costituito quella che al momento è ancora un’associazione: l’Asineria Autìn (dal nome del posto sopra le Casàte dove gli animali possono pascolare liberamente), un centro di etologia equestre che dà la possibilità a turisti e valligiani di passeggiate nel territorio abbinate alla conduzione (sempre a piedi) degli asini che richiede molta concentrazione. «Le abbiamo proposte durante l’estate e l’autunno e poi anche quest’inverno – dice Pascal – e siamo molto soddisfatti della risposta. Ora sto realizzando dei basti per trasportare il bagaglio (massimo 40 chili) del turista che, così, potrà godere di un percorso di due o tre giorni con qualche tappa nei garnì o negli alberghi della valle». Una valle che, secondo Pascal, deve imparare, se vuole riuscire a radunare i pezzi di mercurio, a seguire il consiglio che lui dà alle persone.
«Ogni mattina dovremmo prendere l’abitudine di guardarci nello specchio – spiega – salutarci e riconoscerci per quello che siamo. In dialetto dobbiamo dire: "Són mi". Se ognuno di noi riesce a farlo, anche la valle riconoscerà la sua inestimabile ricchezza, visibile o nascosta che sia». —
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