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«Dieci giorni fa ero lì pure io», dolore del feltrino Saffayeh per la Siria

L’ex imprenditore di Guerra Computer: «Non è che le abitazioni in Siria siano costruite male perché si guarda al risparmio, ma perché i materiali che conferirebbero maggior sicurezza antisismica agli edifici non arrivano per effetto dell’embargo».

Laura Milano
2 minuti di lettura

Pierre Atef Saffayeh, a Feltre gestiva Guerra Computer

 

«Dieci giorni fa anch’io passeggiavo su quelle strade di Aleppo dove tante case sono crollate e le persone sono morte. Mi vengono i brividi al pensiero. E tutti i giorni mi metto in contatto con i miei fratelli e con gli amici per sapere come stiano loro e le famiglie». Pierre Atef Saffayeh, conosciutissimo ex commerciante – ha gestito a lungo il negozio “Guerra computer” in via Mazzini a Feltre – è solito tornare spesso in Siria, sua terra di origine, dove ci sono la sua solida famiglia e tantissimi amici. E tutti i giorni il pensiero è per loro.

«La fortuna è che riusciamo a tenerci in contatto», dice Saffayeh, «non c’è stato un solo giorno, nemmeno dopo il terribile terremoto, in cui si siano interrotti i rapporti di comunicazione. Ed è da loro, da mio fratello in particolare, che vengo a conoscenza di quello che succede. Mi ha detto che dal sisma a oggi ha avvertito distintamente almeno trecento scosse».

Saffayeh ha in Siria due fratelli e sei nipoti. «Quelli che hanno potuto sono emigrati, a causa della guerra, e hanno trovato altre destinazioni», spiega l’ex negoziante di Feltre. «Il fortissimo terremoto che ha fatto tante vittime è un evento che aggrava la situazione già pesante in Siria dove non solo infuria la guerra da tanti anni, ma c’è anche l’embargo. E io l’ho visto con i miei occhi, e sulla pelle delle persone che appartengono alla mia terra, l’effetto dei divieti di importazione di materiali di prima necessità. Non viene importato il gasolio e le ambulanze non hanno abbastanza carburante per soccorrere tutti. E poi c’è il freddo. La temperatura in Siria è più o meno come quella qui a Feltre. Nelle case si battono i denti perché la gente non può riscaldarsi. L’embargo è una dannazione. E la situazione adesso è estrema, troppo grave perché continuino i divieti».

Le case dei familiari e degli amici sono rimaste in piedi, racconta Saffayeh. «Quella di uno dei miei fratelli ha delle crepe che sono state subito controllate, ma per fortuna sono solo superficiali». A proposito di edilizia, continua Saffayeh, «non è che le abitazioni in Siria siano costruite male perché si guarda al risparmio. Non sono solide perché i materiali che conferirebbero maggior sicurezza antisismica agli edifici non arrivano. Sempre per effetto dell’embargo».

È indignato Pierre Atef nei confronti dell’Occidente e anche dello Stato italiano. «Il presidente Mattarella nell’esprimere ufficialmente il suo messaggio di cordoglio e di vicinanza alle popolazioni colpite dal sisma, si è dichiarato solidale “con gli amici turchi”, i siriani non sono nemmeno stati nominati». E i giorni scorsi, aveva affidato una riflessione su Facebook. «La Farnesina dice che nessuno italiano e stato coinvolto nel terremoto. Ma lo sa la Farnesina che non si può arrivare in Siria direttamente a causa dell’embargo, perciò l’italiano che vuole arrivare in Siria lo fa o tramite il Libano o la Giordania e poi passa il confine terrestre. Allora come fa la Farnesina a sapere se ci sono o no italiani coinvolti nel terremoto in Siria? Chiedo all’Unione europea di fare cessare questo maledetto embargo, per far sì che l’aiuto umanitario possa arrivare il più presto possibile». —

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