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Febbraio, 15 giorni senza pioggia: orizzonte nero per gli agricoltori

Coldiretti Belluno: «Senza precipitazioni sarà la fine per noi». Pescosta: «Costruire invasi per aiutare malghe e alpeggi»

Francesco Dal Mas
2 minuti di lettura
Gli agricoltori bellunesi chiedono reti di irrigazione simili alla pianura 

L’agricoltura trema. Soprattutto in montagna. «Con mezzo millimetro d’acqua nelle prime due settimane di febbraio, 60 volte di meno rispetto alla media degli ultimi 30 anni, che cosa possiamo aspettarci? Tanta siccità oppure le bombe d’acqua primaverili che magari ti rovinano le colture appena piantate», anticipa Michele Nenz, direttore di Coldiretti, mentre scorre il bollettino straordinario dell’Arpav sulla (non) disponibilità di risorsa idrica a metà mese.

L’altro giorno a Villa Pat di Sedico Coldiretti ha radunato centinaia di agricoltori per intrattenerli sulle nuove opportunità della Politica agricola comunitaria con le scelte per le prossime campagne produttive spiegate dal presidente Alessandro De Rocco e dal professor Angelo Frascarelli, dell’Università di Perugia. Ancora non erano stati resi noti gli ultimi dati dell’Agenzia regionale per l’ambiente. Si sapeva, comunque, che l’approvvigionamento idrico, compresa la riserva nivale, era deficitario.

«Leggendo il nuovo bollettino, c’è davvero di che preoccuparsi», afferma Nenz. «Il motivo? Incrociamo le dita, forse in primavera pioverà. Forse arriverà anche della neve. Per recuperare i 60 millimetri dei primi di febbraio basta un temporale. Ma le bombe d’acqua è meglio addirittura non evocarle; hanno sempre fatto danni».

Tra marzo e aprile scatteranno le semine, cominceranno a crescere le piantine. «I nostri agricoltori tremano già al pensiero di che cosa potrebbero provocare i temporali in arrivo». E se le precipitazioni non arrivassero? «Sarebbe il disastro, perché la nostra agricoltura non dispone del sistema irriguo della vicina pianura trevigiana. Neppure la Valbelluna. Qui è impossibile irrigare, non ci sono le canalette, non possono esistere. E non si può attingere dal Piave o dal Cordevole».

Se poi ci si rivolge a chi opera in montagna, come Fabrizio Pescosta, presidente di Terra Nostra, si sarà accolti con un sorriso beffardo. Lui ha la malga a passo Valles. «Già l’estate scorsa siamo rimasti senza acqua. Vi immaginate di farcela portare con l’elicottero, come accade nei rifugi?». Tante malghe, per la verità, già si sono dotate di piccoli invasi. «Di fronte al cambiamento climatico è necessario realizzare un piano invasi per contrastare la siccità e aumentare la raccolta di acqua piovana oggi ferma ad appena l’11%», ha sostenuto ieri il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel precisare che «insieme ad Anbi e soggetti pubblici e privati abbiamo pronti una serie di interventi immediatamente cantierabili che garantiscono acqua per gli usi civili, per la produzione agricola e per generare energia pulita».

Il presidente di Coldiretti Belluno dice di condividere: «La nuova Pac porterà sicuramente delle novità positive per le terre alte», puntualizza De Rocco, alla luce di quanto si è dibattuto al convegno di Villa Pat. «I fondi saranno maggiori ma ogni azienda dovrà calarsi all’interno delle opportunità date e sceglie quelle di sua convenienza. È evidente che, considerati i repentini cambiamenti climatici, dovrà essere traguardato anche il tema dell’irrigazione che può fare la differenza consentendo anche di triplicare le rese in campo».

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