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I torrenti sono una distesa di ghiaia. «Disastro annunciato per i pesci»

Allarme in provincia di Belluno: dei due milioni di piccoli esemplari immessi, ne resteranno solo 300mila. Sitran: «Vaia, le piogge torrenziali, le centraline e ora la siccità: non riusciamo più ad uscirne»

Francesco Dal Mas
Aggiornato 2 minuti di lettura

Una veduta del torrente Runal, secondo affluente del lago di Santa Croce, in secca

 

Poveri piccoli cavedani. I pescatori dell’Alpago ne hanno trovati morti tantissimi venerdì 10 marzo alla foce del torrente Runal, il secondo affluente del lago di Santa Croce. Il corso d’acqua è praticamente in secca. Ci sono delle pozze ed è qui che il caratteristico pesce d’acqua dolce si concentra, perché da piccolo preferisce vivere in gruppo.

Il cavedano, tra l’altro, si riproduce da inizio marzo a fine giugno deponendo le uova proprio in fondali ghiaiosi, una femmina può produrre da 20.000 a 90.000 uova che si attaccano ai sassi nel fondo per poi aprirsi dopo circa una settimana. Si capisce da questa notizia qual è l’allarme dei 6 mila pescatori della provincia di Belluno, distribuiti in una dozzina di Bacini.

«La siccità è il colpo di grazia che proprio non ci voleva», afferma Filippo Sitran, il presidente della Federazione dei bacini di pesca. Siccità che significa, di fatto, fiumi e torrenti dimezzati d’acqua, perché alle quote più alte mancano 115 centimetri di neve e, quindi, non ci sono riserve, non c’è scioglimento e i corsi d’acqua in realtà sono torrenti di ghiaia. «Sono inghiaiati al 50%, in qualche caso anche di più».

Per fortuna che tengono – si fa per dire - i bacini, altrimenti sarebbe un disastro.

Numeri allarmanti

Ogni anno vengono immessi almeno 2 milioni di pesci piccoli, per rinnovare la fauna ittica. Novellame di trota marmorata, di fario, di pronta pesca e qualche altra specie. Il 70% non sopravvive, per morte naturale. La siccità comporterà quest’anno un’ulteriore contrazione del 15%. Sitran è così preoccupato che non vuol tirare le somme, anzi le sottrazioni, ma i conti che facciamo ipotizzano la sopravvivenza di neppure 300mila pesci, non di più. Di quelli di ultima semina.

«La quantità degli altri ci è ovviamente ignota», ammette Sitran.

Il problema cormorani

La provincia di Belluno, con i suoi corsi d’acqua e i laghi è sempre stata ritenuta una delle aree d’acqua dolce più pescose. Con appassionati della canna da pesca in arrivo anche dall’estero, perfino dai Paesi Arabi. «Senz’acqua, è ovvio, i pesci non sopravvivono, non hanno spazi adeguati per deporre le uova, guarda caso proprio in questo periodo. Concentrandosi nelle pozze, manca loro l’ossigenazione necessaria, tanto sono numerosi, quindi cedono. Ma», avverte Sitran, «c’è anche un altro pericolo: vengono cacciati dai cormorani e dagli aironi».

Un cormorano ne mangia anche due, tre chili al giorno.

Disastro annunciato

La stagione della pesca sportiva si è aperta in provincia domenica scorsa. Altrove l’avvio è stato rinviato. «Qui di neve ne abbiamo avuta un po’, quindi un rimasuglio d’acqua ancora c’è», fa presente Sitran, «certo è che stiamo transitando da un’emergenza all’altra. Prima la tempesta Vaia, che ha sconquassato i nostri fiumi e torrenti, facendoci perdere 500 mila pesci, per lo più trote marmorate (specie, tra l’altro, in via di estinzione). Poi la necessità dei cantieri di riparazione dei danni, poi la pandemia che ha frenato la nostra attività e quella del ripristino ambientale. A seguire le piogge torrenziali, la siccità dell’anno scorso, quella di quest’anno. Non riusciamo proprio ad andarne fuori. Se ci aggiungiamo le derivazioni d’acqua, le centraline idroelettriche, il deflusso ecologico (e prima quello minimo vitale) il disastro è davvero annunciato».

Il progetto regionale

La Regione Veneto, preoccupata delle conseguenze per la fauna ittica, ha licenziato lo scorso ottobre un progetto di ricostruzione dello stato dei popolamenti delle acque di zona A salmonicola predisposto da Veneto Acque. Lo stanziamento è stato di 2.037.893 euro, finalizzato anche al ripristino della funzionalità dei centri di produzione e riproduzione ittica (cinque in provincia) di specie autoctone di particolare pregio come appunto la trota marmorata.

«Secondo una prima stima degli esperti della Regione per ripopolare i bacini del Piave e del Brenta sono necessari rispettivamente 6 milioni e 3 milioni di avannotti l’anno. Ma la siccità sta complicando tutto», conclude Sitran. Il progetto prevede inoltre alcuni interventi pilota di carattere sperimentale per creare aree di calma per la fauna ittica in due tratte negli alvei dei fiumi Cordevole e Cismon, nonché un pacchetto di linee guida per gli interventi di manutenzione degli alvei fluviali in modo da contemperare le esigenze di sicurezza idraulica del territorio con la tutela della fauna ittica.

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