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La sfida di Borca ai partner olimpici: «Un villaggio c’è già, stateci a sentire»

La candidatura dell’ex colonia Eni sostenuta dalla Provincia: ma la cabina di regia per i Giochi ha già scelto Cortina

marcella corrà
Aggiornato alle 2 minuti di lettura
Una delle villette dell’ex villaggio Eni a Borca di Cadore 

Ospitare il villaggio olimpico a Borca, nell’ex colonia Eni voluta da Enrico Mattei e realizzata su progetto di Edoardo Gellner? Se ne parla da anni, ma solo il 10 marzo è diventata una candidatura concreta, istituzionale: sostenuta dal Comune e dalla Provincia. Dopo che i partner olimpici hanno scelto il prato di Campo, a Cortina, e nonostante i no ricevuti via stampa sia dal presidente Luca Zaia e sia da Luigi Valerio Sant’Andrea, commissario per le infrastrutture olimpiche, Borca ha deciso di mettere sul tavolo la sua proposta, con l’appoggio dell’ente Provincia e della Unione montana del Cadore.

Il 10 marzo il progetto è stato presentato a Palazzo Piloni dal sindaco di Borca, Bortolo Sala, dal consigliere Franco De Bon ad un passo dall’uscita di scena per il commissariamento di San Vito, da Gianluca D’Incà Levis, di Dolomiti Contemporanee, e da Mattia Gosetti, presidente dell’Um Cadore.

Il no di Sant’Andrea ha due argomentazioni fondamentali: la distanza da Cortina e la proprietà privata delle strutture che dovrebbero essere rigenerate e ampliate. A questi dubbi Sala e De Bon rispondono, come avevano fatto direttamente a Sant’Andrea qualche tempo fa, spiegando cosa prevede il progetto.

«Per quanto riguarda la distanza da Cortina, il Cio è disponibile a concedere delle deroghe, se non ci sono alternative», ha spiegato De Bon.

L’altra obiezione, piuttosto sostanziosa, viene superata, come ha spiegato Sala, con la cessione degli edifici e dei terreni necessari da parte del privato o con la formula del comodato d’uso gratuito o con la costituzione di una Fondazione o di altro istituto pubblico-privato.

«Non si possono dare soldi pubblici ad un privato», ha subito messo le mani avanti Sala, «ma se poi quelle strutture rimangono di interesse e uso pubblico e vengono utilizzate dalla comunità, allora il discorso cambia».

Dove realizzare il villaggio

L’ex colonia Eni di Borca è della società Minoter di Cagliari che ha la proprietà dell’ex colonia (30mila metri quadrati di superficie), dell’albergo Boite, del residence, della chiesa, del camping e dei terreni attorno alle villette, 280, che sono state vendute e sono proprietà privata.

L’ex colonia, 15 edifici, ospitava i figli dei dipendenti dell’Eni, fino a 600 bambini per turno oltre a 200 persone di servizio. Sono questi gli edifici che dovrebbero essere ristrutturati per adeguarli alle esigenze attuali di un villaggio olimpico. Dagli ottocento posti di allora si scenderebbe a circa 450. Poi ci sono i 180 posti in albergo e i 220 nel residence.

I posti letto che servono per i Giochi sono circa 1200, ne mancano all’appello quindi 350, che dovrebbero essere realizzati in un nuovo edificio. «Il punto di forza della colonia», ha spiegato Sala, «è l’essere stata costruita bene: dal punto di vista strutturale non ha difetti, mancano le cablature ma Gellner aveva già realizzato le canalette dove i cavi dovranno passare». Che gli edifici e le infrastrutture siano a regola d’arte, lo testimonia il fatto che l’attuale acquedotto di Borca è ancora quello realizzato per il villaggio Eni.

Il dopo Olimpiadi

Lo sguardo del sindaco di Borca, di D’Incà Levis ma anche degli enti pubblici coinvolti, va oltre le Olimpiadi, che sono il mezzo (soprattutto economico) per ridare vita e funzione agli edifici: «Noi guardiamo al 2027», hanno spiegato D’Incà Levis e Sala, «ci sono numerose ipotesi già sul campo, soprattutto sul fronte universitario, già diverse università, sia italiane e sia straniere, sono state interessate. E poi centri di ricerca, centri congressi, un polo scolastico del tipo ski college, e alloggi per residenzialità». E qui Sala ha voluto precisare che al Comune non interessa ritrovarsi con duecento appartamenti come seconde case. «Noi abbiamo bisogno di creare un intervento immobiliare tipo social housing, che destini le nuove costruzioni ad alloggi a prezzo convenzionato, destinati a chi lavora in valle e non trova appartamenti: medici, insegnanti, infermieri e tutte le altre figure professionali che vengono da fuori e che sono costrette a lunghi tragitti perché il mercato delle case è praticamente inaccessibile. Qui non ci devono essere speculazioni di tipo turistico».

La richiesta di Zaia

I promotori, il Comune, l’Unione montana e la Provincia, non ci stanno a sentirsi dire no sui giornali. Chiedono un incontro, un tavolo di confronto al commissario per le opere e alla Regione, dove poter spiegare il progetto (che non ha una previsione di costi in questo momento) e rispondere alle obiezioni.

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