Scuola, a Belluno minacce di azioni legali contro la settimana corta. Il Comprensivo 3 rimanda il progetto
La maggioranza dei genitori chiedeva la settimana corta. La dirigente amareggiata: così a settembre non si parte
Paola Dall’Anese
La settimana corta all’istituto comprensivo 3 di Belluno non partirà a settembre. Malgrado il 65% delle famiglie si siano espresse a favore, la preside è costretta a fare un passo indietro. La comunicazione ai genitori è arrivata tramite lettera. È la stessa dirigente scolastica, Teresa Scimonello, a scrivere alle famiglie del Comprensivo per informarle della situazione e spiegare cosa sia accaduto.
Il sondaggio
Dopo il sondaggio avviato dalla dirigente a febbraio («dietro sollecito di molti di voi», scrive la preside nella lettera ai genitori) per avere dei dati concreti sulle preferenze, «è emerso, in maniera abbastanza omogenea tra i vari plessi, che il 65% delle famiglie è favorevole all’introduzione della settimana corta». Con una punta alle Gabelli di oltre l’80%.
«Il dato è incoraggiante», spiega Scimonello, «ma non al punto tale da poter avviare già dal prossimo settembre tale organizzazione oraria.
La procedura “canonica”, infatti, prevede che le modifiche all’orario delle lezioni vengano deliberate prima del termine delle iscrizioni, quindi entro fine gennaio, a meno che non ci siano richieste massive o situazioni emergenziali o contingenti.
Ritengo, nonostante le tante istanze che ho avuto in un primo momento e a cui avevo cercato come al solito di dare un celere riscontro, che i risultati non siano tali da giustificare una seppur lecita forzatura dei tempi».
A settembre, quindi, non ci saranno cambi di orari, se non qualche aggiustamento determinato da motivi logistici come la mensa, la preaccoglienza e il servizio di trasporto, «nel rispetto delle scelte delle famiglie e del benessere dei bambini».
Perché la settimana corta
La settimana corta, secondo Scimonello, avrebbe garantito una più efficiente organizzazione del servizio del personale amministrativo e dei collaboratori scolastici, vale a dire presenze concentrate su cinque giorni, più vigilanza e pulizie. «Non è né semplice né conveniente gestire all’interno dello stesso istituto personale (già in numero limitato) che lavora su 5 e 6 giorni contemporaneamente.
Peraltro in un istituto con ben sette plessi, alcuni dei quali con criticità più o meno evidenti». La settimana corta sarebbe andata anche incontro alla necessità di ridurre i consumi di gas per il riscaldamento, in un momento in cui ogni tipo di risparmio è importante per far quadrare i conti. E avrebbe rappresentato un risparmio anche per i genitori di chi frequenta le elementari e le medie (gli asili non sono aperti il sabato) soprattutto sul fronte del trasporto.
Il rammarico
La preside evidenzia un particolare di questa vicenda che la rattrista: «Mi rincresce apprendere di genitori che già maturavano di ricorrere ad azioni legali nei miei confronti nel caso in cui avessimo adottato la settimana corta», scrive la dirigente.
«Credo fermamente nel valore delle relazioni, nel confronto pacifico e costruttivo e penso che in questi mesi chiunque abbia avuto bisogno di me e del mio staff abbia sempre trovato una risposta pronta e comunque apertura, disponibilità e cortesia, nel rispetto dei ruoli di ognuno».
La dirigente evidenzia poi che nessuna decisione nel Comprensivo viene presa senza prima aver sentito famiglie, collegio docenti e consiglio d’istituto: «Ragionevolmente ciascuna componente è e deve essere libera di proporre, nella massima libertà e nella condivisione di idee, come è giusto che sia in una comunità che cresce e si adatta ai tempi e alle circostanze».
L’idea della settimana corta, però, non viene abbandonata. Se i tempi sono troppo stretti per il prossimo anno, sarà riproposta il prossimo. «Sempre nella massima trasparenza, nel rispetto reciproco e nella consapevolezza che la sinergia tra le parti fa sempre la differenza nell’azione educativa».
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