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Il bostrico prolifera anche in inverno. «Così caldo e siccità uccidono i boschi bellunesi»

Il professor Faccoli spiega la dinamica dell’infestazione. «Non è colpa di Vaia, anche in Germania ha fatto disastri»

Marcella Corrà
2 minuti di lettura
Carabinieri forestali in un bosco infestato dal bostrico 

Boschi sotto attacco. Prima Vaia poi il bostrico, il coleottero che in 6-7 settimane riesce a uccidere un abete rosso. La tempesta Vaia ha distrutto 38.200 ettari di bosco e 16,5 milioni di metri cubi di legname. Due anni dopo, è arrivato il famigerato bostrico, presente da sempre nei nostri boschi, che ha cominciato ad attaccare gli alberi, sia quelli caduti che quelli rimasti in piedi: un milione di metri cubi nel 2021, 5 milioni nel 2022.

«Un’inversione che non ci aspettavamo»

E in futuro? «Purtroppo non c’è stata l’inversione di tendenza che ci aspettavamo» ha spiegato Massimo Faccoli, docente all’università di Padova, nell’incontro organizzato dai Carabinieri forestali in occasione della Giornata internazionale delle foreste, seguita oggi dalla Giornata internazionale dell’acqua.

La conferenza si è tenuta in prefettura, davanti ad autorità ed esperti, con la partecipazione dell’ente Parco Dolomiti Bellunesi. Ad ascoltare la relazione del professor Faccoli, c’erano anche gli studenti dell’Agrario di Feltre e del Galilei – Tiziano di Belluno.

Prima di ora non si era mai vista una infestazione così grave. Basta un dato per farlo capire: in ogni trappola piazzata nei boschi per monitorare la diffusione del bostrico, in genere si trovano 5mila insetti. Nel 2022 si è passati a 25mila con picchi anche di 80mila.

L’infestazione questa volta non regredisce

Di norma dopo 4-5 anni l’infestazione regredisce. «Ma questa volta non sta accadendo perché i boschi sono stati colpiti da una nuova fase di stress, la grande siccità del 2022 che continua anche adesso. Le alte temperature e la mancanza di gelate invernali hanno consentito al bostrico di resistere nel terreno e sono comparse una seconda e anche una terza generazione di insetti».

Il drammatico quadro del Bellunese e del Nord est italiano non è però il solo in Europa. «In Germania, ad esempio, in pochi anni sono andati persi 178 milioni di metri cubi di abete rosso, che sta scomparendo in tutta la Baviera. E nel 2022 la Francia ha perso 20 milioni di metri cubi di alberi».

Cosa si può fare

C’è qualcosa che si può fare? «Tenere sotto controllo il fenomeno anche usando il satellite», ha detto l’esperto. «Eliminare gli alberi che sono infestati (non quelli già secchi, non serve), tagliare gli abeti vecchi che sono più deboli, impiantare foreste miste.

Collegato da Roma, ad ascoltare i saluti delle autorità (tra cui il generale Pennacchini, comandante dei Carabinieri forestali del Veneto) e dei relatori (il tenente colonnello Stella, il presidente dell’Ordine degli agronomi e forestali di Belluno Martini Barzolai, il dirigente regionale Fontanive), c’era il senatore Luca De Carlo, che ha parlato di cambiamento climatico e riscaldamento globale: «La soluzione per contrastarli non è la decrescita, che non può mai essere felice, ma la valorizzazione anche economica del lavoro degli agricoltori, custodi del patrimonio ambientale e naturale. L’agricoltura è un pilastro per quanto riguarda il contenimento di CO2», ha evidenziato De Carlo. «Non è in pericolo la sopravvivenza della Terra, che nei millenni si è sempre adattata ai cambiamenti che l’hanno colpita, ma la permanenza dell’uomo su questo pianeta: per questo bisogna trovare strumenti innovativi per affrontare le nuove sfide con innovazione, capacità scientifica e modernità. Le foreste quindi vanno viste come una grande opportunità offerta dalla capacità di catturare la CO2».

Un ammonimento alle amministrazioni e alle comunità bellunesi è arrivato da Martini Barzolai: «Nella gestione dei boschi, stop all’intervento delle multinazionali che fanno tagli estesi, usando metodi impropri. Basta sostenere la costruzione di impianti di risalita che non si mantengono dal punto di vista economico e che portano ad un spreco d’acqua, altra risorsa che scarseggia».

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