Uncem all’attacco: «I sovracanoni vadano a Comuni e Unioni montane»
Il presidente nazionale: «Sono compensazioni monetarie per l’utilizzo del bene acqua: strategiche per il territorio»
Francesco Dal Mas
L’Uncem, l’Unione delle Comunità Montane, lancia l’allarme: gli enti rischiano di rimanere senza fondi per la sicurezza idrogeologica. «Produzione idroelettrica e produzione di acqua potabile, grazie a invasi e dighe, vanno di pari passo. Ma le comunità locali», è sceso in campo Marco Bussone, presidente nazionale dell’Uncem, «non possono essere spettatrici, di fronte a multiutilities che utilizzano il bene». Bussone, con il quale si dice puntualmente d’accordo Ennio Vigne, presidente veneto, aggiunge che «canoni e sovracanoni idrici, ovvero le compensazioni monetarie, devono essere per i territori e per le comunità montane non solo compensazione o risarcimento, bensì opportunità di sviluppo per territori fragili e dove si origina e si custodisce il bene acqua. Lo mettiamo a disposizione di tutti».
Per Bussone, e quindi anche per Vigne, «occorre garantire che quei sovracanoni vadano ai Comuni, insieme a Comunità montane e Unioni montane».
«Per quest’anno la Provincia ha messo a disposizione delle Unioni Montane solo 2 dei 15 milioni dei canoni idrici», protesta Marianna Hofer, sindaco di Valle di Cadore. «Corrono indiscrezioni che per il 2024 la cifra sarà zero. Eppure quella somma dovrebbe essere vincolata a determinati capitoli di spesa, quello della sicurezza, in prima istanza». Rassicura il presidente della Provincia, Roberto Padrin: «Per quest’anno sono 2 milioni, ma siamo in attesa di una nuova convenzione. Nel passato abbiamo distribuito anche 5 milioni di euro».
L’assessore regionale Giampaolo Bottacin premette di condividere quanto detto da Bussone «e non potrebbe essere altrimenti, visto e considerato che per esempio per quanto riguarda la Provincia di Belluno, in cui insistono i due terzi degli impianti di produzione idroelettrica, il totale dei canoni vengono incassati da anni dalla Provincia, ovvero dai territori. Analogamente per quanto riguarda i sovracanoni incassati dal Consorzio di Comuni del Bim. E anche per quanto riguarda la partita della quota di energia gratuita monetizzata, l'intero importo viene destinato alla Provincia che li utilizza sul territorio in accordo con i sindaci. Autonomia vera e realizzata».
Bottacin ricorda che da presidente della Provincia riservava il 50% per cento dei canoni alle Comunità Montane. Ricorda pure che «dopo il riconoscimento del 100% dei canoni alla Provincia è stato grazie a un mio emendamento che nel 2008 i canoni sono raddoppiati e quindi sono raddoppiate le risorse sul territorio. Analogamente per quanto riguarda la legge regionale che ho fatto approvare e che obbliga i produttori di energia idroelettrica a riconoscere una percentuale di energia ai territori, quantificata in euro».
E questa legge, approvata dalla Regione recentemente si traduce in ulteriori importanti risorse. Per Leandro Grones, sindaco di Livinallongo, «il tema da porre con forza sul tavolo della politica nazionale è semmai quello di rivalutare il valore dell’acqua, che certamente non è più quello di un tempo, e la destinazione delle risorse». Secondo Grones, devono essere tenuti in considerazione «tutti, ma proprio tutti, gli utilizzi dell’acqua proveniente dalla montagna, ma anche l’attuale cronica carenza idrica, per dare un equo valore - che è molto, ma molto più alto dell’attuale - a questa importantissima risorsa montana da destinare totalmente ai Comuni e alle comunità montane».
Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo, non ha dubbi: «Unioni montane e Comuni debbono indubbiamente ricevere di più. O, quanto meno, bisogna accrescere gli investimenti nella sicurezza. Ma la mia grave preoccupazione è che a qualche collega non venga la tentazione di riempire fiumi e torrenti di derivazioni, di centraline, per fare cassa. Senza tener conto che di acqua ne avremo sempre meno».
Ma la grande sfida sarà quella del rinnovo delle concessioni delle grandi derivazioni del 2029, insiste De Pellegrin. «La partita del 2029 prevede la possibilità di creare una società mista pubblico - privato o di una gara a evidenza pubblica per il rinnovo delle concessioni», ricorda Bottacin. «E stiamo parlando di una partita di diverse decine di milioni di euro all'anno visto che il nuovo canone partirà da una quota fissa di 40 euro al chilowatt più una quota variabile (in gara appunto) di almeno il 5 percento del ricavo dall'energia prodotta».
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