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La tassa di soggiorno in montagna è sempre più cara, «Ma non si investe nei servizi per il turista»

Gli albergatori chiedono più trasparenza: «Fateci vedere dove finiscono i soldi, non siamo il bancomat dei Comuni»

Francesco Dal Mas
2 minuti di lettura

«Cari sindaci, il turismo non è il bancomat dei Comuni, della politica». Walter De Cassan presidente di Federalberghi, sta raccogliendo il disagio dei colleghi per l’aumento, a volte il raddoppio, della tassa di soggiorno. E lo rilancia. «La maggior parte dei sindaci ha imposto gli incrementi senza nemmeno avvertirci. Abbiamo chiesto spiegazioni, non ci hanno neppure risposto. E la novità degli ultimi giorni è anche il raddoppio della burocrazia: il ministero del Turismo dice che la rendicontazione la dobbiamo fare solo a loro, una volta l’anno. I sindaci la pretendono anche per il Comune, almeno ogni quadrimestre. Si badi, la stessissima documentazione».

Secondo una stima, nel 2022 i Comuni bellunesi dovrebbero aver incassato 3,5 milioni di euro dalla tassa di soggiorno. L’Osservatorio nazionale di Jfc ha segnalato in questi giorni che la tassa è in procinto di raddoppiare a Malcesine, a Garda, a Fano, a Montignoso come pure a Falcade, «non senza polemiche da parte delle associazioni e degli operatori».

Che cosa accade nel capoluogo della valle del Biois? Il Comune ha deciso che per gli alberghi di 4 e 5 stelle si passerà da 1,50 a 2,50 euro, per i 3 stelle e residence analoghi da 1 a 2 euro, per gli alberghi e i residence da 1 a 2 stelle da 0,50 a 1 euro, così pure per affittacamere rifugi escursionistici, appartamenti vacanze e B&B; da 0,20 a 0,40 euro per rifugi alpini e campeggi. All’annuncio ha protestato l’Ascom. Il sindaco Mauro Salvaterra ha replicato che si è trattato di una scelta condivisa tra tutti gli amministratori dell’Agordino. Ha ammesso che «gli aumenti sono sempre sgraditi, ma ci siamo allineati al mercato».

Antonella Schena conduce, in centro a Falcade, l’hotel Stella Alpina ed è presidente di Promofalcade: «Penso che l’aumento della tassa di soggiorno non sia un male», afferma, «a patto che gli introiti vengano effettivamente utilizzati per migliorare i servizi e l’offerta turistica del territorio. Gli ospiti che soggiornano a Falcade non hanno mai avanzato obiezioni per il pagamento, ma giustamente si aspettano da questo un risultato visibile. Se tornano l’anno successivo apprezzano di vedere che i soldi della tassa di soggiorno sono stati utilizzati bene».

«Proprio questo è il punto», insiste De Cassan. «Non si sa dove vada a finire la tassa di soggiorno. Genericamente, si spiega, per il turismo. Ma siccome non vediamo granché di promozione o di altri interventi per il settore, abbiamo l’impressione che torni utile ai sindaci soltanto per riportare in riequilibrio i bilanci».

Falcade fa scattare gli aumenti dal 1° luglio. «Dal punto di vista delle tempistiche, come operatori turistici, avremmo auspicato una condivisione di idee», puntualizza Schena, «perché farlo iniziare al primo luglio, a stagione già iniziata crea confusione nei conteggi e nella comunicazione».

Nel merito, poi, degli aumenti, De Cassan vorrebbe sapere dai sindaci un altro particolare. «Perché gli incrementi sono più consistenti per gli alberghi da 1 a 2 stelle e meno per quelli da 3 a 5? «I primi passano da 0,50 a 1,5 euro, quindi triplicano; gli altri neppure raddoppiano. Nel caso dell’Agordino, si affermano che tutti i sindaci applicano le medesime tariffe, quindi anche gli stessi aumenti. Invece non è assolutamente vero».

Da questo punto di vista, Massimiliano Schiavon, presidente di Federalberghi del Veneto, ha lanciato uno specifico allarme. Comune che vai, tassa di soggiorno che trovi. «Va a finire che a pagare sono sempre i soliti noti. C’è tutto un sistema del ricettivo sommerso», formato anche dalle locazioni brevi, «che sfugge dall’imposta».

Si creano così due categorie, i sommersi e i condannati al pagamento della tassa di soggiorno, in cui a rimetterci sono gli albergatori che hanno svolto il loro lavoro alla luce del sole. «Se si partisse da qui, se si iniziasse a spalmare l’imposta su queste realtà che svolgono lo stesso lavoro ma senza sentire il peso di questo onere, allora non ci sarebbe bisogno di aumentare la tassa».

Incremento che preoccupa anche il presidente regionale di Confturismo Veneto, Marco Michielli. «Si sta varcando una soglia pericolosa: si rischia di diventare meno competitivi. A pagare, tra l’altro, è il turista pernottante, il migliore dal punto di vista economico perché lascia centinaia di euro al giorno sul territorio. Il turismo mordi e fuggi non porta soldi e non viene tassato».

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