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Fondazione al lavoro sul rapporto Unesco, «Solo i ciechi non vedono la crisi climatica»

La direttrice Nemela: riferiremo a Parigi i nostri dubbi sugli eccessi del turismo e sui nuovi progetti infrastrutturali

Francesco Dal Mas
2 minuti di lettura

Il Patrimonio Mondiale delle Dolomiti Unesco non è più quello di sei anni fa. È stato gravemente intaccato dai cambiamenti climatici. Lo dettaglia, puntualmente, il rapporto della Fondazione Dolomiti Unesco, con sede a Cortina. Si tratta del rapporto periodico previsto dalla Convenzione per il Patrimonio Mondiale.

«Solo i ciechi non vedono che, specie dalla tempesta Vaia in avanti sono evidenti i cambiamenti imposti dal clima sulle Dolomiti. Non solo le tempeste, ma anche l’esplosione del bostrico», esemplifica Mara Nemela, la direttrice della Fondazione, «sono alcuni di questi effetti. E da qualche anno anche la siccità, prima ancora il ritiro dei ghiacciai».

Le Dolomiti, insomma, non sono più quelle sottoposte alla protezione Unesco. Non lo sono per il paesaggio, neppure per l’assetto geologico. Si rischia, dunque, di uscire dalla protezione Unesco? «Assolutamente no», assicura Nemela. Anzi, la gestione del patrimonio, così come viene assicurata dalla Fondazione, è tale per cui Parigi, dove ha sede l’organizzazione, non avverte la necessità di particolari ispezioni. Certo, nel rapporto si darà conto di taluni fenomeni che preoccupano quanti hanno a cuore l’integrità di questo patrimonio. «Riferiremo di ciò che potrebbero provocare gli eccessi della presenza turistica in determinati siti e in limitati periodi dell’anno», precisa la direttrice. «Riferiremo anche dei progetti infrastrutturali in atto che potrebbero avere qualche conseguenza sull’ambiente».

Per il momento, però, alla Fondazione di Cortina non sono stato ancora recapitati i progetti degli eventuali collegamenti sciistici. «Noi riferiamo, non è nostro compito entrare nel merito di atti che derivano da legittime attese delle comunità locali e delle loro istituzioni. Sarà semmai l’Unesco a farsi avanti», precisa Nemela, che assicura la puntualità delle analisi da parte di tecnici, esperti, consulenti, oltre che dei funzionari, col pieno e leale appoggio – come tiene a far sapere – delle istituzioni.

Il 2023 sarà dunque molto importante per verificare lo stato di salute delle Dolomiti Patrimonio Mondiale: il percorso di autovalutazione e rendicontazione sulla conservazione e gestione del Bene, che condurrà alla stesura del rapporto periodico previsto dalla Convenzione per il Patrimonio Mondiale, è già iniziato da qualche tempo. Si tratta del secondo rapporto dall’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale, avvenuta nel 2009. Il primo era stato realizzato nel 2014, si apre ora un nuovo ciclo di valutazione, che coinvolge i Siti Unesco di Europa e Nord America.

Lo scopo della procedura è il monitoraggio della conservazione globale, basato su un processo di autovalutazione a livello nazionale e a livello locale: la prima parte verrà infatti compilata dagli organismi nazionali e dagli organismi consultivi, la seconda parte dagli enti gestori del bene e quindi, nel caso delle Dolomiti, dalla Fondazione Dolomiti Unesco.

Si tratta, in estrema sintesi, di una sorta di “check-up” per comprendere lo stato del bene e per orientare al meglio le politiche di gestione. Il monitoraggio riguarderà alcuni aspetti precisi: oltre, naturalmente, allo stato di conservazione ambientale per valutare i fattori che influenzano l’integrità del sito, verranno analizzati anche l’adeguatezza delle risorse finanziarie e umane destinate alla gestione, la funzionalità della governance dal punto di vista giuridico e del coinvolgimento delle parti interessate, le sinergie attivate, l’influsso del riconoscimento sulla sostenibilità ambientale e l’inclusività dello sviluppo, sia sociale che economico. Rispetto al precedente ciclo di monitoraggio è stata posta ancora più enfasi sul tema dello sviluppo sostenibile: un’occasione per mettere a fuoco il nodo più delicato e, al tempo stesso, decisivo per le Dolomiti, ovvero il rapporto tra la conservazione attiva del bene e la vita delle popolazioni che abitano le vallate.

«Per la Fondazione Dolomiti Unesco», spiega Nemela, «si tratterà di tradurre in un unico documento le informazioni e i dati che già vengono raccolti tramite le reti funzionali e gli organi tecnici e scientifici delle province e regioni interessate dal riconoscimento. Il bene Dolomiti insiste, infatti, su un territorio vasto, distribuito tra enti locali che già applicano i propri sistemi di monitoraggio e tutela dell’ambiente, il compito della Fondazione è monitorare e interpretare i dati in chiave unitaria in relazione al Patrimonio».

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