Safilo conferma, trattativa avanzata: futuro incerto per un centinaio di operai
La trattativa: Thélios assorbirebbe più della metà dei 464 lavoratori e molti potrebbero agganciare la pensione grazie agli incentivi
Paola Dall’Anese
Alla Safilo di Longarone si inizia a ragionare sul futuro dei 464 lavoratori. Al tavolo tecnico svoltosi ieri mattina nella fabbrica longaronese tra sindacati di categoria e vertici della società, tavolo fortemente voluto dall’assessore regionale Elena Donazzan, si è iniziato a fare qualche ragionamento in merito ai possibili scenari per i dipendenti.
Il gruppo Safilo ha parlato delle trattative in corso, ricordando che ci sono società interessate ad acquisire lo stabilimento. Solo con una di queste il confronto è in stato di avanzamento. Sul nome di questa società i vertici di Safilo non si sono sbilanciati, ma è ormai chiaro che si tratta di Thélios.
L’acquirente, secondo quanto riferito da Safilo, è intenzionato ad assorbire oltre la metà degli attuali dipendenti della fabbrica di Longarone, forse 250 lavoratori. «Safilo ha però sottolineato che il quadro è in evoluzione e non è assolutamente definito», riferiscono i segretari Rosario Martines della Uiltec Uil, Giampiero Marra della Filctem Cgil e Gianno Boato della Femca Cisl.
Il conto degli addetti
La storica azienda dell’occhialeria ha portato al tavolo anche i numeri dei dipendenti e le loro età. Ad oggi in fabbrica lavorando 464 persone: 170 sono impegnati nella pregalvanica, galvanica e verniciatura - settore che interessa principalmente al futuro acquirente -, 190 sono impiegati al finissaggio e all’assemblaggio e un centinaio fanno parte dello staff.
Sul totale dei dipendenti, 135 hanno più di 55 anni, 254 hanno tra i 45 e i 55 e 75 sono sotto i 45 anni. Perché parlare di questo al tavolo di ieri? Lo ha spiegato Boato: «Si è fatto un ragionamento sul personale, per iniziare a considerare eventuali incentivi per coloro a cui mancano pochi anni alla pensione. Alla resa dei conti, queste persone, grazie alla messa in campo di scivoli economici pagati da Safilo, potrebbero uscire dall’azienda e anche dal conteggio totale dei lavoratori da ricollocare».
Quanti da ricollocare?
Da quanto si sa ci sono una cinquantina di lavoratori che hanno maturato l’età per la pensione. Se a questi si aggiungono altri cinquanta dipendenti (o anche di più) over 55 che possano agganciare la pensione, dietro pagamento di una somma garantita per tutto il tempo necessario per maturare i contributi, il numero di addetti dello stabilimento di Longarone da ricollocare si ridurrebbe di molto. facendo due calcoli, dei 464 dipendenti, 250 verrebbero riassorbiti da Thélios, un altro centinaio almeno potrebbe andare in pensione, ai restanti si dovrebbe trovare un nuovo posto.
I posti a Santa Maria di Sala
«Tra quelli che restano da ricollocare, circa dieci potrebbero essere riassorbiti, qualora ne facessero richiesta, nello stabilimento Safilo di Santa Maria di Sala», precisa Martines, «dove l’azienda ha intenzione di spostare le lavorazioni oggi presenti nel Bellunese». Alla fine rimarrebbero meno di cento persone da sistemare dopo la vendita. Questo, però, non giustifica il fatto che Safilo voglia chiudere «un sito produttivo pur con risultati finanziari in crescita. È questa la vera anomalia di questa partita», ribadisce Marra.
Le richieste dei sindacati
La situazione pare quindi delinearsi, anche se i sindacati (ieri erano presenti anche i segretari regionali delle tre organizzazioni di categoria) pressano Safilo: «L’azienda deve dare continuità produttiva allo stabilimento fino a quando non sarà conclusa l’operazione di cessione. E deve chiedere con forza a chi le subentrerà di farsi carico di tutti i lavoratori, perché per noi, come abbiamo ribadito da subito, tutti i lavoratori dovranno trovare una collocazione», dicono Boato, Marra, e Martines. «Se questo non dovesse avvenire, dovrà essere Safilo, in virtù del principio di responsabilità sociale, a garantire le risorse perché questo si verifichi. Con il piano industriale dell’acquirente in mano, siamo pronti a ragionare sugli accordi sindacali perché nessuno resti indietro».
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