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Troppo traffico e rumori: in Valbelluna sei coppie di aquile hanno difficoltà a fare i nidi

Lo studio dell’ornitologo Roberto Gugliemi. Spesso elicotteri e velivoli “frenano” la riproduzione tra Valbelluna e Prealpi

Francesco Dal Mas
3 minuti di lettura
L'aquila fotografata nel Bellunese da Michele Mendi 

Tra la Valbelluna e le Prealpi Trevigiane vivono cinque o sei coppie di aquile reali. Dal Monte Cesen al Col Visentin. Ma non riescono a nidificare. O lo fanno con difficoltà, perché disturbate dai troppi rumori, in particolare dalla presenza di escursionisti, parapendii, elicotteri. È l’allarme dell’ornitologo Roberto Gugliemi che pubblica uno studio scientifico su due di queste coppie, in volume per De Bastiani Editore, accompagnato da una prefazione della Lipu.

«L’aquila reale mi ha attratto da sempre. Nessun ornitologo è immune al suo fascino, così come nessun essere umano è mai restato indifferente di fronte alle notizie sul suo conto. Questo accade principalmente perché l’aquila racchiude in sé l’immagine simbolica della potenza, della fierezza e del dominio, tre parole chiave per la storia dell’umanità» afferma Roberto Guglielmi.

Alcune foto tratte dallo studio scientifico di Roberto Guglielmi 

Laurea in scienze naturali, Guglielmi, delegato della Lega Italiana Protezione Uccelli di Vittorio Veneto, città in cui insegna, da cinque anni sta studiando il volo e la nidificazione delle aquile reali: «Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, riuscii a contattare le aquile da diversi punti di osservazione, lungo un fronte di 15 km», racconta. «Grazie ad alcune fotografie che riuscii a scattare, fui in grado di capire che l’aquila che avevo fotografato il 25 novembre 2020, da un certo punto di osservazione, era la stessa che avevo già fotografato un mese prima, sempre dallo stesso punto di osservazione. Quella stessa aquila, l’avrei fotografata ad aprile 2021, da un punto poco distante».

Guglielmi decide, a quel punto, di formare un gruppo di rilevatori, coinvolgendo colleghi naturalisti e appassionati della Lipu. Organizza quattro postazioni, ciascuna con almeno due rilevatori, distanti l’una dall’altra, in media, 4,7 km, lungo un fronte di 17 km. «Il destino ha voluto che, proprio quel giorno, che sanciva il battesimo di questa nuova ricerca, due squadre di rilevatori contattassero ciascuna una coppia di aquile, negli stessi minuti. Non c’erano più dubbi: le coppie territoriali di aquila reale erano due».

Da dicembre 2020 a luglio 2021 Guglielmi ha organizzato 99 sessioni di monitoraggio, della durata complessiva di 337 ore e 54 minuti. Risultato? Sono stati scoperti due nidi attivi di aquila reale, scoperti a fine febbraio 2021. «In uno di questi, già a novembre 2020 avevo visto portare rami da un’aquila adulta. Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, assistemmo, con il fiato in gola, alle copule: era il segnale che, forse, la nidificazione sarebbe stata intrapresa. Purtroppo, nelle immediate vicinanze, un elicottero del soccorso alpino cominciò a svolgere esercitazioni, producendo un frastuono enorme e arrecando grande disturbo alle aquile, in una fase delicatissima del ciclo biologico, quando è molto alto il rischio di abbandono della nidificazione. Raccolsi foto documentative e allertai immediatamente i carabinieri forestali, per segnalare la presenza del nido e chiedere che le esercitazioni venissero spostate».

Così avvenne, e la nidificazione ha potuto procedere indisturbata. La prima schiusa avvenne il 25 aprile, la seconda il 6 maggio. Nel mese di luglio, gli involi. Guglielmi è riuscita a registrare anche le predazioni: due lepri comuni, due caprioli e uno scoiattolo. «Oltre a seguire l’andamento delle due nidificazioni, abbiamo anche censito altre 4 aquile, di cui 3 immature e una adulta. In totale, la popolazione di aquile reali presenti sulle Prealpi trevigiane e bellunesi, ammonta quindi a ben 10 individui».

L’anno scorso, purtroppo, entrambe le coppie di aquila reale non si sono riprodotte. «Uno dei fattori che possono indurre la coppia di aquile a interrompere la nidificazione è il disturbo», sottolinea Guglielmi. «Le aquile adulte – soprattutto la femmina, che è quella più presente al nido – a causa del sorvolo ripetuto di velivoli sul nido, hanno ridotto i tempi di cova e di accudimento del piccolo, e hanno sottratto tempo alle attività di caccia – cosa peraltro già segnalata in letteratura, per casi analoghi –, con il piccolo bisognoso di cibo, preferendo tornare al nido, ma senza preda, dopo l’allontanamento spontaneo degli escursionisti, solo per controllare che il piccolo stesse bene e non fosse in pericolo».

Nel 2022, la femmina di una coppia ha covato per circa due mesi, per poi abbandonare il nido, per motivi ignoti. «Essere testimoni di queste difficoltà, da parte delle aquile, e non poter fare niente per intervenire e risolverle, è frustrante».

Il ricercatore ricorda, al riguardo che l’aquila reale è una specie particolarmente protetta, in base ad una legge ancora del 1992, ma che, al di fuori dei Parchi, ancora non gode di adeguata protezione. «Il messaggio più importante con questo studio», conclude Guglielmi, «è quello di educare le persone, a partire dalle giovani generazioni, al rispetto della montagna come habitat per gli animali selvatici, senza vedere in essa soltanto un mero luogo per il divertimento all’aria aperta, come purtroppo spesso accade».

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