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Pecore dell’Alpago a rischio, il lupo ne ha già uccise 560

Nel fine settimana ne sono state uccise 37, gli allevatori minacciano di lasciare. «Abbiamo reti alte fino a un metro e mezzo, ma vengono saltate agevolmente»

CHIES D’ALPAGO Francesco Dal Mas
Aggiornato alle 2 minuti di lettura
Un gruppo di pecore uccise dai lupi negli assalti delle scorse notti in Alpago 

Tra le 7 e le 7. 30 di sera è tutto un canto sulle pendici boscose della Conca. “Il concerto della caccia” lo chiama Adriano Pedol, di San Martino. Risultato di tanta festa? «In meno di una settimana sono stati predate dai lupi 37 pecore e agnelli», racconta Zaccaria Tona, presidente della Cooperativa Farjma. «Ho fatto un po’ di conti e ho scoperto che in 4 anni e mezzo ci sono stati sottratti 560 capi. Le pecore alpagote sono 3mila». E quindi? «Beh, è evidente il pericolo estinzione», ammette Tona.

Pedol fa l’allevatore da 42 anni. Ha un gregge di 120 pecore. Il suo racconto dice tutto. «Nella notte tra sabato e domenica il lupo mi ha predato 4 pecore e 6 agnelli. Nella notte successiva, tra domenica e lunedì, una pecora gravida e un agnello. Ho il recinto a 40 metri dalle case, poco sotto la chiesa di San Martino. Le reti elettrificate si alzavano per un metro e 15 centimetri. Non mi sono più fidato, sentendo il canto serale dei lupi. Le ho alzate fino a un metro e 45. Eppure il lupo è riuscito a saltare».

Amara la scoperta domenica mattina. «Domenica sera sono stato di veglia fino alle 22.30, immaginando che il lupo sarebbe tornato. Infatti l’avevo sentito cantare di nuovo. Ma le pecore pascolavano tranquille, gli agnelli pure. Era un piacere vederli. Sono ritornato a casa per compilare la documentazione per gli indennizzi dei capi razziati. Quando mancava un quarto a mezzanotte sono ritornato al recinto. Ed ho trovato le povere bestie che “davano di testa”. Ho spento la corrente e sono entrato, riscontrando le nuove predazioni. A quel punto ho deciso di fermarmi tutta la notte. Ma non posso andare avanti così. Sono indeciso se continuare».

Pedol, si badi, ha 8 reti lunghe ciascuna 50 metri. Ma evidentemente non bastano. Come non è sufficiente la presenza di cani pastore. E lui ne ha anche di questi.

Alessandro Fulin è allevatore a Tambre, con una decina di recinti, tutti organizzati al meglio. Anche perché lui fa selezione di specie diverse. Ieri è corso da un recinto all’altro per irrobustire ancora di più le protezioni. Ha infatti subito due attacchi, nelle ultime notti. Nel primo ha perso ben 18 pecore, nel secondo 9. Teme il terzo. In quatro anni ha perso 150 capi. Con coraggio, continua. «Non ho tempo, non ho tempo, devo correre prima di rischiare di perdere altre pecore», ci diceva ieri sul far della sera, con tono affannato.

In Alpago, dunque, le pecore sono 3mila, distribuite fra 90 allevatori, di cui 80 hobbisti, gli altri a livello imprenditoriale. «Una presenza così massiva di lupi induce numerosi di noi ad abbandonare l’attività», afferma Tona, «e non c’è risarcimento che tenga: una pecora ha un valore di circa 500 euro, la regione interviene con 150, ma solo lo smaltimento costa 60 euro a capo. Inoltre, l’Alpago corre il rischio di perdere un’importante specificità economica, colturale. Si pensi a che cosa rappresenta la pecora alpagota, all’indotto, alle lavorazioni che permette».

Il presidente di Fardjma sottolinea un altro aspetto importante. «Le 3mila pecore tengono pulite ben 1400 particelle di pascolo, prato, bosco. Là dove l’uomo non oserebbe operare. Quindi il pericolo dell’inselvatichimento dell’Alpago è reale».

Tona non spinge per la caccia al lupo, per l’abbattimento della specie, ma sicuramente – spiega – per il suo contenimento. «Qui in Alpago ne contiamo ormai a decine».

Come non bastassero i problemi relativi alla sopravvivenza della specie, altri incombono: la lana alpagota è molto pregiata, ma la lavatura avviene soltanto in un apposito impianto in Toscana e recentemente si sono complicate le norme relative al suo trasporto. Dalla Toscana torna indietro la lana lavata che viene lavorata a Follina, dal lanificio Paoletti. «Abbiamo un ottimo rapporto, ma», afferma Tona, «con queste prospettive all’orizzonte non mancano i problemi» .

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