Innovatek vuole Safilo 2: «Piano triennale, subito 50 assunti e investimenti per dieci milioni»
Il presidente Gianfranco Moretton spiega l’operazione per l’acquisizione dello stabilimento longaronese: «Non siamo degli sprovveduti, abbiamo le idee ben chiare e andremo avanti speditamente»
paola dall’anese
Il piano industriale per Longarone, che si realizzerà nell’arco di un triennio, è pronto e ambizioso e in gran parte sarà svelato martedì all’incontro con i sindacati e la Regione Veneto. Il presidente del consiglio di amministrazione della newco Innovatek, Gianfranco Moretton, in qualità di secondo player per l’acquisizione dello stabilimento Safilo 2 di Longarone, accetta di parlare di questa operazione.
Figura di spicco della politica friulana, Moretton fino a 12 anni fa era impegnato nelle istituzioni, soprattutto regionali, passando dall’assessorato all’industria («quando c’erano crisi aziendali molto pesanti», dice), alla vice presidenza con Illy, «ma sono stato anche sindaco di Fiume Veneto». Una decina di anni fa ha deciso di voltare pagina, «perchè volevo conoscere questo mondo straordinario dell’industria».

Lo stabilimento Safilo 2 di Longarone
Cos’è Innovatek, dottor Moretton?
«È una società nuova che ha poco più di un anno. È lo strumento che, se tutte le cose andranno bene, ci permetterà di acquisire lo stabilimento Safilo 2 di Longarone. Azionista unico è Carlo Fulchir, imprenditore di lungo corso che conosco da fine anni Ottanta e che ha dimostrato di essere innovativo e capace di guardare lontano, realizzando iniziative che hanno dato lavoro a migliaia di persone».
Perché l’interesse per Longarone?
«Abbiamo appreso dagli organi di stampa che c’era una situazione pericolosa a Longarone che avrebbe portato quasi 500 persone a perdere il lavoro e così ci siamo avvicinati per capire in cosa consisteva questa operazione di ristrutturazione. Con Safilo, d’altra parte, avevamo avuto già contatti qualche anno fa quando i figli di Fulchir hanno rilevato la fabbrica di Martignacco riuscendo a rilanciarla. Abbiamo pensato che potevamo fare qualcosa di buono ed eccoci qui. A noi interessa l’intrapresa industriale, ma soprattutto la soluzione di problemi sociali: e a Longarone ci sono 208 persone che hanno necessità di vedersi garantito il futuro, di avere un piano industriale che dia rassicurazioni sul fatto che l’industria andrà avanti, che crescerà e che non sarà in concorrenza con le altre imprese presenti nel Longaronese».
Martedì presenterete il piano industriale al tavolo regionale.
«Le parti con cui instaurare dei rapporti sono tante: ci sono Safilo, i sindacati con cui abbiamo sempre avuto degli ottimi rapporti, i lavoratori, le istituzioni, a partire dalla Regione Veneto che si sta impegnando molto e dal sindaco Padrin con cui abbiamo già avuto dei contatti».
Quali sono i piani per Longarone?
«In linea di massima, come diremo martedì ai sindacati, l’obiettivo è riassorbire tutte le 208 persone nel giro di un triennio, anche se c’è il desiderio di diminuire i tempi. Noi siamo pronti a partire a settembre con l’attività di finissaggio, chiamando da subito 40-50 dipendenti di Safilo, se ci sono le condizioni. Poi negli anni successivi aumenteremo il numero di assunti, fino ad arrivare a 208 al terzo anno. Tutto dovrà passare tramite una ristrutturazione aziendale per dare un’ulteriore garanzia a tutti i lavoratori e gli ammortizzatori sociali più opportuni per i lavoratori».
Un piano ambizioso ...
«Un piano industriale che abbiamo studiato insieme a una società internazionale di revisione contabile quinta al mondo, la BDO, segno che si tratta di una cosa seria, come lo siamo noi. Si farà tutto di comune accordo con sindacati, Regione e Ministero. Nel secondo anno, sono previsti degli investimenti per 9-10 milioni di euro – la copertura finanziaria c’è – per l’acquisto di macchinari. Produrremo per terzi, ma anche qualcosa di nostro che ci riserviamo di spiegare martedì. Sarà una cosa interessante che non farà concorrenza alle altre imprese del settore. Abbiamo a cuore il rispetto di questo territorio in cui la gente ha voglia di fare, ama il lavoro e il livello di produttività è eccezionale, per cui vale la pena di investire per dare soddisfazione a tutti».
I sindacati si dicono preoccupati del fatto che una impresa piccola possa resistere agli sbalzi del mercato, come invece può fare un gruppo come Thélios.
«La nostra non è una piccola impresa, visto che partiamo con oltre 200 dipendenti. Noi siamo sicuri di andare avanti speditamente. Non siamo sprovveduti, abbiamo le idee chiare, abbiamo un pedigree di tutto rispetto. Certo qualche difficoltà lungo la strada c’è stata ma chi non ne ha? E poi qui c’è l’imprenditore che si può toccare con mano, mentre in altre realtà produttive magari molto grandi dietro ci sono dei fondi di investimento. Non ho dubbi che riusciremo a instaurare un buon rapporto con i sindacati nell’interesse reciproco soprattutto delle maestranze». paola dall’anese
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