Dolomiti, nel bellunese i rifugi allungano l’estate: «Molti apriranno anche a ottobre»
Bella stagione e presenza di turisti (soprattutto stranieri). Numerosi gestori vanno avanti: «L’estate è andata bene»
Francesco Dal Mas
“Ultimo weekend” annunciava l’altro ieri il Rifugio Pramperet, in Comune di Val di Zoldo, tappa importante dell’Alta Via 1. È la prima struttura a chiudere la stagione, intorno alla data classica – per il Cai – del 20 settembre. Ma gli appassionati di alta montagna potranno contare su tutti i rifugi aperti almeno fino a domenica prossima, tanti fino a fine mese.
«Scendo solo a fine mese», anticipa Venturino De Bona, dai 3mila metri del monte Civetta. Lui è stato l’ultimo ad aprire, durante le piogge di luglio. Di solito era il primo a chiudere, perché salire al Torrani è tutt’altro che una passeggiata; ci vogliono più di tre ore e bisogna anche arrampicare. «Continuo l’attività perché ci sono numerosi stranieri che ci stanno raggiungendo. E nei fine settimana anche gli italiani», racconta Venturino. Un bilancio dell’estate? «Sufficiente, ma poteva andar peggio, considerato l’avvio», ammette.
Meno degli altri anni anche gli scalatori, quelli della parete Nord, come testimoniano da Rifugio Tissi (ancora una settimana di attività). I crolli hanno tenuto lontani soprattutto gli italiani; un grande ghiaione ha coperto il sentiero di accesso. Ma trovare qualcuno che si lamenti lungo le Alte Vie, soprattutto le prime due (da Braies a Belluno, da Bressanone a Feltre), è davvero difficile. «La Braies-Belluno, soprattutto nella prima parte, fino a Civetta, ha fatto il pieno», sorride Mario Fiorentini dal “Città di Fiume”, ai piedi del Pelmo, «nel vero senso della parola. La maggior parte dei rifugi avevano il pieno già dalla primavera scorsa, con prenotazioni perfino dal mese di maggio, quando, di conseguenza, sono avvenute le prime aperture». Il “Città di Fiume” chiude soltanto la prima domenica di ottobre, mentre l’Aquileia, che si trova in valle, continuerà a operare nei fine settimana, almeno quelli di bel tempo.
Sulle Vette Feltrine il Dal Piaz festeggerà, il prossimo fine settimana, i primi 60 anni, per poi sospendere il servizio. Ma se il bel tempo non tradirà, di sabato e di domenica la struttura continuerà a garantire l’accoglienza. Dall’altra parte della provincia, la strada delle Tre Cime continuerà a essere accessibile ancora per un mese. L’afflusso è sempre massiccio, specie dalla Val Pusteria. Il rifugio Auronzo non si riposerà fino a che saliranno auto e pullman. Lo conferma il Cai di Auronzo. Il Locatelli e il Lavaredo, invece, incroceranno le braccia per il meritato riposo da lunedì 25 settembre. Non lo farà Giuseppe Monti, al Carducci, sopra Auronzo, che andrà avanti quanto meno fino al primo weekend di ottobre. Non vorrebbe smettere neanche Bruno Martini, storico rifugio del Calvi, ai piedi del Popera; è in età di pensione, i tanti amici lo incoraggiano a restare. Quest’estate, però, ha attraversato giorni difficili per le colate di ghiaia e fango; lui, però, sempre avanti. È lo spirito che anima anche la gestione del Padova, ai piedi degli Spalti di Toro, che conferma la tradizionale destagionalizzazione, fino all’autunno inoltrato. Come del resto faranno i rifugi Chiggiato e Antelao.
Tra i rifugi alpini, la sfida delle aperture sarà però ancora una volta appannaggio di Giorgio Scola, gestore del “Dolomites”, ai 2180 metri del monte Rite. Anche se a fine settembre chiuderà i battenti il “museo fra le nuvole” di Reinhold Messner, lui li terrà aperti – quelli del rifugio – anche se arriveranno due metri di neve. «Ho acquistato il “gattino delle nevi” proprio per battere la strada, perché», conferma, «io abito proprio quassù».
Tirando un primo, sommario bilancio della stagione, il presidente regionale del Cai, Renato Frigo, si dice soddisfatto. Anzi, tira un sospirone di sollievo davvero profondo, perchè è stata evitata quella pericolosa emergenza siccità che l'anno scorso aveva costretto numerosi rifugi a chiudere anzitempo o a spendere l'iradidio per approvvigionarsi d'acqua, perfino con l'elicottero. «Temevamo il peggio, quando abbiamo quantificato quest’inverno le precipitazioni nevose. Invece ci hanno salvato le piogge di luglio».
I commenti dei lettori