
(Credit: Kelvin Trautman / Lewis Pugh Foundation via New York Times)
Ma ha già detto che è molto improbabile che torni a nuotare così a lungo in acque gelide come ha fatto sabato. Mai nella sua vita era stato esposto a un freddo così intenso. È rimasto in acqua per ben 22 minuti ed è stato un fotografo, Kelvin Trautman, a tirarlo fuori, perché aveva il corpo talmente intirizzito che ha dovuto aggrapparsi con i denti alla muta del soccorritore. E c’èvoluta una doccia bollente di quasi un’ora perché la temperatura corporea tornasse normale. «Quando sei esposto a temperature così estreme non riesci più scaldarti del tutto» dice Pugh. «Il freddo ti entra dentro i muscoli , penetra nella tua memoria». Le temperature degli oceani sono cresciute notevolmente negli ultimi trent’anni e la stragrande maggioranza del calore prodotto dalle emissioni di gas serra viene assorbito dai mari. Il riscaldamento ha creato gravi problemi all’ecologia marina e ha portato allo scioglimento di chilometri di ghiacciai contribuendo a far salire il livello dei mari. Pugh ne ha avuto esperienza diretta. Racconta che per allenarsi in vista dell’impresa di sabato è tornato a nuotare nel mare della Norvegia settentrionale e ha trovato l’acqua notevolmente più calda rispetto al passato nello stesso periodo dell’anno. Il tratto di mare che ha coperto a nuoto di fronte a un fiordo sulla costa di Spitsbergen, nel 2005 era occupato da un ghiacciaio. Per gli esperti le temperature che Pugh affronta sarebbero fatali per persone prive del suo livello di allenamento. «La maggior parte degli individui morirebbe nel giro di poco tempo» dice Tim Noakes, il fisiologo che collabora con il nuotatore dal 2003. L’acqua gelida provoca iperventilazione, il pH del sangue aumenta e si riduce l’apporto di sangue al cervello provocando uno stato confusionale. Noakes ha scoperto che subito prima di immergersi la temperatura corporea di Pugh aumenta fino a 38,4 gradi, che per una persona normale equivalgono a un lieve stato febbrile. Noakes definisce il fenomeno “termogenesi preventiva ” e non sa darne una spiegazione, mentre Pugh la attribuisce al timore per quello che andrà ad affrontare.
Pugh è ancora scosso. Alla domanda se intenda ripetere l’esperienza ha risposto che non se la sente. «Nuoto ormai da trent’anni e lotterò fino all’ultimo per la difesa delle regioni polari, ma quanto a dare quello che ho dato nuotando lungo la banchisa artica… una volta che sei stato là, non vuoi tornarci».
Traduzione di Emilia Benghi © 2017 The New York Times