
Il ghiaccio marino artico raggiunge la sua massima estensione annuale in inverno, intorno al mese di marzo, dopo mesi di assenza di sole, mentre la sua estensione minima si presenta a settembre. Stando ai dati della Nasa, il 17 marzo scorso è stato il giorno in cui il ghiaccio che ricopre il mare dell'Artico ha riportato la sua grandezza massima nel 2018: 14,48 milioni di chilometri quadrati. La cifra supera di poco - appena 60mila chilometri quadrati - il livello del 2017, che mantiene il primato negativo.
Le misurazioni satellitari del ghiaccio marino artico sono iniziate 39 anni fa e hanno fotografato una riduzione progressiva della superficie, osservano gli esperti, che evidenziano come gli ultimi quattro anni siano stati i peggiori mai visti dall'inizio delle registrazioni. "L'estensione del ghiaccio marino artico continua ad essere in una tendenza decrescente, e ciò è collegato al riscaldamento in corso nell'Artico", osserva la scienziata Claire Parkinson del Goddard Space Flight Center della Nasa. E' un circolo vizioso, spiega: più fa caldo, più ghiaccio si scioglie; meno ghiaccio è presente sulla superficie marina e più raggi solari penetrano nel blu delle acque invece di essere respinti dal bianco glaciale, facendo così aumentare la temperatura.
E la temperatura, durante questo inverno, è arrivata a sorprendere la comunità scientifica, sfiorando anche i 40 gradi in più rispetto ai valori degli anni precedenti. Le anomalie si sono verificate a dicembre, a gennaio ma soprattutto a febbraio. Secondo quanto riferito nelle settimane scorse dallo Snow and Ice Data Center statunitense, che ha parlato di "eventi senza precedenti", a febbraio il termometro ha segnato una decina di gradi più del consueto. L'aria sopra i mari di Bering e dei Chukchi è stata in media di 11 gradi più calda; a Barrow, in Alaska, la colonnina di mercurio ha indicato 10 gradi in più. In Siberia si sono toccate punte di 35 gradi oltre la norma.