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Orsi polari, aumenta il cannibalismo. "Affamati a causa dei cambiamenti climatici"

"Rischiamo di perdere il 30% della popolazione nell'Artico entro il 2050", il rinnovato appello del Wwf in occasione del Polar bear day il 27 febbraio. E gli scienziati russi avvertono: l'uomo ha distrutto le loro abitudini nutrizionali

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L'ALLARME è lo stesso dello scorso anno: entro il 2050 potremmo avere il 30% in meno di orsi polari. La causa principale è il cambiamento climatico, cui l'uomo ha contribuito in maniera imponente negli ultimi decenni. L'emergenza non è affatto rientrata, lo ricorda il Wwf in occasione dell'International polar bear day, che si celebra il 27 febbraio: "La riduzione avverrà nel giro di pochi anni, se la fusione dei ghiacci polari causata dal riscaldamento globale proseguirà di questo passo".

Il re dell'Artico, spiega l'associazione ambientalista che al Polo Nord porta avanti il progetto di conservazione "Last ice area", è "già classificato tra le specie vulnerabili nelle liste rosse dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) e i cambiamenti climatici provocati dalle attività umane stanno rendendo sempre più fragile il suo habitat e la sopravvivenza. Gli orsi polari hanno bisogno del ghiaccio marino per potersi muovere e andare in cerca di cibo".

Secondo l'organizzazione Polar bear international "la popolazione di orsi nella baia di Hudson, in Canada, ha già subito una riduzione del 30% tra il 1987 e il 2017". Per questo, per "assicurare un futuro all'orso polare è necessario prima di tutto contrastare il global warming".

A certificare l'impatto devastante è uno studio recente pubblicato su Ecological Applications, che spiega come si sia ridotto il tasso di riproduttività di questa maestosa specie. Più magri, provati dalla fame e con meno cuccioli: è la fotografia scattata dagli studiosi dell'università di Washington che hanno messo a confronto le immagini satellitari della popolazione di orsi (cucciolate comprese) che oggi abita la Biffin Bay, una grande distesa di ghiacci tra Canada e Groenlandia, con quelle degli anni 90.

Nel periodo 2009-2015 gli orsi sembrano aver trascorso sulla terra circa 30 giorni in più rispetto al periodo di riferimento 1991-1997, dimostrando così di aver subito in modo diretto gli effetti dello scioglimento del ghiaccio marino al quale è legata la loro sussistenza. Più tempo sulle rive in attesa di cacciare le foche vuol dire anche perdita di massa corporea per gli orsi, che è fondamentale per sopravvivere con le temperature sotto lo zero.

Le zone di caccia si sono ridotte al punto che, avvertono gli scienziati dell'Accademia russa delle Scienze, tra gli orsi si sta osservando anche un aumento dei casi di cannibalismo. Si tratta, in realtà, di uno dei comportamenti considerati naturali per la specie ma che, secondo Ilya Mordvintsev, ricercatore dell'Istituto Severtsov di Ecologia ed evoluzione, ha registrato un'impennata cui sembra aver contribuito il degrado provocato dalla crescita delle attività delle compagnie energetiche nella penisola di Yamal e nel Golfo di Ob.

"I segnali in questo senso non arrivano solo dagli scienziati, ma anche dai dipendenti delle compagnie petrolifere e dal ministero della Difesa", ha spiegato il ricercatore. Di solito, ha ricordato Mordvintsev, tra gli orsi polari il cannibalismo avviene quando un esemplare maschio malnutrito attacca una femmina per mangiare i cuccioli. L'aumento delle temperature nell'Artico e lo scioglimento dei giacchi hanno anche costretto gli orsi a spingersi verso Sud alla ricerca di cibo, anche arrivando ai centri abitati. I video degli animali che rovistano tra la spazzatura delle città siberiane hanno fatto il giro del mondo, l'anno scorso.