In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni
AGRICOLTURA

La misteriosa moria dei kiwi. "Potrebbe avere a che fare con i cambiamenti climatici"

La misteriosa moria dei kiwi. "Potrebbe avere a che fare con i cambiamenti climatici"
Circa il 10% della produzione del frutto è già compromessa a causa di una misteriosa moria che ne blocca la maturazione attaccando il cuore della pianta, le radici. Ha già causato perdite stimate attorno i 750 milioni di euro.
2 minuti di lettura
Non ha un nome e forse non è nemmeno una malattia. I tecnici la chiamano avversità o fitopatia. Termine tra scienza e burocrazia per definire un nuovo male che rischia di mandare al tappetto la coltivazione dei kiwi in Italia. Circa il 10% della produzione di questo frutto è già compromessa a causa di una misteriosa moria che ne blocca la maturazione attaccando il cuore della pianta, le radici.

Le cause e i danni economici. A differenza della Xylella che ha decimato gli olivi del Salento non è dovuta a un insetto importato dall’estero. Non è infettiva ma a partire dal Veneto, dove è comparsa quasi dieci anni fa, si è ormai allargata alle aree più vocate come il Lazio, in particolare la provincia di Latina, l’Emilia Romagna, il Friuli Venezia-Giulia e il Piemonte. I sintomi possono manifestarsi a distanza di anni e, almeno per il momento, non c’è una cura. Insomma un rompicapo biologico. Tanto che il ministero delle Politiche agricole ha istituito da qualche giorno un gruppo di lavoro tecnico-scientifico per circoscrivere i confini del fenomeno e indicare le misure più adatte per rallentarlo. È presto per dichiararla una cultivar a rischio estinzione ma l’Italia è tra i primi cinque produttori al mondo di questo frutto e la moria finora ha provocato perdite che sono state stimate attorno i 750 milioni di euro. Naturale che questa sindrome sconosciuta, che per il momento si è affacciata solo nel nostro Paese, abbia fatto scattare l’allarme.

Il nesso con i cambiamenti climatici. "Questa moria è con ogni probabilità legata ad alcune conseguenze dirette dei cambiamenti climatici come le frequenti bombe d’acqua e l’aumento delle temperature estive. Due fattori che indeboliscono la pianta fino ad annegarne le radici, che poi marciscono. - spiega Marco Scortichini, ricercatore del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) e membro della task-force sul kiwi - A questo bisogna aggiungere che, in alcuni casi, ci sono anche tecniche agronomiche come il passaggio frequente di mezzi pesanti in campo e un’irrigazione eccessiva che favoriscono questo fenomeno. Anche funghi e batteri già presenti nel suolo e che vivono in assenza di ossigeno hanno un ruolo perché possono aggredire la pianta con più facilità quando viene stressata da fattori ambientali". La moria colpisce tutte le varietà di kiwi, sia quelle a polpa verde che quelle gialle o rosse. Di solito, si presenta durante la bella stagione e sembra avere un decorso molto veloce che nel giro di qualche settimana decreta la morte dell’albero.

Le tecniche per salvare i kiwi. Tra le sperimentazioni più promettenti per contenere la moria del kiwi in Italia ci sono metodi per evitare il ristagno dell’acqua oppure la cosiddetta baulatura. "Si tratta di una tecnica di lavorazione con cui si rialza il terreno di circa 40 centimetri e che offre più spazio alle radici per crescere. - aggiunge Mauro Uniformi, segretario del Consiglio dell'Ordine nazionale degli agronomi e titolare di un laboratorio di analisi in provincia di Latina che lavora sul kiwi - Si è rivelato utile anche ottimizzare i sistemi di irrigazione con dei dispositivi, che si chiamano tensiometri, e sono in grado di misurare le reali necessità d’acqua delle radici". Un altro fronte di ricerca riguarda il portainnesto: una sorta di pianta ausiliaria ma con radici più robuste su cui viene innestata la varietà più delicata e da frutto che così cresce con maggiori difese. Un sistema già presente e ampiamente collaudato per specie arboree che hanno reso celebre la nostra agricoltura come il pesco, il melo e il pero. Il kiwi, finora, è l’unica, tra i big, a non avere ancora un portainnesto dedicato.