Un gruppo di seicento ricercatori provenienti da diciannove nazioni. Uniti per la spedizione Mosaic, progetto dell’Osservatorio multidisciplinare per lo studio dell’Artico e dei cambiamenti climatici. Dal settembre del 2019, per un anno intero, gli studiosi della più grande spedizione artica nella storia dell’umanità, hanno prelevato campioni di ghiaccio, misurato il vento e la temperatura, analizzando ogni elemento utile per avere un quadro il più possibile preciso delle condizioni attuali dell’atmosfera, del terreno e dell’oceano artico al Polo Nord. Un processo generativo di dati che potrebbe influenzare profondamente la scienza del clima per le generazioni a venire.
Mosaic: la più grande spedizione polare
La recente spedizione Mosaic, documentata in ogni fase dalla fotografa Esther Horvath, membro della International League of Conservation e in servizio presso l’Istituto Alfred Wegener per la ricerca marina e polare con sede a Bremerhaven in Germania. Un ricco volume fotografico, edito da Prestel Publishng con il titolo Into the Arctic Ice The Largest Polar Expedition of All Time, ripercorre l’intera missione durata un anno, che ha visto partecipare 600 ricercatori provenienti da 19 nazioni. Obiettivo: avere un quadro il più possibile preciso delle condizioni attuali dell’atmosfera, del terreno e dell’oceano artico al Polo Nord. Leggi l'articolo
(foto: Esther Horvath/Into the Arctic Ice The Largest Polar Expedition of All Time)
Il lavoro di ricerca sul campo è stato ovviamente molto duro. Pur essendo passato oltre mezzo secolo dalle prime spedizioni di avvicinamento al Polo Nord, i problemi “logistici” allora come oggi restano gli stessi: innanzitutto le temperature proibitive e gli spostamenti estremamente difficoltosi.
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Sembra non essere passato molto tempo dalla prima spedizione italiana negli anni Sessanta con l’esploratore Guido Monzino e la guida di Courmayeur Attilio Ollier. In quella circostanza l’obiettivo era percorrere da sud a nord la Groenlandia, in preparazione per un successivo tentativo di avvicinamento al Polo Nord. La missione non presentava difficoltà alpinistiche particolari, ma dovette fare i conti con temperature sempre oscillanti tra i 30 gradi ed i 40 gradi sotto lo zero e soste forzate in condizioni estreme a causa del frequente maltempo. In aggiunta, le numerose asperità del terreno rendevano complicato il procedere degli animali, con il costante pericolo di rovesciamento delle slitte.
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Nella recente spedizione Mosaic, documentata in ogni fase dalla fotografa Esther Horvath, membro della International League of Conservation e in servizio presso l’Istituto Alfred Wegener per la ricerca marina e polare con sede a Bremerhaven, in Germania, sono state affrontate problematiche analoghe. Un ricco volume fotografico, edito da Prestel Publishng con il titolo Into the Arctic Ice The Largest Polar Expedition of All Time, ripercorre l’intera spedizione. Allison Fong, biologa e capo del team Ecosystem, ha dovuto tagliare un grande blocco da un lastrone di ghiaccio per poter attivare la FishCam nell’acqua, al fine di registrare a profondità variabili trai i 250 e i 350 metri, le immagini del mondo dei pesci artici.

I ricercatori hanno lavorato su più aree tematiche, con particolare riferimento alle relazioni tra Oceano ed atmosfera per esempio nello scambio di gas come il biossido di carbonio. Finora non era mai stata realizzata una ricerca che arrivasse a comprendere un ciclo annuale completo per l’Artico centrale. Gli scienziati a bordo della Polarstern hanno misurato più di cento parametri diversi. Sebbene molti degli strumenti utilizzati siano stati a lungo testati nella ricerca polare, alcuni dei dispositivi di misurazione sono stati sottoposti ad un attento sviluppo per anni e sono stati realizzati appositamente per questa spedizione. Un albero telescopico alto 30 metri è stato installato da una squadra di sei persone, sollevando 27 sezioni dell’albero una per una. Questa operazione per esempio è avvenuta in una delle giornate più fredde con vento gelido e una temperatura di 40 gradi sotto zero.
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La fisica italiana Roberta Pirazzini ha preso parte alla missione Mosaic, la più grande spedizione scientifica per osservare i cambiamenti climatici nell'Artico durata un anno, con 300 ricercatori di 20 Paesi. E ora le sue foto del 'drone polare' stanno facendo il giro del mondo
Per le misurazioni effettuate dal team di studiosi, è stato anche utilizzato un sonar multibeam che ha permesso di scandagliare le profondità fino a più di 4 mila metri sul fondo marino, oltre che di raccogliere campioni d’acqua attraverso un foro praticato nel ghiaccio. Le correnti oceaniche trasportano non solo grandi volumi d’acqua ma anche enormi quantità di energia termica, per questo sono fattori molto importanti per il sistema climatico terrestre. Negli ultimi anni la ricerca oceanica ha documentato alcuni dei principali effetti del cambiamento climatico antropogenico.

Contestualmente, è stato scoperto che il cambiamento climatico avrebbe avuto un impatto decisamente maggiore sulla Terra senza la presenza degli oceani, che assorbono più del 93% dell’energia termica generata dall’effetto serra causato dagli esseri umani. Purtroppo quando l'acqua diventa più calda, la biodiversità dei mari è in pericolo. Il metabolismo di molti animali marini ne risente in maniera significativa con conseguenze gravissime per alcune specie come i coralli. La spedizione Mosaic si è posta l’obiettivo di indagare tutti questi aspetti operando per un anno intero su una nave rompighiaccio per la ricerca nelle immediate vicinanze del Polo Nord.