Giri ad una cantonada e ti ritrovi in un cespuglio fiorito. La visione non è rara a Barcellona ora che, dopo mesi di lockdown, si è risvegliata come dopo un letargo invasa dalla natura. Tanto da richiamare anche l'interesse del Guardian che ne ha approfittato per raccontare i numeri di una ripresa rigogliosa: solo tra maggio e giugno scorsi, stando al censimento del Creaf, il centro di ricerca specializzato in ecologia urbana (The Urban Butterfly Monitoring Scheme), la città catalana ha visto crescere del 28% le specie nei suoi parchi e volare l'84% di farfalle in più rispetto allo stesso periodo del 2019, incluse alcune specie mai viste prima come il temolo roccioso (Hipparchia semele) e l'Apaturia ilia. Più piante e il ronzio di altri insetti, vuol dire anche un richiamo per altri animali: complice una stagione piovosa, anche la presenza di uccelli sembra essersi moltiplicata, mentre i parchi restavano chiusi e la manutezione dei giardini si fermava lasciando crescere indisturbata la vegetazione e volare in pace gli impollinatori.

Ora non si tratta di dover tagliare le aiuole per tornare alla normalità, ma di riuscire ad approfittare di tanto rigoglioso "rinverdimento" per riportare la natura in città, così come Barcellona sognava poco prima della pandemia, spiegano gli esperti di biodiversità interpellati dal quotidiano britannico. L'obiettivo è raggiungere oltre 783 mila metri quadrati di aree verdi, compresa la zona della Sagrada Familia, e altri 49 mila metri quadrati di strade con qualcosa in più che qualche fila di alberi. L'Ajuntament incoraggia anche l'adozione di casette per uccelli e pipistrelli, di cui se ne contano già 200, oltre a 40 alveari e un'ottantina di campi diventati "hotel degli insetti". Per chi volesse conoscere flora e fauna c'è anche un atlante della biodiversità che aiuta a mappare il verde cittadino un po' ovunque, risalendo dal mare lungo le Ramblas e oltre.

"In una città come Barcellona adesso si tratta di rimpiazzare quel che c'è con infrastrutture verdi", spiega al Guardian l'esperta di idrobiologia Lorena Escuer, impegnata nel progetto pilota Alcorques Vivos per piantare fiori di campo nelle aiuole degli alberi al posto di piastrelle o grate. A sentire l'ambientalista non si tratta più di guerrilla gardening, ma di "un cambio di mentalità radicale e necessario, che riporti la natura negli spazi urbani facendo leva sulla rieducazione dei cittadini proprio dove l'ecosistema non c'è più".

Non è una scommessa facile per una città con un tasso di densità abitativa così alto. Anche se Barcellona è sempre stata abituata ad ammirare il verde incolto del Parc Guell e l'arte raffinata di Gaudì che ha reso vibrante la pietra con foglie, frutti e animali scolpiti. La natura rigogliosa è parte integrante del Modernismo catalano e Barcellona, che ne è stata l'avanguardia, adesso più che mai sembra sentire il bisogno di una nuova Reinaxença più nella sostanza che nelle forme. Non si tratta più di stili o linguaggi, ma dell'esigenza di ridisegnare i suoi spazi urbani integrati con il verde. Meglio ancora se incolto e ben vengano gli orti.

Le prime avvisaglie di questo ritorno alla natura si erano già viste prima del blocco dovuto alla pandemia. Basta guardare il giardino pensile che l'architetto Sergio Carratalá con il suo MataAlta Studio ha lasciato crescere sul tetto di un edificio del XIX secolo, dove 10 mila piante perenni, autoctone e resistenti alla siccità, del Xifré's Roof offrono rifugio e cibo a insetti e uccelli non lontano dal porto vecchio. In questa piccola oasi, che sta crescendo tra le terrazze e si affaccia sul Barrio gotico, l'acqua piovana viene recuperata per l'irrigazione e l'energia arriva dai pannelli solari. "Il lockdown ci ha fatto riscoprire un po' la natura e ora non si torna più indietro", ha spiegato lapidario Carratalá.