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Giornata internazionale delle foreste
Robbio, Lombardia (foto: Miguel Medina/Afp via Getty Images)
Robbio, Lombardia (foto: Miguel Medina/Afp via Getty Images) 

Un albero in più. Riportiamo le foreste nelle nostre città

La forestazione degli ambienti urbani permette di ridurre lo smog attraverso la sottrazione dell’anidride carbonica presente in atmosfera, mitigare le temperature estive grazie al manto arboreo e contribuire a migliorare la salute, fisica e psicologica, dei cittadini. Un’azione semplice che deve essere intrapresa al più presto

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Nel 1972 le Nazioni Unite organizzano Human Environment: il primo simposio internazionale volto a proporre iniziative che concilino l’attività umana con l’integrità ambientale. Negli stessi anni gli scienziati che si riconoscevano nel Club di Roma ci mettevano in guardia sulle criticità di uno sviluppo non controllato. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti e noi, sordi a ogni richiamo, siamo andati avanti spinti da un unico obiettivo: il profitto a breve termine. Cinquant’anni dopo siamo arrivati al capolinea. I segnali sono molti e la crisi climatica è solo uno di questi. Ognuno deve fare la propria parte al più presto: non bastano più le grandi conferenze da cui escono belle promesse, servono precise azioni concrete.

Per questo motivo nasce Un albero in più, un appello lanciato nel settembre 2019 insieme a Domenico Pompili, vescovo di Rieti, e lo scienziato Stefano Mancuso, che invita a piantare 60 milioni di alberi, tanti quanti i cittadini italiani: una pratica semplice per contrastare il cambiamento climatico con benefici immediati. L’interesse attorno a questo tema è andato crescendo, ed è di pochi giorni fa la nascita della Fondazione AlberItalia, di cui anche Slow Food è promotore. L’appello indicava un numero da raggiungere in pochi anni, ma la campagna non aveva solo l’obiettivo quantitativo, ma anche qualitativo. Una pianta è prima di tutto un essere vivente, con esigenze specifiche e una propria identità che non può essere piegata al volere dell’uomo, salvo incorrere poi in spiacevoli conseguenze. Per cui è necessario scegliere in relazione alla vocazione ambientale di uno specifico territorio, optando, quando possibile, per le varietà autoctone e non dimenticandosi della sua gestione nel tempo: anche le azioni più semplici come piantare un albero richiedono cura e attenzione!

Mi piacerebbe che queste due sensibilità contaminassero le nostre città, in cui purtroppo la cementificazione la fa ancora da padrone. La forestazione degli ambienti urbani permette di ridurre lo smog attraverso la sottrazione dell’anidride carbonica presente in atmosfera, mitigare le temperature estive grazie al manto arboreo e contribuire a migliorare la salute, fisica e psicologica, dei cittadini. Un’azione semplice che deve essere intrapresa al più presto (in autunno molte città andranno a eleggere il sindaco, pretendete dai candidati anche questo). Un provvedimento che ha tempi minori di attuazione rispetto agli altri che si vogliono, e si devono, intraprendere (rinnovo del parco auto e controllo del riscaldamento negli edifici).

Gli alberi poi, dovrebbero tornare ad abitare la Pianura padana (e tutte le pianure), ora il cuore pulsante di svariate produzioni (manifatturiera, siderurgica, agricola...), mentre in origine era un polmone verde. Non mi stupisce, che questa spietata antropizzazione, ha fatto sì che oggi sia il luogo in Europa dove si muore di più per patologie legate all’inquinamento. Una sua riqualificazione ambientale attraverso il rimboschimento porterebbero benefici in tal senso, con ricadute a lungo termine anche sulla conservazione del territorio, la difesa del suolo e il mantenimento degli ecosistemi. E questo mi porta a un ultimo ragionamento, per me più caro e riguarda l’agricoltura.

La Fao ci ricorda che l’espansione dell’attività agricola è la prima causa di deforestazione e perdita di biodiversità a essa connessa: un comportamento che non possiamo più permetterci, soprattutto a fronte di alternative valide e sostenibili. A questo proposito riporto l’esempio di come possiamo intraprendere un modo diverso di fare agricoltura. Un’agricoltura che concorre a risolvere la crisi climatica e non a causarla come avviene ora. Siamo in Sicilia, vicino a Palermo, dove la cooperativa Valdibella ha realizzato su una superficie di circa 6 ettari (la maggior parte confiscati alla mafia) una foresta commestibile, ossia un sistema dove le colture alimentari coesistono con le specie arboree, aromatiche, i cereali, in una relazione armoniosa e non più depredante nei confronti dell’ambiente.

Mi auguro che pratiche simili continuino a diffondersi, che mettano radici forti e solide non solo nel suolo, ma anche nella mentalità delle persone. Abbiamo un gran bisogno di rieducare al valore etico ed estetico di vivere in armonia con la natura, e piantare un albero può insegnarcelo.