Nel cuore di Roma c’è una lunghissima terrazza, larga e invitante, che sbuca all’improvviso dopo aver attraversato la sala rossa e la sala gialla di Palazzo Farnese, appena si arriva alla sala bianca, una sequenza affascinante di arazzi del settecento, di affreschi, di oggetti d’epoca. Tre sale preziose, ma non le più belle, della maestosa sede dall’ambasciata di Francia, dove i Carracci hanno dato il meglio della loro arte affrescando una galleria da sogno appena restaurata, dove Michelangelo diede sfogo al suo estro dirigendo i lavori di edificazione del palazzo dopo la morte del Sangallo.
Qui il nuovo ambasciatore d’oltralpe Christian Masset riceve i suoi ospiti parlando delle bellezze dell’Italia, dei legami che uniscono da secoli i due Paesi, di una Roma che nonostante le ferite contemporanee mostra sempre il suo fascino di città eternelle. La lunga non può che essere all’altezza del resto dell’edificio. Quando si esce dalla Sala bianca non si riesce ad immaginare dove possa arrivare: si vede a destra la cupola della chiesa di Santa Maria dell’Orazione, a cui i Farnese accedevano attraverso una porticina segreta senza la necessità di lasciare il palazzo. Sono trecento passi di delizie, con a sinistra in basso i giardini, mentre in fondo si arriva quasi a strapiombo sulla riva destra del Tevere. Dietro gli alberi, appena visibile, c’è villa Farnesina, su via della Lungara, uno degli edifici rinascimentali più belli del Cinquecento che custodisce opere imperdibili di Raffaello, uno per tutti il Trionfo di Galatea. Sul bastione opposto del Tevere gli straordinari graffiti di Triumphs and Laments realizzati pochi mesi fa dall’artista sudafricano William Kentridge, già anneriti dallo smog. “Ecco, nel 1580 la villa fu acquistata dal cardinale Alessandro Farnese”, ricorda l’addetto stampa dell’ambasciata, Mustafa Soykurt. “E proprio in quel periodo fu fatto un progetto che doveva collegare il palazzo con la villa. Ma uno degli oppositori dei Farnese edificò in quel punto laggiù e chiuse il passaggio. Non se ne fece più nulla”.
Dietro front, l’ambasciatore Masset ci aspetta davanti alla vetrata della Sala bianca, ci viene incontro, sfioriamo un bellissimo albero di limoni interrato in vaso. Ne raccogliamo uno, intacchiamo la buccia e viene fuori un odore straordinario. In totale i vasi sono 12, stracarichi di agrumi. Domando: “Immagino che il limoncello dell’ambasciata venga da questi alberi?”. Christian Masset sorride: “Certo. Lavora con noi una specie di genio degli spiriti. Come fa lui questo liquore credo sia difficile da trovare in altri luoghi, anche in Costiera amalfitana”. “Stento a crederci”. “Fidati, è così”. La controprova arriva qualche minuto dopo. Seduti sui comodi divani dell’ambasciata, si parla di prospettive di collaborazione che si aprono tra Italia e Francia, della straordinaria opportunità che arriverà per i due Paesi dalla imminente firma di un nuovo patto bilaterale, ma anche di cibi e di vino. E della prossima giornata del made in France che sarà dedicata ai vini biologici. Una cameriera porta su un vassoio quattro bicchieri di limoncello con dei biscottini da dessert home made, ed è lo stesso limoncello che alcune settimane fa è stato offerto al Presidente francese nel corso della sua ultima visita in Italia. Macron lo ha apprezzato tantissimo prima di ritirarsi nel suo appartamento, su in alto nel palazzo, a dominare piazza Farnese.
Lo stesso gesto ripetiamo noi: grande liquore, profumi straordinari, equilibrio alcolico perfetto. E allora viva il limoncello dei francesi e di palazzo Farnese, forse il migliore d’Italia.
Qui il nuovo ambasciatore d’oltralpe Christian Masset riceve i suoi ospiti parlando delle bellezze dell’Italia, dei legami che uniscono da secoli i due Paesi, di una Roma che nonostante le ferite contemporanee mostra sempre il suo fascino di città eternelle. La lunga non può che essere all’altezza del resto dell’edificio. Quando si esce dalla Sala bianca non si riesce ad immaginare dove possa arrivare: si vede a destra la cupola della chiesa di Santa Maria dell’Orazione, a cui i Farnese accedevano attraverso una porticina segreta senza la necessità di lasciare il palazzo. Sono trecento passi di delizie, con a sinistra in basso i giardini, mentre in fondo si arriva quasi a strapiombo sulla riva destra del Tevere. Dietro gli alberi, appena visibile, c’è villa Farnesina, su via della Lungara, uno degli edifici rinascimentali più belli del Cinquecento che custodisce opere imperdibili di Raffaello, uno per tutti il Trionfo di Galatea. Sul bastione opposto del Tevere gli straordinari graffiti di Triumphs and Laments realizzati pochi mesi fa dall’artista sudafricano William Kentridge, già anneriti dallo smog. “Ecco, nel 1580 la villa fu acquistata dal cardinale Alessandro Farnese”, ricorda l’addetto stampa dell’ambasciata, Mustafa Soykurt. “E proprio in quel periodo fu fatto un progetto che doveva collegare il palazzo con la villa. Ma uno degli oppositori dei Farnese edificò in quel punto laggiù e chiuse il passaggio. Non se ne fece più nulla”.
Dietro front, l’ambasciatore Masset ci aspetta davanti alla vetrata della Sala bianca, ci viene incontro, sfioriamo un bellissimo albero di limoni interrato in vaso. Ne raccogliamo uno, intacchiamo la buccia e viene fuori un odore straordinario. In totale i vasi sono 12, stracarichi di agrumi. Domando: “Immagino che il limoncello dell’ambasciata venga da questi alberi?”. Christian Masset sorride: “Certo. Lavora con noi una specie di genio degli spiriti. Come fa lui questo liquore credo sia difficile da trovare in altri luoghi, anche in Costiera amalfitana”. “Stento a crederci”. “Fidati, è così”. La controprova arriva qualche minuto dopo. Seduti sui comodi divani dell’ambasciata, si parla di prospettive di collaborazione che si aprono tra Italia e Francia, della straordinaria opportunità che arriverà per i due Paesi dalla imminente firma di un nuovo patto bilaterale, ma anche di cibi e di vino. E della prossima giornata del made in France che sarà dedicata ai vini biologici. Una cameriera porta su un vassoio quattro bicchieri di limoncello con dei biscottini da dessert home made, ed è lo stesso limoncello che alcune settimane fa è stato offerto al Presidente francese nel corso della sua ultima visita in Italia. Macron lo ha apprezzato tantissimo prima di ritirarsi nel suo appartamento, su in alto nel palazzo, a dominare piazza Farnese.
Lo stesso gesto ripetiamo noi: grande liquore, profumi straordinari, equilibrio alcolico perfetto. E allora viva il limoncello dei francesi e di palazzo Farnese, forse il migliore d’Italia.