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Trucchi, segreti e leggende delle zeppole di San Giuseppe

Il dolce per eccellenza - a Napoli - della Festa del papà, raccontati in tutti i suoi dettagli e aneddoti dal capo pasticciere di Scaturchio - VIDEO
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In principio il 19 marzo era una festa dedicata ai falegnami, e quando fu istituita la Festa del Papà, fu naturale incastonarla proprio in questo giorno a due passi dalla primavera, con i profumi nell'aria che già cambiano. Era il 1968 quando furono istituiti i festeggiamenti ufficiali, ma le tradizioni legate a questa giornata affondano le radici nella notte dei tempi, nei Lupercalia, nell'omaggio al pater familia. Zeppole comprese, così come tutti quei cibi fritti che allietano le tavole di questo giorno speciale, e che non sono arrivate a noi per caso. 

Come spesso accade in Italia, il senso è da ricercare nel passato, nelle tradizioni contadine perpetuate ancora oggi e che derivano direttamente dalle usanze pagane. Prima, infatti, in vista dell'equinozio di primavera venivano bruciati dei grandi falò per purificare la terra in attesa della stagione fertile proprio il 19 marzo. Era un giorno di festa, un tempo propriziatorio per la vita che sarebbe arrivata, un momento importante nel calendario della società del tempo che veniva festeggiato proprio con cibi fritti - golosi e non costosi - spesso nello strutto e nell'olio bollente. Che le zeppole partenopee siano nate proprio in seno a queste festività non è dato saperlo, ma sicuramente le origini più lontane sono ben annidate in quegli allegri convivi contadini; se poi successivamente siano state inventate dal Convento di San Gregorio Armeno, come suggeriscono alcune leggende, o da altri non è realmente chiaro agli storici della gastronomia. Ciò che è certo è che una delle ricette codificate più antiche e allo stesso tempo simili a quella attuale è firmata da Ippolito Cavalcanti e datata 1837. Scritta interamente in napoletano, recita più o meno così: "ne farraje tanta tortanelli come sono li zeppole, e le friarraje, o co l’uoglio, o co la nzogna, che veneno meglio, attiento che ta tiella s’avesse da abbruscià; po co no spruoccolo appuntuto le pugnarraje pe farle suiglià, e farle venì vacante da dinto; l’accuonce dinto a lo piatto co zuccaro, e mele. Pe farle venì chiù tennere farraje la pasta na jurnata primma".

Corsi e ricorsi di dolci contaminazioni e intrecci di tempi che furono normali, come ricorda Giacomo Cautiello, capo pasticciere della nota pasticceria Scaturchio di Napoli "più che normali in una città che ha subito più di una dominazione e molteplici influenze", come quella della cucina francese il cui matrimonio con Partenope ha regalato molte ricette. "Tra cui la crema, protagonista nelle zeppole". A Cautiello abbiamo chiesto quali siano, oggi, le difficoltà di questa preparazione - lievitazione in primis - e i trucchi per renderla al meglio. 

Ecco i trucchi per zeppole perfette

1. "Il primo passaggio prevede l'amalgamare Farina, acqua e strutto. Noi utilizziamo lo strutto perché seguiamo l'antica ricetta partenopea". Le dosi sono, per circa 60 zeppole: 1,5 kg di farina, 20 uova e poco più di un litro d'acqua. "Non è difficile, è solo faticoso, perché sul fuoco vanno amalgamati in una pentola e cotti insieme i tre ingredienti, quindi la parte farinosa, quella liquida e quella grassa. Vanno lavorati fino a che non si ha la consistenza quasi di una grossa mollica, che in gergo viene chiamata Cottoncino". 

2. "Una volta raffreddato il composto, va incorporato lentamente con le uova". Per le dosi di cui parlavamo prima, sono circa una ventina di uova per sessanta zeppole. "Alla fine di questo procedimento, stando attenti a non smontare il tutto, si dovrebbe avere una consistenza elastica e ben umida. Che andrà messa in un sac à poche, rigorosamente con la bocchetta riccia". 

3. "Per quanto riguarda la cottura, così come per la presenza dello strutto, noi seguiamo le antiche usanze napoletane. Ovvero, il nostro impasto viene sottoposto a una doppia cottura. Ci sono due padelle, una con una temperatura più fredda e un'altra più alta. Nella prima" leggermente al di sotto del classico punto di frittura "l'impasto si espande, e invece nel secondo completa la frittura, si cuoce e prende sapore e doratura". Un passaggio fondmentale per evitare che il dolce venga eccessivamente pieno di olio o troppo pesante. 

4. Una volta fritta e alzata la zeppola va deposta su una teglia, preferibilmente con carta da forno alla base, dove viene fatta raffreddare. "Bollente com'è appena la togliamo dall'olio, è impossibile guarnirla immediatamente, si deve aspettare che diventi più fredda". 

5. "Per la guarnizione, il primo passaggio e necessario è quello della spolverata di zucchero a velo, che è poi la vera tradizione della zeppola. Ancora più antica dell'aggiunta di crema e amarena". 

6. "Una volta passato lo zucchero, si va poi a fare il giro di crema gialla, di crema pasticciera. Noi vi aggiungiamo un po' di amido per renderla più lucida e un ingrediente segreto. E' comunque fondamentale che abbia la consistenza e la dolcezza classica a cui siamo abituati, perché solo così può fare da giusto contraltare allo spessore e al sapore della pasta fritta". 

7. La ciliegina sulla torta, "ma attenzione che sia un'amarena e non una ciliegia. Questo ultimo passaggio è in realtà importantissimo, perché solo l'amarena ha il sapore giusto, con lieve retrogusto amaro, che permetterà alla zeppola di non essere stucchevole. Noi ne usiamo quattro chicchi. L'importante è che non siano eccessivamente sciroppate, altrimenti rompiamo il giro di crema". 

8. La temperatura perfetta? "Tiepida. Se è tiepida è perfetta".