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La sfida (vinta) di Mirko: il vino oltre le barriere

Mirko Pastorelli (@ CristianPhotocuba)
Mirko Pastorelli (@ CristianPhotocuba) 
E' su una sedia a rotelle, Pastorelli, ma non si sente un disabile: "Il sommelier è una persona che ti aiuta a superare gli schemi. Con il mio esempio spero di aver dato a qualcuno la possibilità di spingersi oltre i limiti, non solo sulla scelta di un vino"
3 minuti di lettura

“Quando apro una bottiglia è sempre un godimento. Quello che mi emoziona però non è tanto un profumo o un sapore, ma la storia che c’è dietro: la fatica e la passione di chi ci ha lavorato, il tempo dell’attesa e della cura, la memoria delle mani che hanno raccolto quell’uva. Ciò che voglio offrire è l’incontro giusto, l’abbraccio perfetto, tra i desideri del cliente e l’esperienza racchiusa in quella determinata etichetta». Lo sguardo vivo e vivace, due occhi chiari e curiosi - ereditati dalla madre polacca – che ti fissano per entrare istintivamente in connessione con te. E poi lo spirito, romagnolo doc: una leggerezza contagiosa, una cordiale sfrontatezza che fa subito simpatia e complicità.

 

C’è tutto questo in Mirko Pastorelli, e lo cogli all’istante mentre con un paio di agili tocchi sulle ruote ti viene incontro sulla sua carrozzina, tenendo sulle gambe uno strano vassoio e trasportandoti subito in un suo mondo fatto di parole, sensazioni e piaceri. «Se ti poni in maniera positiva ricevi in cambio positività. Che si traduce in apertura, sincerità, quindi in un aiuto prezioso per soddisfare i desideri del tuo ospite». Lo ripete come un mantra – e la freschezza dei suoi 28 anni – questo giovane sommelier di Cesena, che con ostinazione e costanza ha raggiunto il suo sogno, alla faccia dei pregiudizi e di chi – più o meno velatamente – gli diceva “Ma cosa ti sei messo in testa? Lo hai mai visto un sommelier disabile?”.

Non piangersi addosso: questo è il primo comandamento di Mirko, ex programmatore informatico nato con una paraparesi spastica, che nel 2017 ha mollato il posto di lavoro per qualcosa che potesse dargli la possibilità di esprimere la sua indole. «Sono sempre stato attratto da quello che ruota attorno ad un buon vino, a una birra o a un distillato, così ho deciso di approfondire la materia e di intraprende un percorso di formazione». Si iscrive quindi a un corso promosso dall’Aspi, l’Associazione sommellerie professionale italiana, ma la folgorazione arriva grazie a Google: navigando sul motore di ricerca intercetta Yannick Benjamin, sommelier di New York anche lui costretto alla sedia a rotelle dopo un incidente in auto.

 

«Se lo fa lui, perché non posso farlo io?» si dice Mirko, che dopo pochi mesi è in viaggio verso gli Stati Uniti, per andare a conoscere il collega durante la “Wine on Wheels”, una manifestazione di degustazione finalizzata a raccogliere fondi. Ed è proprio da lui che prende ispirazione per quel bizzarro vassoio che diventerà presto il suo inseparabile biglietto da visita. «Lui è rinato grazie a questa tavoletta che io gli ho copiato, perfezionandola nei dettagli. E’ una struttura rettangolare in legno di tulipier. Ai lati ha quattro fughe per sostenere i calici, al centro due incavi: uno in cui appoggiare il decanter e l’altro come base per la bottiglia. Così posso muovermi, aprire e versare comodamente anche da seduto».

 

Nel 2019 si diploma sommelier con Giuseppe Vaccarini, torna New York per stringere altri rapporti internazionali e inizia a cercare un’occupazione nella ristorazione. Milano, Roma, Bologna: l’unico requisito necessario è che il locale sia abbastanza grande da permettere al sommelier di passare agevolmente tra i tavoli, ma in Italia non è così facile. Si spinge oltre confine: Pastorelli comincia a stringere rapporti con colleghi di varie nazionalità, dalla Cina a Singapore, dal Giappone al Sud Africa, dalla Spagna alla Germania. E nel marzo 2020, mentre gli aeroporti iniziano a chiudere, arriva una chiamata da Melbourne. 

 

Il cesenate s’imbarca immediatamente per l’Australia. «Un’esperienza unica – ricorda – Un ristorante rinomato, una cantina con oltre 10mila etichette, una clientela aperta alla sperimentazione». Clientela incuriosita e attratta da questo italiano che sa parlare e sa ascoltare, che si avvicina con eleganza sulla sua carrozzina ed è come se si sedesse al tuo fianco a parlare di gusti e di fragranze, e che con destrezza sposta calici e bottiglie facendo spallucce alla diversità. «Il coronavirus poi è arrivato anche là e il ristorante ha chiuso – conclude – Sono rimasto 8 mesi in lockdown in Australia, da solo chiuso in un bilocale. Un tempo infinito, che ho dedicato allo studio, alle relazioni ad ampliare il mio bagaglio di conoscenze, ad analizzare il rapporto tra vino e tabacco. Ora sono tornato, con mille progetti in testa. Quello che m’interessa però è aver aperto una strada, aver tracciato una direzione. Il sommelier è una persona che ti aiuta ad andare oltre gli standard, oltre gli schemi. Con il mio esempio spero di aver dato a qualcuno la possibilità di spingersi oltre non solo nella scelta di cosa bere, ma anche di chi voler essere nella vita».