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Bonverre, l'evoluzione delle conserve in barattolo che porta i sapori in tutta Italia

Bonverre, l'evoluzione delle conserve in barattolo che porta i sapori in tutta Italia
Morgan Babsia e Mattia Cinacchi hanno messo a punto un metodo di conservazione innovativo, che ha come primo obiettivo la conservazione della ricetta a 360°. Storia compresa
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Scritte sul taccuino, tramandate con l’esempio, appuntate in schemi professionali: così le ricette della tradizione italiana si traducono in sapori che arricchiscono le tavole da nord a sud. Ogni posto un gusto, attingono a saperi e ingredienti del luogo portando storie e consuetudini. È questa una delle ricchezze dell’Italia, l’essere in ogni posto diversa nei piatti e nei prodotti, stringere un rapporto fra cucina, territorio e artefice e Bonverre se ne fa portavoce: “Il nostro obiettivo è tradurre fisicamente, in modo trasportabile, una tradizione locale che si renda portatrice di un sapore, che ricordi esperienze e luoghi nei bocconi” racconta Morgan Babsia fondatore insieme a Mattia Cinacchi di Aromi. Nasce come costola dell’agenzia di comunicazione il progetto Bonverre, crasi delle parole bon e verre, buono e vetro.


L’idea può sembrare semplice come avviene per quelle già realizzate, attinge alla conservazione delle preparazioni in barattoli di vetro come si è fatto per decenni mettendo dentro quanto di meglio meritava di essere conservato per il futuro. Ma ciò che è semplice non è facile, richiede intelligenza e capacità di osservazione. Alla base c’è la determinazione di far viaggiare nel tempo e nello spazio i sapori di grandi interpreti. Tempo perché grazie al processo si allunga la shelf life: "Ci siamo innamorati della vasocottura e nei processi abbiamo studiato la conservazione che è il suo obiettivo”, spazio perché i barattoli di Bonverre vengono spediti facendo valicare ai sapori della tradizione i confini locali. “Nasce da una mia idea - prosegue Morgan -, dal desiderio di poter rivivere l’emozione che provavo davanti ai piatti, nella voglia di riprovarla a casa". Dopo un periodo di studio e applicazioni il primo panettone in vasocottura nel 2017, esordendo con il dolce della tradizione natalizia che vive una destagionalizzazione da alcuni anni. Non la classica forma del panettone, niente pirottino, ma aprendo il barattolo profumi che portano alla mente la cupola dorata con il segno della scarpatura; oggi il panettone di Olivieri1882 e due lievitati di Perbellini sono la parte dolce di Bonverre. “Vivevo un’esperienza personale in Sardegna, a Carloforte, e lì è nata l’idea di fare la stessa cosa con il salato: il primo condimento è stato il Nero di Vittorio", sugo a base di nero di seppia, tonno scampi e pesto della famiglia Poma, un contaminazione tra i sapori genovesi e il mare del Sulcis.

Diego Rossi di Trippa, a Milano, è uno degli chef che ha sposato il progetto Bonverre, affidandogli una delle sue ricette
Diego Rossi di Trippa, a Milano, è uno degli chef che ha sposato il progetto Bonverre, affidandogli una delle sue ricette 

Il metodo non è ancora industriale, ma le ricette si possono dire ingegnerizzate. Ingredienti, dosi e processo. Così è composta una ricetta, un codice che traduce un metodo, e così avviene nel laboratorio di Torino sulle istruzioni di ogni chef. Si inizia dal reperimento degli ingredienti che lega le preparazioni al territorio e siglano il legame degli chef con il luogo, “eseguiamo una prima fase di analisi della fattibiltà, non è detto che tutto possa essere riprodotto. Capiamo con lo chef tecnologo Sergio come procedere: realizziamo prima il ricettario - la formulazione - ingredienti, tecniche e abbinamenti. Con il tecnologo e lo stesso interprete facciamo una serie di prove sulla campionatura per le degustazioni, per capire quanto riusciamo a essere fedeli all’originale e solo raggiunta la formulazione corretta andiamo in produzione”. Lo studio ha dei passaggi chiave “sulle sapidità perché la vasocottura tende a esaltarle, una valutazione sugli abbinamenti e il corretto livello di acidità fondamentale per la conservazione e la fattibilità dell’inserimento del prodotto in un vaso”. Dai primi barattoli i condimenti sono aumentati in gran numero, coinvolgendo chef sparsi in tutta Italia e tanti ancora quelli che porteranno le loro ricette dentro a questo vetro buono insieme alla storia della tradizione locale, come Igles Corelli con il ragù di selvaggina, il Cortile di Diego Rossi di Trippa, il lampredotto inzimino di Paolo Gori della Trattoria da Burde.

“Dalla fedeltà ci sono fattori da considerare ogni volta, cercare di essere fedeli a un piatto richiede esserlo anche nelle dimensioni che nel vaso devono essere più piccole per poter essere contenute. O nei volumi dei vasi che soddisfano preparazioni per 2 o 3 persone, ma stiamo introducendo nuove misure”. La ricetta traduce il metodo, poi c’è la tecnologia nel confezionamento “ma fino a un certo punto, perché comunque la porzionatura è manuale”, complice anche la particolare chiusura a molletta con guarnizione. Non un laboratorio avveniristico, ma una grande cucina tecnologica e attrezzata, adatta ai grandi volumi di cottura: “Usiamo fondamentalmente una cucina come quella di un ristorante e grandi ‘pentoloni’. Tutto ciò che è classico in un ristorante prima del passaggio in autoclave. La ricetta viene cotta in modo tradizionale, come la cuocerebbe l’artefice dell’originale nel suo ristorante, prima di invasare, sterilizzare in autoclave e un successivo passaggio per formare il sottovuoto. Alcune preparazioni vengono invasate a cottura ultimata, altre per natura degli ingredienti finiscono la cottura in vaso, come nel caso del polpo”. Ed è così che dal taccuino la ricetta è finalmente passata a processo, ingegnerizzato ma non industriale.

La ricetta traduce il metodo, poi c’è la tecnologia nel confezionamento, ma "la porzionatura è manuale”. Non un laboratorio avveniristico, ma una grande cucina tecnologica e attrezzata, adatta ai grandi volumi di cottura
La ricetta traduce il metodo, poi c’è la tecnologia nel confezionamento, ma "la porzionatura è manuale”. Non un laboratorio avveniristico, ma una grande cucina tecnologica e attrezzata, adatta ai grandi volumi di cottura 

Attingere dal patrimonio delle ricette italiane e scegliere come abbinare un piatto a uno chef è parte integrante del lavoro. "La scelta segue due parametri: il primo quando c’è uno chef dal profondo legame con il suo territorio già raccontato in un piatto che voglia interpretare, quasi una connessione antropologica con il luogo da cui proviene od opera. Altrimenti lasciamo sia il prodotto a far emergere il territorio, come per il brodetto alla vastese, evoca con forza il legame di appartenenza". Ad accomunare i due approcci, diversi e complementari, è la determinazione di far trasparire, e conservare, dal vetro un sapore che racchiuda un vissuto: "Sempre di più devono avere un legame con il luogo - la sua storia fatta di prodotti, di sapori e di artigiani - raccontare quello che portano e usano come ingrediente. ‘Ti racconto una storia’ nasce dal desiderio di un racconto con le parole di persone che in quei luoghi affondano le radici della conoscenza e del senso di appartenenza”. Questo nuovo format, godibile sulla piattaforma dedicata del sito dove è anche possibile acquistare i prodotti, porta in ogni appuntamento alla scoperta di panorami, paesaggi e prodotti che poi confluiscono nei barattoli Bonverre, in quel luogo del gusto dove ogni elemento naturale e umano contribuisce a rendere la ricetta identitaria, fedele e portatrice della cultura locale. 

Ciò che oggi rappresenta la gamma e l’esperienza di Bonverre presto nei pensieri degli ideatori si tradurrà nuove forme e nuovi sapori, come la genovese di tonno di Viviana Varese, ma anche “la volontà di diversificare il packaging - oltre le dimensioni -, aprendoci anche ad altre soluzioni che mantengano la riconoscibilità del prodotto, sapendo che in ogni tipologia di confezione si potrà trovare qualcosa di diverso” dal ready to meal a zuppe, brodi, altri condimenti o piatti che spazieranno anche verso ingredienti vegetali. “Ci piace la trasparenza del vetro” e il nome lo lascia trasparire ampiamente.