Gianrico Carofiglio non ha dubbi. Spiegava, in occasione del lancio del romanzo “La misura del tempo”, “la questione del cibo è delicata nei romanzi, perché, come certe spezie, bisogna metterne un quantitativo estremamente ridotto, altrimenti rendono stucchevole il piatto. Smetto di leggere i romanzi in cui si parla troppo di cibo. Si tratta di dosarlo con circospezione, perché il rischio è di rovinare la pietanza. Mi piace pensare che, come tutte le divagazioni contenute nel romanzo, abbiano un valore metaforico, una funzione narrativa».
Coerente con questa analisi è la rilettura della serie scritta dal magistrato con protagonista l’avvocato Guido Guerrieri e capace di vendere oltre sei milioni di copie, con traduzioni in ventinove Paesi. Il cibo c’è ed è importante. Emerge nelle fasi chiave delle storie, quando c’è da decidere, da pensare, da corteggiare. C’è anche un sacco da boxe, se è per questo, altrettanto importante. Ma qui si parla di cibo e la ricetta degli Spaghetti all’assassina cucinata da Guerrieri colpisce di più, fa entrare nella trama, nei personaggi. «In un tegame capiente versare qualche cucchiaio d’olio e unire aglio e peperoncino a pezzettini. Quando l’aglio è dorato unire passata di pomodoro, pomodorini lavati e tagliati a metà, un pizzico di sale. Far cuocere per dieci minuti a fuoco basso mentre si fa bollire l’acqua salata. Cuocere gli spaghetti nell’acqua solo per tre minuti, scolarli e aggiungerli al sugo, non prima di aver tolto l’aglio. Terminare la cottura degli spaghetti nel sugo sino a quando lo avranno assorbito. Alzare la fiamma e fare asciugare bene per ottenere spaghetti abbrustoliti e croccanti». Un piatto tipico della cucina barese, povera ma capace di esaltare quel poco che c’era a disposizione. Un po’ come gli spaghetti “alla fumo negli occhi” di “Ragionevoli dubbi”, che si chiama così – spiega l’autore – “perché è una ricetta facilissima ma molto gustosa che dà l’impressione di essere più elaborata di quanto non sia effettivamente”.
Eppure parlando di sé, Carofiglio ammette di “non essere un gran cuoco ma me la cavo, soprattutto con i primi e qualche dolce”. Trova il cucinare “rilassante”, “amo il pesce, soprattutto crudo, e sto aumentando l’uso dei legumi”. E nella vita di tutti i giorni, affronta il tema del cibo, anche dal punto di vista etico. In un podcast realizzato assieme alla figlia Giorgia, ha avuto modo di parlare del cambiamento delle abitudini della figlia, che ha smesso di mangiare carne, mentre lo stesso autore ne ha diminuito il consumo e “ho anche smesso di assaggiare il fois gras, vista l’alimentazione forzata a cui vengono sottoposte le oche per avere questo prodotto”. “E’ il nostro modo di mangiare che caratterizza la nostra identità”, dicono papà e figlia, perché “c’è un rapporto delicato tra cibo e moralità, ma anche tra cibo e politica”. E così, Carofiglio dice di “fare la spesa nei negozi biologici, dove mi diverto a scoprire cibi per me nuovi come il seitan, e cerco di comprare il più possibile a chilometro zero, sia per avere alimenti freschi, sia per sentirmi a posto con la coscienza”. Infine, “per prodotti come banane, caffè, cioccolato mi rivolgo al mercato equo e solidale”.
Anche la scrittura ha risentito probabilmente di questa variazione alimentare dello scrittore, se è vero che in “Rancore”, ultimo libro uscito per Einaudi, i protagonisti, a partire dall’investigatrice Penelope Spada, ex pm, escono dallo schema carne-pesce. Eccone un esempio: “Non mangio carne e mangio poco pesce. Solo ogni tanto un piatto di spaghetti alle vongole e, se capita, un po’ di sushi. Ma in generale le proteine le prendo dai legumi, dal formaggio, dalla soia. Molto dal tofu che ti faccio assaggiare stasera”. E che il cibo sia questione di famiglia lo ricorda anche un libro come “La casa nel bosco” (Rizzoli), scritto assieme al fratello Francesco, dove sono riaffiorati i ricordi del passato proprio attraverso il cibo, con un ricettario di sette proposte, una per ogni giorno della settimana. Dalla panzanella, in barese “Ciallèd” alle orecchiette con le cime di rape (con la variante di cavoli verdi), dagli Spaghetti all’assassina alle cicorie con fave e ancora gli Spaghetti alla San Giuannid, la pasta al forno e, per finire, un must della cucina barese come “Riso, patate e cozze”.
La ricetta
La panzanella
La panzanella dei fratelli Carofiglio, che in barese si chiama “ciallèd”, per la quale si utilizza la frisella al posto del pane raffermo. È un pane cotto due volte in forno, preparato prima a forma di ciambella cotta in forno, poi tagliato in due orizzontalmente e poi rimesso a cuocere nuovamente, così da avere la parte della mollica, una volta pronta, particolarmente ruvida e pronta ad assorbire intensamente aromi, profumi e sapori dei condimenti. A parte la frisella (che può essere sostituita da pane raffermo), gli altri ingredienti sono pomodori, cetrioli, cipolla rossa, patate bollite, tonno oppure tocchetti di formaggio fresco.