Non tanti anni fa c’era, quasi, sempre nel frigo quel panetto spalmabile nonostante il freddo, la margarina. È tornata diversa da ciò che era in passato, quasi a riscatto di un passato burrascoso per la sua reputazione (a ragione). Non più da grassi idrogenati, ma condimento spalmabile da oli vegetali, a volte con componente vaccina, ottenuto dal frazionamento degli oli, processo fisico senza sostanze chimiche che separa la parte satura dei grassi, solida a temperatura ambiente e poco deperibile, da quella insatura.
Andiamo con ordine, dal nome. Siamo nel 1814 quando il chimico francese Michel Eugène Chevreul identificava l’acido margarico studiando la saponificazione. Màrgaron dal greco antico, perla: a connotare la lucentezza perlacea dell’acido idrolizzato. Balziamo poi al 1868 e al concorso indetto da Napoleone III per l’ideazione di un succedaneo del burro, che fosse meno costoso e di facile conservazione senza rischio di irrancidire. Fu il farmacista Hipplyte Mège-Mouries a vincere con un prodotto ottenuto dal sebo animale mescolato con olio vegetale e minime quantità di latte, era nato il "beurre de Napoleon III", oleomargarina. Le contingenze favorirono la diffusione, ma i grassi animali non bastavano per le richieste e quelli vegetali non potevano essere usati da soli. Bisognerà aspettare il tedesco Wilheim Normann che nel 1902 mise a punto l’idrogenazione dei grassi: col suo brevetto, quasi, tutti i grassi potevano essere burrificati. Già nel 1871 il brevetto del burro napoleonico era stato ceduto a due produttori olandesi di burro, Jurgens e Van Den Bergh, che nel 1928 insieme ad altri piccoli produttori fondarono la Margarine Unie e, a sua volta, due anni dopo si fuse con la società britannica di saponi Lever Brothers dando vita a Unilever.
La margarina “è un’emulsione di oli vegetali e acqua, solidificata attraverso un processo industriale che compatta gli oli di semi tramite l’idrogenazione dei grassi - si legge sul sito di Assolatte - Questa tecnica però ha il difetto di trasformare i grassi contenuti negli oli di semi in grassi ‘trans’, ritenuti nocivi per l’organismo perché aumentano il livello di colesterolo nel sangue. Attualmente in commercio si trova anche la margarina prodotti con grassi non idrogenati…”. In passato se ne è incoraggiato l’uso come alternativa a grassi animali, fin quando non si scoprì che gli acidi grassi trans sono corresponsabili di malattie cardiovascolari. È nel processo di idrogenazione catalitica che, aggiungendo idrogeno gassoso alla miscela di acqua e oli vegetali, si formano legami trans. Ne scaturì una campagna informativa di demonizzazione delle vecchie margarine, facendole progressivamente scomparire dai frigoriferi.
Oggi è più corretto parlare di condimenti spalmabili a base vegetale, visto che il processo di idrogenazione è stato soppiantato dal frazionamento degli oli vegetali. “Il comparto ha riformulato la composizione dei condimenti spalmabili non soltanto in ossequio alle indicazione medico-scientifiche più all’avanguardia - dichiara Giuseppe Allocca, presidente del gruppo condimenti spalmabili di ASSITOL, associazione italiana dell’industria olearia - ma anche per rispondere ad un’esigenza di minore impatto ambientale. Le aziende si sono impegnate nel miglioramento dei processi produttivi, rendendoli sempre più sostenibili e nell’innovazione del packaging reso rispettoso per l’ambiente”.
Ma cosa è cambiato tanto da portare ciò che era la vecchia margarina a una seconda vita? Lo abbiamo chiesto a Emanuela Pittoni, direttrice marketing di Vallè: “Noi preferiamo alternativa vegetale al burro, i prodotti sono stati sempre a scaffale, ma in questo ultimo periodo c’è un ritorno dovuto a due fattori. Da una parte la crescente attenzione al tema vegetale, sempre più rilevante in ottica di sostenibilità. Il secondo riguarda il fatto che siamo sempre più sostenibili anche in termini di prezzo.Nel 2022 si è formato un gap ancora più ampio rispetto al mondo del burro, che è cresciuto ancora più di noi. Lo scorso anno la categoria al consumo ha visto sette mesi di crescita consecutiva, laddove il prezzo del burro è cresciuto solo riferendosi al mese di dicembre del 30% rispetto all’anno precedente”.
Non solo il prezzo o l’origine vegetale, il cambiamento si legge a chiare lettere sulle confezioni: no grassi idrogenati. Un’innovazione che si deve ad ASSITOL che ha promosso un codice di autoregolamentazione in ambito UE, al quale aderiscono le più importanti aziende operanti in Europa. Da anni le aziende associate producono condimenti spalmabili a base vegetale senza grassi idrogenati. Prosegue la Pittoni di Vallè:" I processi di lavorazione hanno permesso questo cambiamento, al contempo le ricerche si sono evolute nel profilo nutrizionale e negli ingredienti. Dal 2015 abbiamo eliminato, come anche i nostri competitor, l’olio di palma. E la maggior parte dei condimenti spalmabili non contiene conservanti”.
Ci siamo quindi fatti raccontare la produzione in Vallè: “Misceliamo oli vegetali liquidi, e in alcune prepazioni solidi come cocco e karitè, con una fase acquosa mediante un mescolamento intensivo, per formare un’emulsione con aggiunta di emulsionanti, sali e aromi, che poi viene refrigerata. Immaginiamo un bacino in acciaio dove il mescolamento avviene in modo simile a quello di una granita, con una grande pala rotante”. Al mescolamento meccanico intensivo segue la pastorizzazione e, prima del confezionamento, la cristallizzazione dell’emulsione che la raffredda velocemente per avere cristalli quanto più piccoli possibili. Anche negli ingredienti l’attenzione si è spostata, sia nei consumatori che nelle aziende di produzione, tanto per l’importanza delle origini quanto per il contributo nel profilo nutrizionale: “La raccolta di semi di girasole italiani (per la referenza Naturalmente) non la facciamo noi, ma ci appoggiamo a fornitori di olio e controlliamo l’origine - prosegue la dottoressa Pittoni - Circa quattro anni fa abbiamo scelto di passare all’olio di semi di girasole, e ritenevamo interessante il legame con l’origine. Mentre per la referenza Omega3 usiamo anche olio di semi di lino naturalmente ricco di Omega3, non sono aggiunti”.
Il nome diventa importante, tanto più alla luce di questi cambiamenti. Come per tutto, poter identificare in modo univoco qualcosa aiuta nella scelta e delinea ulteriori criteri soggettivi. La definizione di burro, secondo la legge numero 202/1983, “è riservata al prodotto ottenuto dalla crema o panna ricavata dal latte di vacca e al prodotto ottenuto dal siero di latte di vacca, nonché dalla miscela dei due prodotti”, salvo indicare l’origine per materie prime diverse dalle vaccine. Evidente che il mix sounding sia un problema, lo stesso per il quale erroneamente chiamiamo, in gergo corrente, burro di arachidi la crema spalmabile ottenuta da queste leguminose. “Se di origine vegetale non possono essere chiamati burro” sottolinea la Pittoni, ed è per questo che Vallè ha adottato il termine ‘alternativa vegetale al burro’. “Il problema è che non si può usare, ma il consumatore fa sempre più fatica a decodificare, nasce l’esigenza di trovare delle denominazioni chiare: burro vegetale lo sarebbe, ma non è consentito per un prodotto non caseario. Abbiamo anche la necessità di distinguerci dal prodotto margarina, perché non è più ciò che ci si ricorda come surrogato del burro, però allo stesso tempo condimento spalmabile può portare a confusione”.
Ampiamente usata nel mondo dei dolci pronti, come le basi, la "nuova margarina" entra anche dalla porta della pasticceria, e non solo. “Conferisce grande sofficità grazie all’emulsione di oli vegetali - continua la Pittoni - Per i prodotti sfogliati industriali, come la pasta sfoglia, il settore è fatto essenzialmente da prodotti a base vegetale, perché più performante in sfogliatura e con una resa più leggera sotto il profilo organolettico, soprattutto per il consumatore italiano”. “I prodotti con il burro sono anche meno stabili, irrancidiscono prima - pensiamo a una torta salata che possiamo consumare anche a due giorni di distanza - Il condimento vegetale consente di mantenere più stabile nel sapore la preparazione”. Si torna cosi a quella che fu l’esigenza del bando napoleonico che portò all’invenzione delle vecchie margarine, conservabiltà e convenienza. Si capisce quanto e cosa è cambiato nel corso del tempo, la tecnologia e le ricerche, quanto le opinioni siano cambiate e quanto possa essere importante oggi rivalutare il prodotto alla luce dei cambiamenti e delle nuove correnti di alimentazione.