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Tra tagliatelle e delitti, così al Barlume si ritrova l’appetito

Tra tagliatelle e delitti, così al Barlume si ritrova l’appetito
Dai libri di Marco Malvaldi alla serie tv giunta alla decima stagione tra metafore esistenzial-gastronomiche e spaghettate sentimentali
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Gian Luigi Maria Tassone, alias Michele di Mauro, tornato al rango di questore, dopo essere stato capo della polizia e ministro degli Interni ritroverà l’appetito? Riuscirà a riaccendere la sua vorace passione per  linguine allo scoglio, cacciucco, spumoni broccoli e mazzancolle, pappardelle al cinghiale, granite al gelsomino e cannella (“accostamento ardito eppur prelibato”)? 

 

È questa la domanda che tormenta (si fa per dire) i seguaci e non sono pochi dei “Delitti del Barlume”, la popolare serie televisiva, targata Sky, giunta nel 2023 alla sua decima stagione, che per festeggiare il compleanno ha proposto nelle scorse settimane ben tre episodi. 


La serie è ispirata ai racconti di Marco Malvaldi (pubblicati da Sellerio), ambientati in un bar di Pineta, immaginaria località della riviera toscana (gli episodi interni sono girati a Marciana Marina sull’isola d’Elba) popolata da una fauna di personaggi che qua e là strizza l’occhio ad “Amici miei”. Malvaldi è scrittore, chimico e ha il pallino di Pellegrino Artusi: al padre della “Scienza in cucina” ha dedicato due romanzi trasformandolo in un detective. E l’interesse di Malvaldi per il cibo affiora anche nelle varie puntate dei “Delitti del Barlume”. 


Certo non tutti i personaggi sono maniaci come Tassone capace di elaborare astruse metafore esistenzial-gastronomiche sulla besciamella o filosofie di vita legate agli ingredienti della carbonara, ma il loro rapporto con ciò che mangiano, bevono (e in qualche caso cucinano) può essere una sorta di fil rouge con cui rivedere la serie.
Massimo Viviani, alias Filippo Timi, il titolare del “Barlume”, è un barista con i suoi principi: scordatevi di avere un cappuccino al pomeriggio. Pur non avendo un buon rapporto con il sugo di pomodoro (nel primo episodio lo fa bruciare) non gli dispiace il cibo come mezzo di seduzione: grazie a una spaghettata conquista finalmente Tiziana Guazzelli anche se non riesce con il suo risotto allo zafferano ad ammansire la commissaria Vittoria Fusco.  


Tiziana Guazzelli, alias Enrica Guidi, prima banconista e poi socia del “Barlume”, madre del figlio di Massimo, nonché causa di molti suoi guai,  non sembra pensare più di tanto alla cucina, ma se è il caso è in grado di proporre una “parmigianina” in piena notte. 

 

Dei quattro vecchietti, detti anche quartetto Uretra, il più sensibile al cibo, come si intuisce anche dalla sua silhouette (“un pomodoro con le bretelle” lo definisce Malvaldi)   è senza dubbio Pilade del Tacca capace di fare strage di bomboloni al “Barlume”. 

Marco Malvaldi (@Tania/Contrasto)
Marco Malvaldi (@Tania/Contrasto) 

In “Hasta pronto”, episodio girato in Argentina, dichiara tutto il suo amore per le animelle alla brace, arrivando ad ordinarne “por todos” in uno sperduto locale della pampa. Ama anche raccogliere funghi lungo il ciglio delle strade e preparare gustosi risotti, come capita nella “Tombola dei troiai”: la notte di Santo Stefano riesce a mandare mezzo paese all’ospedale per un’intossicazione alimentare. Ma è anche capace di preparare le pappardelle al ragù di cervo che mettono l’anima in pace a Tassone in “Donne con le palle”. 


A metà della serie compare Paolo Pasquali, alias Corrado Guzzanti. Lui porta un tocco di Nord-Est nella toscanità e nella cucina della serie. Il suo cavallo di battaglia è il baccalà mantecato (“saper fare un baccalà come questo è segno di filantropia illuminista” commenta Tassone). Ed è anche un cultore dell’aglio che definisce un’invenzione di Gesù, così convince Lidia (una stupefatta Giordana Fasano) giovane assistente dell’aspirante senatore Matteo Corradi a gustare un piatto di tagliatelle con funghi porcini e aglietto selvatico in “A bocce ferme”. La povera ragazza  ne pagherà le conseguenze vomitando anche l’anima. 
Marchino, prima marito della Tiziana, poi bartender in discoteca, quindi club manager del “Barlume”, è la vestale delle bevande nella serie. Capace di realizzare cocktail di tutti i tipi (dal Vodka sour sbagliato al Flaming Lamborghini shot) e di venderli anche on line al tempo della pandemia (“Tana libera tutti”). 

 

Riesce a piazzare prosecco (nella serie scorre a fiumi anche se spritzini, birrette e spume vanno fortissimo) a un prezzo triplicato a due gangster italoamericani. Ha una sua rigorosa deontologia: caccia un cliente che vuole il limone e non il lime nel mohito. Cioni, l’agente tondo e tonto del commissariato di Pineta, è la spalla oltre che il discepolo ideale di Tassone: gli prenota i ristoranti, si adegua ai suoi gusti, tesse le lodi di tutte le sue scelte in campo gastronomico. Solo in “Resort Paradiso” non riesce a convincere il suo maestro che uno spaghettino vongole e mazzancolle può spazzar via ogni problema. C’è da scommettere comunque che negli episodi del 2024 il nostro Tassone tornerà ad essere quello di prima: ossia uno convinto, come dichiara in tv da capo della Polizia, che “l’Italia non è una repubblica fondata sul lavoro ma sul cibo, anche perché se non mangi non lavori”.