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Anthony Mangieri e la pizza a New York: “Ero un matto ora sono il re"

Anthony Mangieri e la pizza a New York: “Ero un matto ora sono il re"
Di famiglia italo-americana, è partito dal New Jersey: “All’inizio la gente non ci credeva, ma per me è sempre stata una questione emozionale”
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Da quasi trent’anni sono dedizione e una enorme passione ad accompagnare Anthony Mangieri nella ricerca della pizza perfetta. Da poco la sua “Una Pizza Napoletana” è stata incoronata dalla classifica 50 Top Pizza World 2022 come la migliore del pianeta, lo scorso 7 settembre a Napoli. Nato e cresciuto in New Jersey da famiglia italoamericana, a 20 anni ha aperto la prima panetteria e a 25, nel 1996, ha inaugurato “Una Pizza Napoletana” a Point Pleasant Beach. Poi è arrivato a New York, nell’East Village, nel 2004, e dopo un passaggio a San Francisco è tornato a Manhattan, nel Lower East Side, nel 2018. Poco prima del covid era tornato in New Jersey, ma superata la pausa pandemica, a marzo ha riaperto l’unica sede di “Una” nel Lower East. Anthony è considerato un pioniere della pizza napoletana nella Grande Mela (e non solo) e a Ilgusto spiega che quando ha iniziato “che io sappia non la faceva nessuno, ma la mia famiglia è di origini campane e mi sono innamorato di quel prodotto quando ho visitato a Napoli, era così diversa dalla pizza che si trovava in America…”.

“All’inizio, per anni - prosegue - è stato un percorso difficile, la gente mi prendeva per matto, ma per me, sia in New Jersey che nell’East Village, era come se i clienti entrassero a casa mia, era una questione emozionale, nessuno oltre a me ha mai fatto l’impasto”. Dalla riapertura, Mangieri ha deciso di tagliare sia il menù che gli orari: “Una” è aperta tre giorni a settimana (dal giovedì al sabato), dalle 17 sino all’esaurimento dell’impasto fresco, rigorosamente a lievitazione naturale. Sulla carta ci sono due antipasti - olive e lupini - e cinque pizze fisse, Marinara e quattro tipi di Margherita (classica, bianca, a filetto o con il pecorino al posto della bufala), a cui è possibile aggiungere ingredienti extra come peperoncini lunghi calabresi, salame, acciughe. E ogni giorno c’è una pizza speciale a rotazione. Per finire, gelato e sorbetto di frutta fresca homemade. Una visione che segna il ritorno alla semplicità con cui lui si è sempre sentito più a suo agio: poche cose, fatte nel miglior modo possibile. “Dopo oltre 27 anni, ho imparato che ogni giorno è un’opportunità per dare di più, superare le proprie paure e limiti - spiega - Il mio team, piccolo e incredibilmente talentuoso, e io, abbiamo messo i nostri cuori e le nostre anime in questa nuova versione di “Una”. 

"Cremolata" di mandorle
"Cremolata" di mandorle 

Ogni dettaglio è stato considerato con amore e attenzione, e tutto ha uno scopo”. “Voglio che la gente venga qui e si concentri sulla pizza, sulla percezione del suo palato, e nient’altro”, prosegue, spiegando con “molto orgoglio che anche la carta dei vini è corta, e si tratta al 100% di etichette provenienti dalla Campania, quasi tutti piccoli produttori”. “Spero che questo posto sia fonte d’ispirazione per i clienti, che realizzi le loro aspettative, e che mi rappresenti, non che segua un concetto perchè è popolare in quel momento”, afferma ancora: “Sono un grande sostenitore dell’idea di perfezionarsi costantemente e ottenere sempre qualcosa di meglio”. Negli anni gli Stati Uniti sono arrivati a offrire un prodotto che in molti casi nulla ha da invidiare a quello italiano, grazie ai pizzaioli che ne hanno portato in America la cultura, e New York è la regina della pizza negli Usa. “La situazione è migliore di quanto non sia mai stata in tutto il mondo - dice - Tanti giovani che vengono dall’Italia cercano di avere una visione più aperta, con ingredienti eccezionali”. Poi, come lui, c’è chi sperimenta mescolando farine, ma la cosa più importante è anche avere un prodotto “sano, e interessante”.

E il prossimo passo? “Ho lavorato su qualcosa di diverso che spero di rendere pubblico presto, ma non è aprire un altro ristorante. Non ci sarà mai una seconda “Una”. Questo non vuol dire che la pizza sia ogni sera al 100% o che io sia al 100%, ma almeno voglio provarci, voglio credere in un solo ristorante. Non so se nel lungo periodo sarà ancora a New York City, forse in Italia, o di nuovo in New Jersey, per ora tuttavia voglio solo concentrarmi su questo posto, in una continua evoluzione giorno per giorno, pensare se manca qualcosa, se posso imparare qualcosa in più, quale sia il pezzo mancante del puzzle”.