Vincere può essere molto importante anche quando conta poco o niente. Come a Zenica, dove per gli azzurri in palio c’era “solo” la certezza di essere testa di serie al sorteggio della fase finale di Euro 2020. Certezza che si poteva raggiungere anche battendo la timida Armenia lunedì a Palermo nella sfida conclusiva del girone.
Quindi, nulla di ultimativo. Ma vincere qui vale molto più del record di dieci vittorie consecutive, che fa di Roberto Mancini il ct al vertice della statistica. Se invece i numeri, come doveroso, si “pesano”, le nove vittorie di Vittorio Pozzo hanno altra consistenza: lì in mezzo c’è anche il trionfo a un Mondiale, nulla di paragonabile a questo gironcino di burro. O agli altri piccoli record di successi legati a stagioni, cicli di ct o qualificazioni europee.
In realtà c’è da essere soddisfatti perché era la seconda partita con gli azzurri già certi del pass (stimoli in ribasso), la prima su un campo insidioso, quello che alla vigilia delle qualificazioni era da ritenere il più a rischio. La Bosnia fino a ieri aveva deluso, specie nelle sfide con le altre. A Torino, all’andata, aveva invece chiuso il primo tempo in vantaggio e il successo azzurro era arrivato solo al 41’ della ripresa.
Dzeko e compagni non avevano niente da perdere, giocavano con la mente sgombra da obiettivi. Gli azzurri hanno ampiamente superato l’esame e, insieme con il posto di testa di serie, hanno riempito ulteriormente il serbatoio dell’autostima. A sette mesi dall’Europeo è ancora presto per dire quanto possa “pesare” questa vittoria ma, in attesa di partite di altro cabotaggio nelle amichevoli di primavera, era l’ultima occasione per vivere una serata di gioie impreziosite dalle insidie.
Mancini, giustamente, predica umiltà. Anche le grandi squadre, e la nostra non lo è ancora, non possono prescindere dalla ricerca del 120 per cento dell’impegno. E fino a ora su questo piano gli azzurri sono da promozione piena. E se solo pensiamo a come eravamo messi di questi tempi due anni fa... —
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